Milan Kundera |
PRAGA - "Il soggetto
si è allacciato una scarpa. Sinistra". Primo giugno 1974: una
giornata di Milan Kundera. Autori: gli agenti segreti dell' Stb, i
servizi speciali cecoslovacchi, pateticamente travestiti da compagni
bulgari in gita a Praga. Foto rubate e strafalcioni grammaticali,
tredici errori in sette righe di rapporto. Dettagli grotteschi, se
non rivelassero l'oppressivo volto paranoico del regime comunista.
"Non possiamo dire se il soggetto si trovava all'interno del
palazzo perché quando siamo riusciti a parcheggiare lui era già
uscito". L'ottusità come arma del terrore. "Siccome il
soggetto ha una macchina piccola, sorpassa il camion della
spazzatura. Invece la grande Volga grigia degli organi, si incastra".
Un mondo diviso tra "soggetto" e "organi",
persone "a capo scoperto" e uomini "con il cappello":
da una parte i cittadini, dall'altra le spie.
È il ritratto mostruoso
della "normalizzazione" seguita alla Primavera di Praga,
quello che trapela dagli archivi segreti della polizia. Pubblici da
un anno grazie al progetto "Passato aperto" del ministero
degli Interni, ma ancora pressoché inaccessibili, migliaia di
dossier vomitano sui cechi il veleno che ha distrutto le loro vite
fino alla "Rivoluzione di velluto" del 1989. Nei resoconti
e nelle immagini, inediti, la spietata conferma delle leggende
esorcizzate in barzellette. Di uno scrittore come Kundera, fuggito a
Parigi nel 1975, non basta demolire il pensiero. La nomenclatura del
partito deve sapere innanzitutto che "ha ordinato un etto di
insalata russa", che "non ha trovato posto nell'Osteria del
Convento", che "alle 10.25 ha esclamato ciao Jurgen",
o che la moglie acquista due salsicce "dal macellaio sulla
Myslikova". «L'aneddoto storico - dice Jiri Pelikan, ex
dissidente, capo del dipartimento di letteratura dell'Università
Carlo IV di Praga - trasfigurato in metafora esistenziale e infine in
ideologica giustificazione». Non è un caso che la "giornata di
Milan Kundera" entri oggi nelle case dei suoi connazionali. È
il trentesimo anniversario di "Charta 77", il movimento di
intellettuali che, perseguitati dopo l'invasione sovietica del 1968,
non rinunciarono a chiedere il rispetto dei diritti umani all'interno
del Patto di Varsavia. Kundera, nei documenti segreti ritrovati, è
un simbolo.
Ma i protagonisti sono
Havel, Werich, Pelikan, Kohout, Galuska, la cinquantina di artisti
dissidenti che terrorizza il regime solo alzando una "Pilsner".
Festeggiano insieme il Natale, come il 24 dicembre 1974, sono un
gruppo. «Compivano gesti autentici - dice il politologo Vaclav
Belohradsky - dunque sospetti perché incontrollabili dalle
autorità». Nessuno si stupisce. Ma l'anno dei pedinamenti venuti
ora alla luce, è speciale. Kundera ha appena terminato La vita è
altrove. È disoccupato, è stato espulso dal partito, ritirate
le sue opere. Gli amori ridicoli e Lo scherzo, in cui
racconta del comunista a cui il partito distrugge la vita per niente,
sono ridotti a samizdat clandestini. I servizi segreti sanno
che si prepara ad emigrare in Occidente.
Da Mosca giungono
irritati segnali di allarme. «Il Cremlino capiva che il dissenso
cecoslovacco - dice Pavel Zacek, nuovo responsabile degli archivi di
Stato - era più pericoloso di quello polacco, o ungherese. Dubcek
era di nuovo in carcere. È probabile che qualche ufficiale avesse
l'ordine di recuperare Kundera e Havel, magari di corromperli. I
controlli diventarono asfissianti». Negli scantinati dell'ex Stb,
montagne di scatoloni ancora da catalogare. Da quelli aperti emerge
però distintamente l'inaccettabilità politica di una vita normale.
Il "rapporto numero 23" dell' agente Blazek descrive ad
esempio la visita di Kundera al drammaturgo Jan Werich, sull' isola
di Kampa, sotto Mala Strana. Il nome in codice dello scrittore è
"Elitar I". Orari, abbigliamento, incontri, percorsi, menù
delle taverne, sensi unici, la poca merce acquistabile nei negozi.
Più che denunce confidenziali, uno straordinario spaccato della
realtà impietosa all'epoca del socialismo reale. "Ore 13.04: il
soggetto entra nell'enoteca Viola. Ma il vino è finito. Il soggetto
esce sorridente, a braccetto con la moglie".
«La polizia - spiega lo
storico Dan Hruby - era ignorante, ma non stupida. Negli
interrogatori, citare dettagli insignificanti serviva a destare il
terrore». Kundera, convocato in commissariato il 12 agosto del 1974,
si sente porre una sola domanda dall' agente Platenik: «Perché alle
9.27 del primo giugno ha scartato una caramella alla ciliegia sotto
il terzo castagno del secondo cortile interno del Clementinum?». Il
messaggio è di drammatica violenza. «Da quel momento la tua vita -
dice Jan Keller, sociologo dell' università di Brno - era finita.
Nemmeno un gesto, un desiderio intimo, ti sarebbero più appartenuti.
Tutto era oscenamente pubblico: l'occhio vicino e penetrante della
morte ti avrebbe tenuto in ostaggio». Come nel rapporto segreto sul
Natale da Werich, nome in codice "Linea II". Gli agenti
Sebela e Spurny sono appostati sotto il palazzo Lichtenstein, di
fronte alla casa del regista. Sei ore sotto la neve per fotografare
"la faccia e il profilo dei soggetti che partecipano al folklore
praghese". Uno scandalo, da riprendere "azionando il flash
da sotto la pelliccia marrone". Notazioni noiose, lette oggi. Ma
è l'ultimo Natale di Kundera a Praga. I messaggi stropicciati dei
servizi segreti annotano che sua moglie, Vera Hrabankova, brinda
rivelando "calze grige, rotte sul calcagno". Una sentenza
cifrata.
«Significa che sono
annientati - spiega il professor Pelan - che non possono più restare
dove sono nati». Immagini e relazioni celano molto più di attimi
ordinari rubati al dissenso. Fissano espressioni stanche e sorrisi
umiliati, lo sguardo in allarme di chi si sente braccato. «Sapevano
di essere pedinati e spiati anche in bagno - dice lo storico Peter
Vlac - . La condanna della dittatura, dopo gli omicidi degli anni
Cinquanta, consisteva nella semplice comunicazione di tale controllo.
Traditi da vicini e famigliari, si veniva isolati». È il destino di
Kundera, frantumato nei personaggi ridicoli e tragici dei suoi
romanzi. Il partito, davanti all'ex poeta comunista che da ragazzo
glorificava i tempi nuovi degli operai e delle fabbriche, sbanda. La
censura inorridisce, scorrendo le pagine nuove che parlano di amore,
di sesso, di uomini e di donne, di sentimenti e dell'esistenza
insensata perché irripetibile. Nel 1974 basta la frase sgangherata
dell'agente Bocek ("Il soggetto andrebbe uscito con Jirka",
nome in codice del professore ceco-americano George Gibian), per
farlo definire "persona non gradita". Nel 1978 è
sufficiente la stesura in francese di Il libro del riso e
dell'oblìo per togliergli la cittadinanza cecoslovacca.
Trent'anni dopo, a Praga,
ci si chiede però se la maledizione sia davvero finita. E Kundera
diventa un caso. Anche dopo la caduta del Muro, non ha più fatto
ritorno in patria. Gli ultimi romanzi, per sua volontà, non sono
tradotti in ceco. Versioni-pirata circolano su Internet, di nuovo
clandestine. Adorato dal popolo, "Elitar I" rimane un
estraneo per le élite, malsopportato dai letterati. Il Paese resta
prigioniero dei dossier usati per distruggere vite e carriere. Il
collaborazionismo della Chiesa, il tradimento di miti come il
cantautore Jaromir Nohawica, il mesto sgocciolìo di nomi creduti
bandiere del dissenso, ora annegati nell'oceano dei venduti, confonde
vittime e carnefici. Tutti colpevoli, si chiedono i giornali, dunque
collettivamente innocenti? Eroe è chi denunciò con l'esilio,
morendo di nostalgia, o chi testimoniò con la resistenza,
consumandosi in prigione? Dagli archivi comunisti emergono pistole, o
richieste di perdono?
I sotterranei delle spie
oggi segnalano Kundera tra gli oppositori che avrebbero dato vita a
"Charta 77": ricordano però che lui "ha scelto di
andarsene prima, per mietere la riconoscenza dell'Occidente". Le
ultime due foto lo ritraggono in una strizzata giacchetta nera, lisi
pantaloni a zampa, in un verduraio vuoto di Praga; e tre mesi dopo in
elegante doppiopetto blu in una "gastronomia di Montparnasse che
scoppia di caprini, ostriche e champagne". "Onore a chi
paga la speranza con l'addio", risponde l' autore de
L'insostenibile leggerezza dell'essere. Ma per i cechi, dice
lo scrittore Michal Viwegh, «è l' estrema beffa, questa sì
kunderiana, orchestrata da chi a Praga ritiene di aver scontato la
pena. Il mostro, dopo la plastica facciale, rialza la testa: e
brandisce i fidati artigli del passato che ritorna ad aspettarci».
“la Repubblica”, 15
marzo 2007
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