25.6.17

Maria Teresa compie 300 anni (Flavia Foradini)

Accomodata sul trono coi suoi sei metri di altezza, in mano lo scettro e il rotolo della Prammatica Sanzione che le aveva consentito di diventare sovrana, Maria Teresa d’Austria domina lo spiazzo verde tra i due musei gemelli di Belle Arti e Storia Naturale, lo sguardo rivolto al palazzo imperiale di Vienna. Ai suoi piedi, le allegorie di giustizia, forza, clemenza, e saggezza. Sui lati del basamento, le raffigurazioni dei suoi principali consiglieri. Sotto l’alto piedistallo, 4 condottieri a cavallo completano la composizione di quasi 20 metri di altezza.
Il monumento alla matronale sovrana, realizzato nel 1888 da Caspar Zambusch, è uno dei più articolati e marcanti della capitale austriaca. Poco più in là, nel Burggarten, Francesco Giuseppe si deve accontentare di una solinga statua a grandezza naturale, posta su un basso basamento, come pure Francesco Stefano I di Lorena, marito di Maria Teresa e kaiser del Sacro Romano Impero dal 1745 al 1765 che, benché a cavallo, resta poca cosa nei confronti della consorte.
Non è casuale che a Vienna Maria Teresa giochi ancora un ruolo visivamente tanto rilevante, con attributi da madre della patria, anzi da übermutter.
Fra tutti i sovrani asburgici, ebbe forse la vita più esuberante e lasciò segni significativi e indelebili sull’impero, avviando una profonda modernizzazione dell'apparato dello stato.
Oggi la si definirebbe una wonder woman. Avendo potuto sposare l’uomo che amava, diede alla luce nientemeno che 16 figli e fu alle redini dello Stato fino al 1780, per quasi 40 anni, sempre in armi per difendere il proprio ruolo e i propri dominii. Al trono salì all’età di 23 anni grazie ad un padre dinasticamente illuminato, Carlo VI, il quale già prima che la sua futura erede nascesse, nel 1713 decise che anche dopo la sua morte i suoi possedimenti dovessero restare indivisi e che a reggerli avrebbe potuto essere pure una donna.
Al trono salì inesperta, anche se l’ambasciatore inglese Thomas Robinson, osservandola ancora adolescente, nel 1733 scrisse a Londra: «Ha un temperamento focoso e mostra grande lucidità di pensiero. Ammira il padre ma ne lamenta la pessima politica economica» .
Carlo VI, appassionato di arti, musica e caccia, non brillava per doti di governo a stava via via svuotando le casse dello stato. Pragmatica e disciplinata, di fronte ad una montagna di un centinaio di milioni di fiorini di debiti dello stato, lei capì in fretta che doveva riformare radicalmente quella monarchia in difficoltà, e in mancanza di competenze specifiche, doveva farlo delegando i vari compiti a uomini fidati e capaci. Fu proprio in questa scelta di consiglieri che ebbe la mano più felice. Nulla restò inviolato: dall’esercito alla pubblica amministrazione, dalla sanità al sistema scolastico, dal catasto al fisco, ai rapporti fra Stato e Chiesa.
Nonostante le numerose battaglie e guerre con le altre grandi potenze europee, in cui si trovò subito invischiata, cercò spesso la via della mediazione, e come strumento di politica estera portò avanti intensamente la prassi matrimoniale in vigore nella casata già dal XVI secolo, installando i figli ai piani nobili di numerose corti europee.
Alla fine del suo regno consegnò ai posteri uno stato più moderno, più efficiente, più equo. Anche nei possedimenti italiani il suo assolutismo illuminato segnò uno spartiacque economico, culturale, amministrativo, giuridico, scolastico, fiscale, sociale.
Il suo mito cominciò già poco dopo la sua morte. Oggi, nel tricentenario della nascita avvenuta il 13 maggio 1717, a Vienna la considerazione della sua personalità e del suo operato è più sfaccettata, come dimostrano le molte iniziative in corso, in particolare le mostre. Dalla Biblioteca Nazionale al Museo del Mobile, da Schönbrunn all’Abbazia di Klosterneuburg, dal castello di Hof a quello di Niederweiden, alla manifattura di porcellane Augarten, è un florilegio di approfondimenti delle molte facce della sua personalità. In primis quelle positive di imperatrice assoluta ma aperta alla modernizzazione, dotata di un’evidente capacità di attuare fondamentali riforme, ma anche i lati bui: «Maria Teresa fu indubbiamente una grande sovrana ma lo studio del suo regno e del suo tempo ci dicono anche che era decisamente intollerante - ci spiega Karl Vocelka, professore emerito di Storia dell’Università di Vienna e autorevole studioso di storia asburgica -. “Fece deportare i protestanti verso l’Ungheria e l’attuale Romania e disprezzava particolarmente gli ebrei, che cercò di cacciare dalla Boemia: in 20mila dovettero lasciare Praga da un giorno all’altro in pieno inverno. In Galizia, gli ebrei, divenuti cittadini asburgici ma privi di cognomi, vennero obbligati ad assumerne di indecorosi o discriminanti, con effetti di lungo periodo, perché in questo modo vennero per così dire contrassegnati e quando dall’ultimo scorcio del XIX secolo esplose l’antisemitismo come piaga sociale, fu subito chiaro chi era di origini giudaiche».
Anche il rapporto con il figlio Giuseppe II, divenuto kaiser del Sacro Romano Impero nel 1765, è pieno di ombre: «Lui fu fautore convinto di una penetrazione illuminista un po’ in tutti i settori della vita pubblica, mentre nonostante le sue riforme, Maria Teresa non può essere considerata sostenitrice del Secolo dei Lumi - prosegue Vocelka -. A Giuseppe II diceva: “ma come, leggi quell’orribile Montesquieu? Non è una lettura appropriata per un sovrano cattolico”. Del resto dava ordini in permanenza ai figli, le sue lettere sono piene di disposizioni: questo lo dovresti fare, questo lo devi fare assolutamente, se non fai questo, vedrai che ..., tanto è vero che dietro le sue spalle i figli si scrivevano cose tremende su di lei».
Per l’occasione del tricentenario, anche un convegno internazionale promosso dall’Accademia delle Scienze ha fatto il punto a Vienna sugli studi su Maria Teresa. Un aspetto interessante, segnalato da più relatori, è stato l’uso dell’immagine della sovrana in Europa. Maria Teresa è intensamente presente nell’iconografia del Vecchio Continente, ma contrariamente a quanto farà l’imperatrice Sissi, con le proprie effigi su dipinti, incisioni e medaglie documenta senza remore il lavorio del tempo sul suo volto e sul suo corpo, un fatto che ben si sposa al suo approccio pragmatico con la realtà. Proprio sulla sua iconografia nel settore delle medaglie, è stato avviato un progetto di ricerca congiunto dell’Accademia delle Scienze e del Kunsthistorisches Museum.


“Domenica – Il Sole 24 ore”, 7 Maggio 2017

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