Accomodata sul trono coi
suoi sei metri di altezza, in mano lo scettro e il rotolo della
Prammatica Sanzione che le aveva consentito di diventare sovrana,
Maria Teresa d’Austria domina lo spiazzo verde tra i due musei
gemelli di Belle Arti e Storia Naturale, lo sguardo rivolto al
palazzo imperiale di Vienna. Ai suoi piedi, le allegorie di
giustizia, forza, clemenza, e saggezza. Sui lati del basamento, le
raffigurazioni dei suoi principali consiglieri. Sotto l’alto
piedistallo, 4 condottieri a cavallo completano la composizione di
quasi 20 metri di altezza.
Il monumento alla
matronale sovrana, realizzato nel 1888 da Caspar Zambusch, è uno dei
più articolati e marcanti della capitale austriaca. Poco più in là,
nel Burggarten, Francesco Giuseppe si deve accontentare di una
solinga statua a grandezza naturale, posta su un basso basamento,
come pure Francesco Stefano I di Lorena, marito di Maria Teresa e
kaiser del Sacro Romano Impero dal 1745 al 1765 che, benché a
cavallo, resta poca cosa nei confronti della consorte.
Non è casuale che a
Vienna Maria Teresa giochi ancora un ruolo visivamente tanto
rilevante, con attributi da madre della patria, anzi da übermutter.
Fra tutti i sovrani
asburgici, ebbe forse la vita più esuberante e lasciò segni
significativi e indelebili sull’impero, avviando una profonda
modernizzazione dell'apparato dello stato.
Oggi la si definirebbe
una wonder woman. Avendo potuto sposare l’uomo che amava,
diede alla luce nientemeno che 16 figli e fu alle redini dello Stato
fino al 1780, per quasi 40 anni, sempre in armi per difendere il
proprio ruolo e i propri dominii. Al trono salì all’età di 23
anni grazie ad un padre dinasticamente illuminato, Carlo VI, il quale
già prima che la sua futura erede nascesse, nel 1713 decise che
anche dopo la sua morte i suoi possedimenti dovessero restare
indivisi e che a reggerli avrebbe potuto essere pure una donna.
Al trono salì inesperta,
anche se l’ambasciatore inglese Thomas Robinson, osservandola
ancora adolescente, nel 1733 scrisse a Londra: «Ha un temperamento
focoso e mostra grande lucidità di pensiero. Ammira il padre ma ne
lamenta la pessima politica economica» .
Carlo VI, appassionato di
arti, musica e caccia, non brillava per doti di governo a stava via
via svuotando le casse dello stato. Pragmatica e disciplinata, di
fronte ad una montagna di un centinaio di milioni di fiorini di
debiti dello stato, lei capì in fretta che doveva riformare
radicalmente quella monarchia in difficoltà, e in mancanza di
competenze specifiche, doveva farlo delegando i vari compiti a uomini
fidati e capaci. Fu proprio in questa scelta di consiglieri che ebbe
la mano più felice. Nulla restò inviolato: dall’esercito alla
pubblica amministrazione, dalla sanità al sistema scolastico, dal
catasto al fisco, ai rapporti fra Stato e Chiesa.
Nonostante le numerose
battaglie e guerre con le altre grandi potenze europee, in cui si
trovò subito invischiata, cercò spesso la via della mediazione, e
come strumento di politica estera portò avanti intensamente la
prassi matrimoniale in vigore nella casata già dal XVI secolo,
installando i figli ai piani nobili di numerose corti europee.
Alla fine del suo regno
consegnò ai posteri uno stato più moderno, più efficiente, più
equo. Anche nei possedimenti italiani il suo assolutismo illuminato
segnò uno spartiacque economico, culturale, amministrativo,
giuridico, scolastico, fiscale, sociale.
Il suo mito cominciò già
poco dopo la sua morte. Oggi, nel tricentenario della nascita
avvenuta il 13 maggio 1717, a Vienna la considerazione della sua
personalità e del suo operato è più sfaccettata, come dimostrano
le molte iniziative in corso, in particolare le mostre. Dalla
Biblioteca Nazionale al Museo del Mobile, da Schönbrunn all’Abbazia
di Klosterneuburg, dal castello di Hof a quello di Niederweiden, alla
manifattura di porcellane Augarten, è un florilegio di
approfondimenti delle molte facce della sua personalità. In primis
quelle positive di imperatrice assoluta ma aperta alla
modernizzazione, dotata di un’evidente capacità di attuare
fondamentali riforme, ma anche i lati bui: «Maria Teresa fu
indubbiamente una grande sovrana ma lo studio del suo regno e del suo
tempo ci dicono anche che era decisamente intollerante - ci spiega
Karl Vocelka, professore emerito di Storia dell’Università di
Vienna e autorevole studioso di storia asburgica -. “Fece deportare
i protestanti verso l’Ungheria e l’attuale Romania e disprezzava
particolarmente gli ebrei, che cercò di cacciare dalla Boemia: in
20mila dovettero lasciare Praga da un giorno all’altro in pieno
inverno. In Galizia, gli ebrei, divenuti cittadini asburgici ma privi
di cognomi, vennero obbligati ad assumerne di indecorosi o
discriminanti, con effetti di lungo periodo, perché in questo modo
vennero per così dire contrassegnati e quando dall’ultimo scorcio
del XIX secolo esplose l’antisemitismo come piaga sociale, fu
subito chiaro chi era di origini giudaiche».
Anche il rapporto con il
figlio Giuseppe II, divenuto kaiser del Sacro Romano Impero nel 1765,
è pieno di ombre: «Lui fu fautore convinto di una penetrazione
illuminista un po’ in tutti i settori della vita pubblica, mentre
nonostante le sue riforme, Maria Teresa non può essere considerata
sostenitrice del Secolo dei Lumi - prosegue Vocelka -. A Giuseppe II
diceva: “ma come, leggi quell’orribile Montesquieu? Non è una
lettura appropriata per un sovrano cattolico”. Del resto dava
ordini in permanenza ai figli, le sue lettere sono piene di
disposizioni: questo lo dovresti fare, questo lo devi fare
assolutamente, se non fai questo, vedrai che ..., tanto è vero che
dietro le sue spalle i figli si scrivevano cose tremende su di lei».
Per l’occasione del
tricentenario, anche un convegno internazionale promosso
dall’Accademia delle Scienze ha fatto il punto a Vienna sugli studi
su Maria Teresa. Un aspetto interessante, segnalato da più relatori,
è stato l’uso dell’immagine della sovrana in Europa. Maria
Teresa è intensamente presente nell’iconografia del Vecchio
Continente, ma contrariamente a quanto farà l’imperatrice Sissi,
con le proprie effigi su dipinti, incisioni e medaglie documenta
senza remore il lavorio del tempo sul suo volto e sul suo corpo, un
fatto che ben si sposa al suo approccio pragmatico con la realtà.
Proprio sulla sua iconografia nel settore delle medaglie, è stato
avviato un progetto di ricerca congiunto dell’Accademia delle
Scienze e del Kunsthistorisches Museum.
“Domenica – Il Sole
24 ore”, 7 Maggio 2017
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