Un commento non firmato
di “micropolis” sulla sentenza della Cassazione che nella
primavera del 2015 ha definitivamente assolto Amanda Knox. La vicenda
non suscita più un grande interesse e non mi pare che le memorie della giovane americana o il progetto di film sulla sua vicenda lo abbiano riattivato, ma le riflessioni che vengono qui proposte
non mi sembrano prive di utilità anche oggi. (S.L.L.)
Non volevamo commentare
la sentenza della Cassazione sul delitto Kercher, giunta il 27 marzo
quando eravamo già in edicola: non siamo esperti di diritto, mentre
sulle implicazioni extragiudiziarie in sette anni è stato detto
tutto il necessario e molto, molto di più. Siamo spinti a tornare
sulla vicenda dalla notizia secondo la quale dopo il sollievo per
l'assoluzione definitiva, Amanda Knox ha tenuto a far sapere, per
bocca del suo biografo, che l'anticipo ottenuto per le sue memorie -
quattro milioni di dollari - se ne è andato tutto per le spese
legali. Il fatto è che, ha spiegato Douglas Preston, "Amanda
voleva a tutti i costi dimostrare di essere innocente in Italia, così
ha pagato tantissimi soldi agli avvocati italiani".
Una simile simmetria fra
spese legali e innocenza è tipica del sistema giuridico
statunitense, ove una pletora di casi mostra che le disponibilità
finanziarie fanno la differenza tra condanna e assoluzione, pena di
morte e ergastolo, pena definitiva e revisione del processo.
Applicandola ai tribunali italiani, di cui pure hanno aspramente
contestato il funzionamento, Amanda e il suo biografo hanno forse
visto giusto: è difficile infatti sfuggire all'idea che solo così
si possa spiegare la coesistenza tra la condanna definitiva di Guedé
per un omicidio "in concorso" e l'assoluzione altrettanto
definitiva di Knox e Sollecito. Preston ha poi rivelato che la
carcerazione in Italia, aggravata dalle molestie di una guardia
carceraria, ha profondamente segnato Amanda, fino a provocarle un
disturbo post traumatico da stress: "Chiunque abbia vissuto la
sua esperienza può farsi un’idea - ha detto Preston – È come un
soldato tornato dall’Iraq, che ha visto bambini uccisi davanti ai
suoi occhi. Se non ti lascia conseguenze fisiche, le lascia nella tua
sfera emozionale". Non abbiamo motivo di dubitare dell'esistenza
dei disturbi, ma lascia perplessi il parallelo proposto dallo
scrittore, davvero un poco azzardato. In Iraq, come in tante altre
guerre, l'esercito americano si è reso responsabile di moltissimi
crimini e certo molti dei bambini "uccisi davanti agli occhi"
del soldato Usa erano vittime delle sue armi o di quelle dei suoi
commilitoni.
È vero che Amanda Knox
non potrà più essere processata per la morte di Meredith, ma il
paragone coi soldati non pare giovare all'immagine di una persona
prosciolta dopo molti anni e fra molti dubbi dal reato di omicidio.
Ma forse ci sbagliamo anche in questo caso: a pensarci bene, tanto
gli allegri piloti del Cermis quanto l'uccisore di Calipari, il
soldato Lozano, sono usciti indenni dai processi che li riguardavano.
Magari anche loro adesso
soffrono di stress post traumatico, poverini.
“micropolis”, aprile
2015
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