con spiagge solitarie, onde turchine.
Dai due arsenali, da tante officine,
da Trieste che amiamo attraversare
tutta al ritorno, sempre più lontani,
e più nostri, in più deserta riviera.
Sopra uno scoglio nella rossa sera
seduti accanto, non l’abbandonavo
con lo sguardo, ma sempre l’affondavo,
sempre più invano nei suoi occhi
strani
di luna che tra le nubi viaggia;
che mentre intorno a un’anima
selvaggia
e ad una bella persona m’affanno,
i suoi pensieri chi sa dove vanno!
Da una nave tra molte altre ormeggiata
venne un suon di fanfara e si distese;
nei suoi occhi una lacrima s’accese,
rifulse sulla guancia imporporata.
da Trieste e una donna,
1910-1912, ora in Il Canzoniere,
Einaudi, 2001
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