L'edizione economica dei
Ragionamenti di Pietro Aretino (con premessa di Roberto
Roversi, Savelli, pagg. 256, lire 3.000) porta finalmente questo
sconcio capolavoro alla portata di tutte le borse (le due magnifiche
edizioni precedenti, quella Laterza a cura Giovanni Aquilecchia e
quella. Einaudi curata da Guido Davico Bonino, erano più care). Il
libro funziona per due tipi di lettori: o il lettore lubrico che
cerca gli oltraggi contro le convenzioni morali, o il lettore poetico
che cerca gli oltraggi contro le convenzioni linguistiche e
stilistiche. Ma si potrà pensare a un lettore ideale, che combini
questi due interessi, solo apparentemente divergenti.
La violenza aretinesca
esplode sia al livello del contenuto sia al livello della forma; e
alla estenuante attività fornicatoria dei suoi personaggi
corrisponde una frenetica attività linguistica dello scrittore.
Guardate che stupenda orgia sonora: «A la fine le suore dei letto, e
i giovincelli, e il generale, s’accordarono di fare ad una voce,
come s’accordano i cantori, o vero i fabbri martellando, e così,
attento ognuno al compiere, si udiva un ahi, ahi. un abbracciami, un
voltamiti, la lingua dolce, dammela, totela, spinge forte, aspetta
ch’io faccio, òimé fa, stringemi, aitami: e chi con sommessa
voce, e chi con alta smiagolando, pareano quelli da la, sol, fa, mi,
rene, e faceano un stralunare d’occhi, un alitare, un menare, un
dibattere, che le banche, le casse, la lettiera, gli scanni, e le
scodelle se ne risentivano, come le case per i terremoti ».
La metafora musicale non
viene subito dichiarata, ma accompagna sornionamente il testo. Nei
suoi momenti più felici, che spesso corrispondono all’articolazione
verbale di un piacere fisico, Aretino giunge a grandi finezze
edonistico-linguistiche: «Questi son guai... più dolci che non è
un poco di rognuzza a chi la sera intorno al fuoco, mandato giù le
calze, viene in succhio, per il piacere di grattarsi ».
Ma Aretino non è solo un
pragmatico dell’edonismo, bensì un teorico, fortemente impegnato a
un livello tecnico. Gli insegnamenti della Nanna alla Pippa sull’arte
di essere puttane comprendono pagine da manuale (sullo
smaneggiamento, sulla finzione della verginità, ecc.) secondo il
modello di celebri testi rinascimentali come Il Cortegiano e
il Galateo (il parallelismo è di Ettore Bonora). Se si
riaprissero le case chiuse, come oggi qualcuno vorrebbe, i libri di
testo per un corso di addestramento professionale potrebbero essere
ancora L’Arte di Amare di Ovidio e I Ragionamenti
(cioè Le Sei Giornate, per dar loro il titolo filologicamente
corretto) piuttosto che il prontuario americano sull’argomento, The
Happy Hooker (cioè La Battona Felice). Ci sono dei passi
nei Ragionamenti che sono mirabili di precisione tecnica e di
penetrazione psicologica, e forse utilissimi per l’aspirante
prostituta. Il tono falsamente solenne delle massime a sfondo lubrico
sono giocosamente ironiche ma sono anche assolutamente convincenti
(veritiere?): «Perché le chiappettine son di calamita, tirano a sé
la mano... ». Chi potrebbe contraddirlo?
Pure, una volta detto
tutto questo, bisogna confessare che Aretino è scrittore noioso.
Superata la sorpresa e lo shock delle prime pagine, il testo finisce
per deludere. Il rapido fluire delle immagini e delle similitudini,
la vivacità della scrittura, l'irrisione di ogni forma di classica
moderazione, lo spigliato anticonformismo dell’uomo di mondo e del
letterato, hanno ormai poca presa su di noi. La riluttanza a cedere
alle lusinghe dell’Aretino non dipende dalla sua oscenità, o
dall'assenza di senso morale, come valeva la critica ottocentesca; o
dalla eccessiva e ostentata disinvoltura dello scrittore verso la sua
materia turpe. In ultima istanza non ci delude la carenza di
coscienza etica, ma la carenza di temperamento artistico. Perché
Aretino manca di alcune qualità primarie dell’artista: l’uso dei
silenzi, delle pause, delle intermittenze; il controllo dei ritmi
alterni di alta e bassa pressione; la insinuosa preparazione, in
sordina, del clamoroso colpo di scena.
Aretino spende subito
tutto quello che ha; il suo esibizionismo stilistico potrebbe anche
nascondere insicurezza e incertezza, visto che lo scrittore non osa
mai rallentare il flusso della sua esuberanza nemmeno per poche
righe. Aretino vuole sempre sconvolgere il lettore, ad ogni istante;
e per ovvia conseguenza il lettore diventa immune dalla sua irruenza.
L’oscenità strarompente dei contenuto e la stravaganza della
lingua diventano ordinaria amministrazione: quindi normali, senza
sorprese. Se il lettore sa di potersi aspettare eccitamento e goduria
a ogni seconda riga, si annoierà presto del gioco. Il piacere di
essere stuzzicato è connesso all’incertezza del comportamento
dello stuzzicatore: ma essere stuzzicato a intervalli regolari è
esperienza spiacevole.
Il canto di gioia della
carne nella prosa di Aretino tende verso la pienezza vitale di
Rabelais: ma è un Rabelais caricato all’eccesso, fino al punto di
rottura. Forse i passi più intensi dei Ragionamenti
corrispondono alle pieghe d’angoscia che si nascondono nella felice
fluenza della scrittura. «Il sesso in queste pagine è un sesso
senza tormento» dice Roberto Roversi nella sua discutibilissima
premessa al volume: ma è vero il contrario. Aretino si finge ebbro
(di parole, se non di vino) per poter dire delle cose terribili: e i
minuti dettagli sono qui rivelatori. Durante un bacio conventuale la
suora vuole «bere i labbri, e mangiare la lingua del confessore,
tenendo fuori tutta via la sua, che non era punto differente da
quella d’una vacca». Dietro la goliardica descrizione di una
penetrazione sodomitica troviamo una delle evocazioni più lugubri di
questa pratica sessuale nella letteratura europea. Le avventure quasi
autonome degli organi sessuali, trattati come se fossero indipendenti
dal resto del corpo, sono scherzi di un’epica pornografica, ma
anche esorcismi contro la prepotente invadenza di questi gioielli
indiscreti.
Aretino afferma, e
Roversi ripete, che secondo il libro «le puttane non son donne ma
son puttane». Ma il senso ultimo è che tutto è uguale e
indifferente. Spose, suore e puttane, le tre categorie femminili
dell’Aretino, si comportano allo stesso modo, livellate al minimo
comune denominatore della loro fisiologia sessuale. I Ragionamenti
fingono brillantemente la letizia della carne, ma esprimono cinismo
ed angoscia. Il sesso è qui «senza tormento» solo per un lettore
che prenda tutto alla lettera.
La premessa di Roberto Roversi è, come abbiamo detto, molto discutibile, ma ha una frase degna di attenzione per il suo rampante parrocchialismo: quando il prefatore sparla dell’aria morandiana (sic!) della scrittura dell’Aretino. « Oh Bolognesi, uomini diversi... ».
La premessa di Roberto Roversi è, come abbiamo detto, molto discutibile, ma ha una frase degna di attenzione per il suo rampante parrocchialismo: quando il prefatore sparla dell’aria morandiana (sic!) della scrittura dell’Aretino. « Oh Bolognesi, uomini diversi... ».
“la Repubblica”,
ritaglio senza data, ma 1979
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