Un tipico dipinto di Giors Boneto |
È impossibile non averli
notati, non esservisi soffermati davanti almeno una volta, osservando
le figure di santi che vi sono affrescate ed i dettagli che le
accompagnano: la palma, la ruota del martirio, la conchiglia, il
bastone, …
Sono i piloni votivi, i
“piloùn”. Si tratta, generalmente (perlomeno nelle vallate
alpine del Piemonte sud occidentale) di piccole costruzioni a base
quadrata, a forma di parallelepipedo, di circa 2,5 metri di altezza e
coperte da un tetto di “lose” (pietre piatte di forma squadrata).
Di solito sono affrescati su tre lati con immagini sacre, mentre sul
quarto presentano una nicchia anch’essa affrescata ed atta a
ricevere fiori o altre offerte.
Tali costruzioni, in
Piemonte sono state edificate principalmente tra il XVIII ed il XIX
secolo, periodo di grande instabilità politica, oltre che di
pestilenze e di guerre. Generalmente, sono nate su iniziativa di
privati, spesso una famiglia o gli abitanti di una borgata, quali
espressioni di pietà religiosa, o come un ex voto, sovente in
corrispondenza di luoghi ritenuti in qualche modo necessitanti di una
protezione celeste: un incrocio, un confine, un luogo in posizione
dominante. Riguardo alla loro posizione, ha, però, un buon
fondamento anche l’ipotesi secondo cui i piloni venissero eretti
laddove antiche secondo antiche credenze precristiane dimorassero
forze sovrannaturali.
Un tipico "pilone" del Monviso |
Legata alla tradizione
dei pilone c’è una figura storica, in qualche modo cara in
particolare agli abitanti delle valli Po, Varaita e Maira. Una figura
che, per la semplicità della sua forma espressiva, evoca un
sentimento di familiarità e di autenticità. Stiamo parlando di
Giors (Giorgio) Boneto “pitore di Paisana” secondo la sua stessa
definizione. Fu costui un pittore itinerante, nato a Paesana in val
Po nel 1746, noto per aver dipinto circa 300 affreschi a tema
religioso su piloni votivi e case private fra le valli Po e Stura,
fra la seconda metà del ‘700 ed i primi anni dell’ ‘800.
La sua vita di pittore
itinerante, ed il suo mestiere, presero una piega decisiva
probabilmente anche in seguito alla morte precoce del figlioletto in
fasce, e poco dopo, della moglie, avvenuta nel 1779. A partire dalle
prime opere, realizzate intorno al 1777, e passando di valle in
valle, Boneto portò con sé la sua arte da autodidatta, così
semplice eppure così vicina al sentimento popolare, alla religiosità
fervida e ingenua delle popolazioni rurali alpine.
I suoi affreschi sono
immediatamente riconoscibili, con figure dai colori caldi ma statiche
e rappresentate in atteggiamenti fissi e poco espressivi, senza
prospettiva né paesaggio di contorno, lontane dalle rappresentazioni
più accademiche degli artisti a lui successivi.
La figura di Giors Boneto
si inserisce fra quelle degli artisti minori, persino se paragonata a
quelli di ambito locale, ma non va sottovalutata. Innanzitutto per la
sua mole, poi perché la sua arte richiedeva quantomeno
un’alfabetizzazione ed una conoscenza agiografica non così comuni
allora. Infine perché a lui va comunque riconosciuta la passione per
il proprio mestiere, il quale, girovago e povero, resta espressione
di un sentimento sincero di devozione condiviso dai valligiani della
sua epoca.
Sconosciuti sono il luogo
e la data della sua morte.
23 febbraio 2016, In
“Vesulus”, sito delle Guide del Monviso
Nessun commento:
Posta un commento