Quando la data di
consegna si avvicina comincia la quadriglia dello scambio di
corrispondenza (ormai quasi solo elettronica). L'autore consegna il
manoscritto, oggi ridotto nelle specie di quelle misteriose creature
chiamate comunemente files.
In alcuni casi la
spezzettatura in files raggiunge abissi di perversione da manuale
freudiano. Gli autori peggiori suddividono le seicento-mila battute
concordate, cioè l'equivalente di 333,3 cartelle da 1800 battute, in
capitoli, sottocapitoli, paragrafi, rigorosamnte divisi in files
numerati con nomi, cifre, date, sigle incomprensibili ai più e
spesso anche al loro ideatore. E in redazione monta la rabbia. Alcuni
autori fingono di non sapere come si contano le battute ricorrendo
all'artificio del conteggio “spazi esclusi" grazie al quale
recuperano alle loro necessità grafologiche un buon 15-20%. Il testo
sale a 700.000 e si richiedono tagli pesanti. In redazione monta il
rancore. Intanto passano i giorni, la data di chiusura della
lavorazione concordata con lo stampatore si avvicina. I tempi di
lavorazione si accorciano. In redazione monta il rancore. Tagli
pesanti vengono effettuati ma non sono sufficienti. L'autore non
capisce perché 30 pagine in più del previsto dovrebbero
rappresentare un problema per un editore che pubblica 1000 libri
all'anno. Il caporedattore insiste. Nell'autore nasce il disprezzo
per i mestieranti che trascurano la qualità in nome della quantità.
Non bastassero i tagli i redattori mettono mano al testo come fosse
cosa loro. Ci trovano errori di grammatica, frasi che non stanno in
piedi, perfino qualche svarione. A un certo punto del rapporto è
chiaro che un redattore e un autore hanno una diversa visione della
vita terrena e forse anche di quella trascendente. L'autore soffre,
il redattore sbuffa. In entrambi cresce l'odio e la domanda: perché?
Ovviamente le cose non vanno sempre così. Qualche volta vanno
meglio, molto raramente vanno addirittura bene.
Ma qualunque sia
l'andamento del parto, è evidente che entrambi, redattore e autore,
anche se per ragioni diverse, non hanno scelta: il libro deve
«uscire». E alla fine le ragioni superiori trionfano.
Il CD con l'impaginato
viene inviato alla stampa. L'ansia si placa, torna il sorriso, la
prossima volta sarà meglio. Lontano, tra i meccanismi e il rumore
delle macchine di Gutemberg, il frutto dell'idillio editoriale prende
forma. Quando il legatore confeziona le copie staffetta il neonato
lancia il suo primo vagito.
Ènata - assumiamola
femmina come guida, piuttosto che maschio come libro - e puzza di
colla e di inchiostro, come tutte le sue sorelle in attesa di vedere
la luce.
Le prime copie ancora
calde di pressa arrivano in redazione. Il caporedattore ne consegna
una al Direttore Editoriale. Mentre insieme la sfogliano con
emozione, con affetto e con una variabile ma inevitabile dose di
orgoglio, passa un collega di un'altra redazione. La guarda con
evidente invidia. La soppesa. Potrebbe dire che la copertina è ben
riuscita, che l'attacco è accattivante, che è un piacere anche solo
sfogliarla. Invece la apre a una pagina qualsiasi, legge due righe
qualsiasi e trova l'unico refuso delle prime cento pagine. Non è
cattivo, è diventato così vivendo in un mondo alfabetico e ingrato.
C'è scritto che l'Amabasciata si trova a Toma. E da quel momento
quella guida, così giovane e indifesa, sarà «quella che ha preso
Roma per Toma», o viceversa. Davanti alla macchina del caffè si
sprecheranno le battute tipo: «domani vado a Toma» oppure «i sette
re di Toma: Tomolo, Tuma Pompilio, Rullo Ostilio ...» ecc. La
diceria si espande intorno e si innalza su su fino al Direttore
Commerciale, al Direttore Marketing, al Direttore Generale e, ahimé,
all'Amministratore Delegato rendendo chiaro a tutti perché poi i
libri non si vendono. Del resto, se gli editoriali lavorano così è
inutile poi spendere tempo in analisi e strategie di mercato.
La cosa viene taciuta
all'autore, per compassione e soprattutto per cercare di non
pubblicizzare ulteriormente l'errore. Così lui culla la sua creatura
tra le mani, ne ripassa gli spigoli con le dita, l'annusa, la guarda
intenerito e con una dose magnum di orgoglio: qualunque cosa accada è
nata. Anzi sono nate, tante sorelline di 300 pagine ciascuna, tutte
ugualmente belle. La tiratura è un difficile gioco d'equilibrio.
Decidere il numero di copie da stampare è sempre un azzardo. Troppe
o troppo poche, in entrambi i casi si sbaglia e i conti saltano.
«Giusto», come l'acqua dello shampoo di Gaber, non succede quasi
mai.
Impacchettate e
indirizzate, le sorelle partono per i più remoti luoghi della
nazione. Finiranno su scaffali affollatissimi, sperdute nelle
divisioni tra continenti, paesi, regioni, metropoli. In mezzo a
una pletora di altri
libri con gli stessi titoli: Australia, Austria, Bahama, Belgio ...
Passano i mesi, passa l'alta stagione dei viaggi, arriva settembre.
Alcune vengono restituite un po' ciancicate. Adesso si chiamano
indistintamente «resi» e rappresentano l'incubo di tutti quelli che
hanno avuto qualcosa a che fare con la loro nascita. Se i resi
superano il 40% al primo giro prende corpo lo spettro del flop e si
cominciano a cercare le cause e i colpevoli. Quando viene pronunciata
(quasi sempre) la frase «io l'avevo detto», la guerra è aperta, e
non si faranno prigionieri.
Qualche lettera di
lettori che denunciano manchevolezze e imprecisioni stende l'ultimo
sudario. Si contano le cosiddette «giacenze», perché i volumi
«giacciono» nel magazzino, inerti, stroncati dal mercato, e per il
solo fatto di «giacere» non solo non procurano i profitti che
lecitamente si aspettano gli azionisti della Casa Editrice ma
addirittura costano. E l'inventario di fine anno annuncia la
condanna, fredda come solo i numeri sanno essere.
Se invece fioccano le
telefonate per ripristinare le scorte in libreria ci si dividono i
meriti, non in parti uguali ovviamente. Il prodotto funziona.
Migliaia di turisti viaggeranno «guidati» dal buon lavoro
dell'autore e dalla chiarezza della grafica, ne apprezzeranno la
precisione, le descrizioni, la completezza delle informazioni.
Qualcuno perfino
scriverà, per partecipare l'apprezzamento, per ringraziare, per dare
un contributo. Il sospetto che le lettere più entusiaste siano state
scritte da amici e parenti aleggerà, ma senza produrre danni.
La guida cresce, presto
sarà pronta per una nuova edizione, completamente aggiornata e
rivista, più ricca, più completa.
La qualità, e
soprattutto l'eccellente politica commerciale della rete di vendita,
hanno vinto, ancora una volta. E si preparano alla prossima sfida.
“il
manifesto”, supplemento viaggi, luglio 2004
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