Anche quest’anno il 7 novembre, anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, non è stato ricordato da nessuno. E’ una data scomoda, anche per chi continua a dichiararsi comunista, utile semmai per lucrare su un 2-3% di nostalgia da giocarsi nelle cabine elettorali. Eppure è stata l’unica dimostrazione, nel mondo contemporaneo, della possibilità di ribellarsi, sognare e immaginare una nuova società ed ha giocato un ruolo d’incivilimento dello stesso capitalismo, costretto a contrastare il sogno attraverso il welfare, le politiche di piena occupazione, l’equazione tra democrazia e libero mercato. Gramsci la definì, giustamente, una rivoluzione contro il capitale; in realtà essa si basò su una possibilità – rompere a Oriente attendendo la rottura in Occidente – e su una previsione destinata a dimostrarsi sbagliata, ossia che l’imperialismo fosse la fase suprema del capitalismo, sottovalutando la “plasticità” di quest’ultimo, la sua capacità di adattamento. Eppure la Rivoluzione russa, come mito più che come realtà, continuò a fare paura anche quando era ormai evidente che la sua spinta propulsiva si era esaurita. Lo dimostra quello che avvenuto nell’ultimo ventennio: senza più lo spettro del comunismo che si aggirava per l’Europa gli spiriti animali del capitalismo hanno ripreso forza, le ragioni della impresa, del mercato e del profitto si sono affermate come ideologia dominante.
Oggi la crisi rimette in discussione questa vulgata ideologica. Qualcuno sostiene, a nostro parere in modo azzardato, che si è esaurita la capacità accumulativa del capitalismo, ossia la sua stessa ragione d’essere. Ciò imporrebbe di ripensare il comunismo e il socialismo, di provare a immaginare se sia possibile costruire un’economia in cui i valori d’uso non siano sussunti da quelli di scambio, in cui accanto al mercato come luogo di fissazione dei prezzi vi possano essere forme di economia che prefigurino un modello di sviluppo, una società ed una democrazia diversi. Insomma se sia possibile riprendere in modo differente dal passato l’idea di rivoluzione e di cambiamento come risposta alla barbarie crescente del capitalismo del nuovo millennio. Non ci pare che le diverse sinistre abbiano questa urgenza. Anzi - diciamolo più chiaramente - non gliene frega niente. E’ molto più divertente discutere ed agire per ottenere qualche strapuntino istituzionale. Almeno per gli eletti si tratta di una forma di socialismo realizzato.
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