Berlusconi è in difficoltà, ma il pericolo gli viene dall'interno. Il caso Marrazzo ha tolto molte armi a quella parte di opposizione politica o mediatica che puntava esclusivamente sulla "questione morale". L'opposizione sociale (Cgil, precari della scuola, etc.) non manca, ma è spesso e volentieri lasciata sola. L'opposizione parlamentare appare incerta, divisa, inefficace. Le difficoltà insomma sono tutte interne al suo Pdl o alla sua maggioranza. Un giorno il distinguo di Fini su immigrati e pubblici ministeri, un altro Tremonti che lesina i soldi per cancellare l’Irap o per il Ponte sullo Stretto, un altro il fidato Bossi che rimbecca il suo Maroni.
Lunedì scorso era in programma la cena con Fini e Bossi che avrebbe dovuto sciogliere ogni dilemma e dissolvere ogni dubbio. E’ stata rinviata. Ad evitare equivoci Fini aveva chiarito che Berlusconi è il leader, ma non deve credersi un monarca assoluto.
Andreotti, vecchia volpe democristiana, negli anni in cui la competizione a sinistra tra Pci e Psi era più forte, disse ai suoi che sarebbe stato un grave errore scegliere: era meglio tenere attivi entrambi i panettieri per pagare di meno e non rischiare la fame. Il Cavaliere ha cercato di rinverdire codesta teoria dei “due forni”: ha chiesto e ottenuto un incontro con Casini. A costui, reduce da un appuntamento con Fini e in attesa di un abboccamento con Bersani, non è sembrato vero di essere diventato come il Figaro del Barbiere, quello che tutti chiamano e cercano: ha distribuito cortesie senza prendere impegni.
Intanto il figuro che rappresenta in Tv “Il Giornale” della famiglia Berlusconi, un certo Alessandro Sallusti, vicedirettore, interpretava la “mossa” in un apposito articolo: se lo schema del Pdl come partito unico del centrodestra nazionale non funziona - scriveva - si può sempre tornare all’antico, anche cambiando la legge elettorale per accontentare l’Udc. E ha paragonato gli odierni conversari alle prove di accordo che nel 99 prepararono il rientro della Lega Nord nell’alleanza di centro-destra.
Non risulta che almeno per ora l’iniziativa del Cavaliere sia riuscita a ricompattare la maggioranza e intimidire i dissenzienti. A complicare l'operazione è soprattutto la crisi, sempre più profonda, cui le iniziative propagandistiche e le uscite mediatiche non possono dare una risposta. Berlusconi, non avendo soluzioni, ricorre anche alle minacce, affidandosi ancora una volta al “Giornale” e al suo direttore- mazziere, l'atalantino Feltri. Sulle nuove iniziative di legge per salvare Berlusconi dai processi – spiega costui – stavolta non saranno tollerati distinguo. Si pretenderà una firma preventiva di ogni parlamentare. Se le norme incontrassero ostacoli non ci saranno che le elezioni anticipate. E per lasciar intendere che fa sul serio, il Cavaliere ha dato mandato ai suoi uomini Rai di azzerare subito l’anomalia della terza rete e di accelerare in Parlamento l’approvazione della par condicio, come se fosse imminente una campagna elettorale decisiva. E’ probabile che si tratti di ballon d’essai, lanciati per sondare le reazioni.
Nel frattempo, con il sostegno alla candidatura di D’Alema, Berlusconi tenta di aprire un terzo forno. Il messaggio è chiaro: se Fini, Casini, Montezemolo, Napolitano o chiunque altro si sono immaginati di metterlo all’angolo con una “ammucchiata”, sappiano che l’accordo con il Pd lo farà lui. Per realizzare la “Grande riforma”, ovviamente.
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