18.11.09

L'istinto. Una poesia di Cesare Pavese.



L'uomo vecchio, deluso di tutte le cose,
dalla soglia di casa nel tiepido sole
guarda il cane e la cagna sfogare l'istinto.



Sulla bocca sdentata si rincorrono mosche.
La sua donna gli è morta da tempo. Anche lei
come tutte le cagne non voleva saperne,
ma ci aveva l'istinto. L'uomo vecchio annusava
non ancora sdentato, la notte veniva,
si mettevano a letto. Era bello l'istinto.



Quel che gli piace nel cane è la gran libertà.
Dal mattino alla sera gironzola in strada;
e un po' mangia, un po' dorme, un po' monta le cagne:
non aspetta nemmeno la notte. Ragiona,
come fiuta, e gli odori che sente son suoi.



L'uomo vecchio ricorda una volta di giorno
che l'ha fatta da cane in un campo di grano.
Non sa più con che cagna, ma ricorda il gran sole
e il sudore e la voglia di non smettere mai.
Era come in un letto. Se tornassero gli anni,
lo vorrebbe far sempre in un campo di grano.



Scende in strada una donna e si ferma a guardare;
passa il prete e si volta. Sulla pubblica piazza
si può fare di tutto. Persino la donna,
che ha ritegno a voltarsi per l'uomo, si ferma.
Solamente un ragazzo non tollera il gioco
e fa piover sassi. L'uomo vecchio si sdegna.



(da Lavorare stanca, in Opere di Cesare Pavese, volume I, einaudi, Torino 1968)

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