Strano ma vero. Il famigerato giornalista Renato Farina, lo spione della Cia di Bush che Berlusconi arruolò tra i suoi deputati, questa volta, grazie al suo spirito di crociata, sembra entrare in rotta di collisione con il suo capo. Sul "Giornale" di oggi, 17 novembre, se l'è presa con Gheddafi in visita a Roma per il vertice Fao. Avrebbe detto: "Non è Gesù, non è mai stato Gesù. Voi credete che Gesù è stato crocifisso ma non lo è stato, lo ha preso Dio in cielo. Hanno crocefisso uno che assomigliava a lui". La cosa indigna il cattolicissimo Farina: "Insomma: Gesù è un profeta dell'Islam, e sarebbe una specie di vigliacco che scappa in braccio a Dio per non farsi mettere a morte dagli ebrei, lasciando che sia un altro a soffrire per lui". Il guaio è - lo ammette lo stesso Farina - che queste che lui chiama "bestialità beduine", legate alla "pratica molto nota tra i capi musulmani" di farsi sostituire da un sosia, non sono affatto "una trovata del leader libico", ma "una affermazione che sta scritta nel Corano". E aggiunge, senza sprezzo del ridicolo, che il Corano appunto "fa di Gesù un profeta, ma nega l'essenziale su di lui, lo mangia e lo digerisce per il comodo di Maometto, che voleva sostituire la Rivelazione cristiana con la sua". Quale sarà allora la colpa di Gheddafi? Quella di essere venuto qui in Italia a raccontare la sua verità a 200 hostess scritturate per 50 euro a testa, mentre se qualcosa del genere a parti rovesciate fosse stato fatto in Libia o in Arabia il predicatore cristiano sarebbe stato lapidato. E cita il fatto che per la maglietta di Calderoli in Libia fu assaltato il consolato italiano a Bengasi.
Naturalmente l'ottimo spione non ne deriva la conseguenza di rompere le relazioni diplomatiche con la Libia o altri paesi arabi cosiddetti moderati, anzi sottolinea che ci serve amicizia per combattere i terroristi e contenere l'immigrazione clandestina. Bisogna però convincere il raìs libico a stare zitto, quando viene in Italia.
E' una posizione, questa della reciprocità, che viene da molto lontano. La sua base non è la liberale e democratica libertà di religione, di pensiero, di espressione, come diritto irrinunciabile di ogni individuo, ma il cuius regio eius religio dei tempi dell'assolutismo, per cui ognuno è obbligato a seguire la religione del luogo in cui è nato e non si possono, fuori casa o anche in casa, professare verità di fede diverse da quelle ufficiali.
C'è di più. Nel ragionamento di Farina c'è un sovrappiù di capziosità scolastica, per cui con i musulmani si va ben oltre la reciprocità. Il grande rispetto musulmano per le figure di Gesù Cristo e di Maria, base del lungo periodo di tolleranza islamica verso le comunità cristiane, è letto come un trucco, di modo che si può giustificare il disprezzo per la fede islamica. Da ateo convinto e militante trovo abbastanza puerili molte credenze islamiche, ma trovo perfino disgustose alcune credenze cattoliche. Quando Farina parla di un Corano che "mangia e digerisce Gesù" non pensa che a "mangiarlo e digerirlo" come "vero corpo", come carne e sangue sono i credenti nell'Eucarestia? "Credo quia absurdum"- scrisse Sant'Agostino. Nella Rivelazione cristiana ci sono misteri inverosimili per chi non crede e incomprensibili per chi crede, dogmi che si pretendono indiscutibili. Ma, nel regno dell'assurdo, perchè la resurrezione di Cristo dovrebbe avere più forza dell'errore di persona di cui parlano i musulmani? Da crociata infine è la tesi che Farina espone per ultima, quella della superiorità dei cristiani la cui fede è religione d'amore, mentre l'Islam è religione di conquista: nella memoria storica degli Arabi è sempre presente l'immagine di predoni armati di spada e di croce.
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