La battaglia di Vienna
"Sarà sicuramente una coincidenza (ma per lo studioso cattolico Michael Novak non lo è affatto) che il primo 11 settembre consegnato ai libri di storia - in particolare quello del confronto tra il mondo cristiano e il musulmano - non sia stato quello del 2001 bensì l' 11 settembre del 1683, giorno in cui partì la controffensiva con la quale in trentasei ore le truppe dell' imperatore Leopoldo I, con il fondamentale aiuto di quelle del re di Polonia Jan Sobieski, travolsero e misero in fuga le decine di migliaia di turchi che agli ordini del gran visir Kara Mustafa da due mesi cingevano d' assedio la città di Vienna".
Comincia così l'articolo con il quale il 6 settembre del 2006 Paolo Mieli rievocava sul "Corriere della Sera" la battaglia di Vienna.
Mieli non spiega l'opinione di Novak. Lo facciamo noi: costui, malato di eurocentrismo, pensa che i terroristi islamici abbiano scelto l'11 settembre per attaccare New York, al fine di vendicare quell'antica sconfitta.
L'articolo consente a Mieli, l'amico di tutti i potenti (ma Berlusconi non se lo fila più), di elogiare la lungimiranza di un Papa che vuole unire l'Occidente contro il sultano e che poi riesce a vincere quella che chiama "l'ultima Crociata", cioè il quindicennio di controffensiva cristiana che seguì la grande battaglia; di favoleggiare su Marco d'Aviano, un cappuccino, un santone tipo Padre Pio che faceva miracolose guarigioni e predicava contro i Turchi come il fratacchione novecentesco predicava contro i Comunisti. Ma le cose che più lo attirano (per ovvie ragioni) sono il doppio gioco dei Francesi e la guerra psicologica messa in atto dal gran visir Kara Mustafa, il generale poi sconfitto, di cui rievoca anche la tragica fine.
Ecco uno stralcio della sua prosa:
Mieli non spiega l'opinione di Novak. Lo facciamo noi: costui, malato di eurocentrismo, pensa che i terroristi islamici abbiano scelto l'11 settembre per attaccare New York, al fine di vendicare quell'antica sconfitta.
L'articolo consente a Mieli, l'amico di tutti i potenti (ma Berlusconi non se lo fila più), di elogiare la lungimiranza di un Papa che vuole unire l'Occidente contro il sultano e che poi riesce a vincere quella che chiama "l'ultima Crociata", cioè il quindicennio di controffensiva cristiana che seguì la grande battaglia; di favoleggiare su Marco d'Aviano, un cappuccino, un santone tipo Padre Pio che faceva miracolose guarigioni e predicava contro i Turchi come il fratacchione novecentesco predicava contro i Comunisti. Ma le cose che più lo attirano (per ovvie ragioni) sono il doppio gioco dei Francesi e la guerra psicologica messa in atto dal gran visir Kara Mustafa, il generale poi sconfitto, di cui rievoca anche la tragica fine.
Ecco uno stralcio della sua prosa:
"(Il sultano Mehmet IV) immediatamente chiese la testa di Kara Mustafa. La notizia raggiunse il Gran Visir che si trovava a Belgrado il 25 dicembre di quello stesso anno. La sua risposta fu: "Come piace a Dio". Restituì i simboli della sua Alta Autorità, il sigillo, il sacro vessillo del Profeta e la chiave della Kaaba alla Mecca. Fu strangolato da un emissario di Mehmet quello stesso giorno. Per il mondo cristiano era il Natale del 1683".
L'invenzione del cornetto
Nel paginone del Corrierone sulla battaglia di Vienna, la cosa più curiosa è comunque un "francobollo" su leggende e curiosità. Racconta in particolare la leggenda dell'invenzione del croissant da parte dei pasticcieri viennesi con la forma a cornetto proprio per ricordare la "Mezzaluna" turca sconfitta.
I Polacchi dopo qualche secolo, in memoria di Jan Sobieski, il sovrano vincitore, gli intitolarono una marca di sigarette tuttora in vendita. Pare infine che Franciszek Jerzy Kulczycki, il quale aveva svolto coraggiose attività di spionaggio tra le linee turche, ottenesse in premio i sacchi di caffè abbandonati dagli Ottomani in rotta. Aprì la prima caffetteria viennese nel 1684.
I Polacchi dopo qualche secolo, in memoria di Jan Sobieski, il sovrano vincitore, gli intitolarono una marca di sigarette tuttora in vendita. Pare infine che Franciszek Jerzy Kulczycki, il quale aveva svolto coraggiose attività di spionaggio tra le linee turche, ottenesse in premio i sacchi di caffè abbandonati dagli Ottomani in rotta. Aprì la prima caffetteria viennese nel 1684.
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