Una manifestazione di...cacao
In tempi difficili come quelli in cui viviamo, trovare un lavoro, si sa, non è impresa di poco conto. Non è raro però, imbattersi in una qualche piccola “occasione” che, se non altro, aiuta a sbarcare il lunario. Esperienze brevi, certo, magari fortuite e saltuarie, “sempre meglio di niente” come insegna la saggezza popolare. Capita allora di bussare alla porta giusta e di ottenere in sorte quella soffiata, quella dritta che vale l'obolo quotidiano. È stato questo il caso di Mario (lo chiameremo così, avvalendoci di un nome di fantasia, per assecondarne le richieste e preservarlo da possibili conseguenze) 24enne studente universitario, prestato alle casse di Eurochocolate, in uno degli stand dell'ultima edizione della kermesse perugina.
“Avevo bisogno di lavorare – esordisce – così ho seguito il consiglio di un amico ed ho contattato la Jobs (l'agenzia responsabile della selezione del personale per Eurochocolate ndr.) per un colloquio”. “Che esperienze lavorative hai avuto? Perché hai deciso di lavorare con noi? Cosa pensi della manifestazione?” in agenzia il solito cliché, non fosse altro che “chiedono a tutti se conosci qualcuno che abbia lavorato per loro in passato e, se del caso, di indicarne il nominativo per il controllo su un database dove sono contenuti i dati relativi alle passate edizioni della rassegna. La cosa mi sorprende un po', poi però senza troppe esitazioni faccio alcuni nomi”. Tempo due settimane e “ti attacchi al telefono nella speranza che dei quattro numeri ricevuti al colloquio, almeno uno dia esito positivo... un po' di squilli a vuoto, la segreteria telefonica, poi finalmente, una voce scazzata dall'altro capo della cornetta ti ragguaglia rapidamente sul da farsi”.
“Cinque giorni prima della manifestazione, il briefing – continua Mario – ti spiegano cosa devi e non devi fare, dove lavorerai e chi sarà il tuo responsabile, nel frattempo ti ripetono mille volte che sei l'immagine di Eurochocolate”. Durante il briefing poi, il “contratto”: una paginetta scarsa recante il titolo “prestazione occasionale”, in basso non sfugge la scritta “Partis srl”. Di che si tratta? “La Jobs – ci spiega – seleziona il personale e controlla i lavori durante i dieci giorni della rassegna, chi si occupa della formalizzazione del rapporto è il responsabile di un'altra agenzia per il lavoro, Partis srl, per l'appunto”. Percorso macchinoso? Nient'affatto, un'altra occhiata al “bugiardino” chiarisce tutto: “la società (Partis srl ndr.) – recita testualmente la carta – non eserciterà nei suoi confronti alcun potere gerarchico e disciplinare (attività che di fatto attiene a Jobs ndr.) tipico del rapporto subordinato”. Niente più niente meno della solita sparata sull'attività da svolgere in “maniera del tutto autonoma”, d'altra parte – almeno formalmente – si tratta di una collaborazione “occasionale”, se poi negli stand la tiritera assume un ritmo più incalzante: amen!
“C'è un responsabile di zona - chiarisce infatti Mario – che controlla l'attività di almeno 7 o 8 stand, per un totale di circa 60 persone. Concorda con te la disposizione degli spazi, ammonisce sulla quantità di cioccolatini per gli omaggi, richiama all'ordine chi perde tempo e, soprattutto, decide gli orari delle pause di tutti i collaboratori” mezz'ora, una al massimo, che per inciso non è nemmeno retribuita. “Con la ressa di quei giorni era un problema persino andare in bagno – lamenta – non c'erano bagni riservati allo staff, toccava organizzarsi e, se possibile, evitare di perder tempo in fila al bar...” Nessun problema comunque? “No, no, fortunatamente no”. La paga invece, già spesa? “4,13 euro netti l'ora – sorride – ho lavorato solo quattro giorni, per un totale di quasi 40 ore... quanto fa? Una sciocchezza, ma non ho visto ancora un centesimo, c'è da aspettare dicembre”.
Almeno si è trattato di un lavoro a contatto con la gente, in un atmosfera solare... “Di gente in effetti ce n'era anche troppa, quanto all'atmosfera solare, no davvero: era d'un freddo. Poi erano tutti lì attaccati al bancone a chiedere omaggi, che concedevi a singhiozzo, stando bene attento a non strafare, ché la cazziata era sempre dietro l'angolo. So addirittura di un ragazzo che per qualche gentilezza di troppo è stato buttato fuori, così su due piedi, senza troppi complimenti”. “Alla fine non hanno regalato niente nemmeno a noi – scherza – solo una tavoletta, l'ultimo giorno. Da andare in rovina...l'ho scartata solo l'altro giorno ne vuoi un po'?”.
C'è un gruppo sul social network facebook che raccoglie tutti quanti abbiano preso parte almeno una volta alla rassegna, gente che, come il nostro Mario, in fondo l'ha presa con filosofia: “mi hanno fregato una volta, ma...”.
Ma se pensiamo alla storia del cioccolato, alla sua provenienza, alle multinazionali ed allo sfruttamento della manodopera infantile, che permette a marchi come Nestlé – da sempre di casa nella manifestazione ideata da Eugenio Guarducci – di saziare le voglie dei tanti golosi che scorazzano per le vie di Perugia, accapigliandosi e strattonandosi per un misero assaggino; quei dieci giorni di delirio collettivo hanno un gusto più dolce della cioccolata, sanno di quattrini.
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