La «spagnola» fu chiamata così non perché la Spagna fosse sede del focolaio principale, ma perché quel paese non era in guerra e i suoi giornali erano gli unici autorizzati a parlare dell'epidemia.
Che cosa è l'influenza? Sappiamo tutti, per averla provata almeno una volta sulla nostra pelle, quali sono i suoi segni e sintomi: febbre alta, spossatezza, dolori muscolari, probabili complicazioni broncopolmonari e spesso disturbi gastrici. Almeno nelle sue prime avvisaglie somiglia al banale raffreddore, ma anche il più sprovveduto dei malati sa, per averne fatta diretta esperienza, che l'influenza è tutt'altra cosa.
La fase successiva alla remissione del morbo, la cosiddetta convalescenza, è decisamente lunga - almeno da due a tre settimane - e richiede, oltre al supporto di farmaci di sostegno, un regime alimentare adeguato e un idoneo e prolungato riposo. In caso contrario, per solito, la conseguenza più comune di un'influenza trascurata è l'insorgere della cosiddetta Sindrome da Affaticamento Continuo, una patologia che, quando colpisce soggetti giovani, può durare addirittura anni, compromettendo seriamente la qualità di vita degli interessati. Quanto alle cause, è ormai universalmente noto che si tratta di un virus.
Ma che cosa è un virus? Un microrganismo di una specie tutta particolare dotato dei seguenti caratteri: a) a differenza dei batteri, è visibile unicamente con il microscopio elettronico, l'unico tipo di strumento ottico dotato di elevata «risoluzione», ossia particolarmente potente; b) una struttura piuttosto semplice, un involucro proteico, che non gli consente né un metabolismo autonomo, né un'autonoma riproduzione (per alcuni studiosi la sua semplicità strutturale ne farebbe un elemento di transizione dalla dimensione inorganica a quella organica); c) per riprodursi, deve farlo a carico delle cellule viventi dell'organismo infettato («ospite»), ossia con la parassitazione.
Dal punto di vista strettamente clinico, la sua semplice eliminazione, prodotta dagli anticorpi stimolati da un vaccino, non equivale a una guarigione vera e propria. Perché il soggetto colpito, animale o uomo, possa dirsi effettivamente guarito, occorre che il suo organismo ricostruisca per intero la situazione precedente la parassitazione, il che spiega la lunghezza del periodo di convalescenza. In linea di massima, quale che sia la patologia virale - influenza o altro morbo - l'organismo acquisisce immunità per quel preciso tipo di virus ma non per tutti i tipi, anche simili. Gli anziani, per esempio, già a suo tempo guariti dall'asiatica, un'epidemia influenzale che imperversò in Europa nella seconda metà degli anni Cinquanta, non si ammaleranno più di asiatica, ma questo non vuol dire che non potrebbero più cadere vittima di una sindrome provocata da un virus influenzale di tipo diverso.
I virus, probabilmente per la loro singolare natura, sono gli agenti infettivi più antichi e tra questi ancora più antichi sono quelli responsabili dell'influenza. Stando alle ricostruzioni storiche - tra le quali memorabili quelle compiute da Mirko Grmek, il grande storico della medicina scomparso nel 2000 - i loimoi («pesti») dei Greci erano patologie influenzali associate a complicazioni gastro-enteriche. Tali furono forse la peste di Atene narrata da Tucidide e la malattia nota come «Tosse di Perinto» descritta nel VI libro delle Epidemie del Corpus Hippocraticum.
"il manifesto", 8 novembre 2005
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