Ho trovato nella rete, oltre alle note informative dell'editore, il primo capitolo di ALONSANFAN, l'ultimo libro di Riccardo Orioles. Orioles è "I Siciliani", "Avvenimenti", "U cuntu", è un magnifico scrittore, è un giornalista irregolare, geniale... Ma è soprattutto affidabile. E' per questo che consiglio il libro. Io vado a comprarlo, stamattina.(S.L.L. - 17 novembre 2009)
Da ragazzo, ero sostanzialmente un “compagno” – cosa che a quell’epoca era abbastanza comune − e giravo l’Italia in cerca di movimenti e lotte. A un certo punto, verso la fine degli anni Settanta, ho deciso di “mettere la testa a posto” e scegliermi una professione. Per una serie di circostanze (mi piaceva scrivere, ed ero piuttosto intraprendente) ho finito per fare il giornalista. Anzi, ho vinto un concorso dell’Ordine per cui il giornale che mi avrebbe assunto avrebbe avuto delle facilitazioni, e quindi potevo scegliere. Scelsi una famosa testata di allora. Ma, due giorni prima di prendere servizio, mi dissero che un giornalista, che io non conoscevo e si chiamava Fava, stava aprendo un giornale a Catania. Ora, proprio in quei giorni io avevo notato questo nome.
Avevo letto, in una libreria, un suo libro di cui avevo colto subito l’eccezionale valore, e mi ero meravigliato di non conoscere questo scrittore. Così, visto che faceva giornali e che io a quanto pareva adesso ero un giornalista, decisi di andare a Catania a conoscerlo. E lì restai.
Allora, nella mia vanità, pensavo di occuparmi di politica italiana ed estera, di grandi temi. Viaggiavo molto, e avevo fatto molte cose in quegli anni. Lui mi mise alla cronaca nera. Così imparai a conoscere quella povera e vivissima città, una città del Sud come tante. A poco a poco, cominciai a rendermi conto del peso che aveva la mafia (Catania, allora, non era considerata città mafiosa) ma soprattutto dei legami strettissimi che essa aveva con tutta la gente importante della città: industriali, politici, perfino poliziotti e magistrati. Così il nostro piccolo gruppo di cronisti “nuovi” (io ero il più vecchio, e non avevo trent’anni) cominciò a colpire duro. Alla fine i padroni del giornale licenziarono prima il direttore, e poi me. Noi ragazzi per un po’ occupammo il giornale poi – nessuno ci sosteneva – decidemmo di metterci in proprio e di farci un giornale nostro. Si chiamava I Siciliani: i siciliani siamo noi onesti – diceva il direttore – non quegli altri. Ebbe un successo fortissimo, era fatto bene. Nell’84 uccisero il direttore.
Non credevo che queste cose potessero succedere davvero, succedere a noi. Per qualche miracolo, riuscimmo a restare uniti e a tenere duro. I giovani di Catania, e poi delle altre città della Sicilia, ci aiutarono meravigliosamente; ma anche a Milano, per esempio, riuscimmo a fare delle bellissime assemblee.
Il giornale chiuse dopo altri due anni, perché non c’era pubblicità. Erano anni durissimi, perché non c’era denaro per nessuno, e nonostante ciò bisognava fare il giornale, andare in giro alle assemblee, organizzare, ecc. Verso l’88 entrai in contatto con dei colleghi di Roma che volevano fare un settimanale “diverso”, Avvenimenti. Andai con loro, e questo giornale riuscì abbastanza bene; io ero il caporedattore e cercavo di coinvolgere al massimo tutta la vecchia area de I Siciliani; e, in particolare, di dare uno spazio larghissimo ai giovani; in Sicilia avevo visto che era l’unica forza su cui si potesse veramente contare.
Sotto il profilo personale, la mia vita era una cosa un po’ zingaresca. C’erano periodi in cui avevo una casa mia e altri in cui dormivo al giornale o in qualche altro posto del genere. Avevo avuto una storia bellissima con una ragazza (non la prima, certo: ma questa è stata il centro della mia vita); ma il giornale, il movimento, formare persone, erano più o meno coscientemente il perno intorno a cui si muoveva tutto, per me; in questo, c’era qualcosa di bello ma anche – me ne accorgo ora – qualcosa di egoistico nei confronti di quelli che mi volevano bene e che volevano una vita tranquilla con me. Penso a quella ragazza, soprattutto.
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