5.1.13

Carteggio Mussolini-Petacci. L'unico tradimento di Claretta (Giovanni De Luna)

L’ultima lettera di Mussolini a Claretta Petacci è del 18 aprile 1945. Manca poco più di una settimana al tragico epilogo che porterà i loro corpi allo scempio di Piazzale Loreto. Pure, nel marasma in cui si sta consumando il crollo della Repubblica Sociale, quella lettera è scritta solo per rassicurare l’amante, di frenarne la gelosia («Vedo che sei sempre bene informata. Ieri sera ho ricevuto la signorina Pia Piazzi - e naturalmente sono accadute tremende cose. Non è accaduto assolutamente niente…»), introducendo toni da commedia rosa in una tragedia che stava assumendo le tinte fosche della violenza e della morte. Non c’è niente di epico in quella lettera, nessuna «ultima raffica di Salò», niente propositi di un’ultima disperata resistenza in Valtellina. 
Questa dimensione privata del Duce è uno degli aspetti più rilevanti delle lettere scritte tra l’ottobre del 1943 e l’aprile del 1945 da Mussolini alla Petacci. Il carteggio, depositato all’Archivio centrale dello Stato, ha già attirato l’attenzione degli studiosi ed è l’oggetto di un libro curato da Luisa Montevecchi uscito nel 2011. Grazie alla disponibilità dell’Archivio centrale dello Stato è stato reso accessibile nella sua completezza agli studiosi e viene ora riproposto in una trasmissione televisiva, dall’eloquente titolo Mussolini il cadavere vivente, con una selezione delle lettere più significative affiancate dalle risposte di Claretta, in un dialogo interpretato da Michele Placido e Maya Sansa.
Le lettere di Mussolini confermano molte certezze storiografiche sul suo ruolo di leader impotente (la definizione del titolo della trasmissione è dello stesso Duce), sul fallimento della Rsi, incapace di darsi un apparato istituzionale credibile, sul dominio assoluto esercitato dai tedeschi. In più, la scelta della trasmissione di intrecciarle con quelle di Claretta restituisce a quest’ultima un’immagine lontanissima dallo stereotipo dell’«amante del Duce». In particolare, quella del 20 luglio 1943 è assolutamente sbalorditiva. Accompagnata da un appunto («Non distruggere: è storia! È la verità su di me e su di te») la lettera comincia con un approccio dimesso («Ben - ascoltami... io sono una povera donna - una creatura semplice e che mai ha voluto occupare un posto oltre quello che spetta alla donna-mamma-amante e sorella...») ma poi va subito al sodo di questioni cruciali per la sopravvivenza del regime. Siamo alla vigilia del 25 luglio, nell’imminenza di quella riunione del Gran Consiglio in cui la «congiura monarchico-badogliana» prenderà la forma del colpo di Stato contro Mussolini. E Claretta scrive: «Ben rifletti... rifletti prima di riunire il Gran consiglio... io sento che questo è il famoso passo verso la fine... Ricordati che tutti sono contro di te... L’esercito tradisce tutto - la massoneria lavora - i ministri che tutto ti devono sono venduti ai loro interessi alla loro smodata smisurata ambizione - quelli in cui tu hai fede. Casa Reale ti tradisce credimi - e ti tradisce perché mai ti perdoneranno di essere più grande di loro tu figlio di un fabbro - tu nato dal popolo... Nessuna gratitudine in loro... solo interesse e freddo disprezzo… Tu non mi credi quando ti dico che Badoglio lavora... mi hai risposto – “Badoglio giuoca a bocce...” e io ti ripeto quanto ti dissi.. “si gioca a bocce ma con la tua testa...!” ».
Possibile che Claretta abbia intuito tutto quello che Ben sembrava ignorare? «Io sento - continua - questo lavorio di forze contrarie - io sento che si prepara il grosso colpo... io sento che l’inglese Grandi credendo di sostituirti in un domani - ti tradirà…!!!». Si tratta di «previsioni» così esatte da far pensare che la lettera sia stata scritta «dopo» il 25 luglio, che Claretta l’abbia rimaneggiata «conoscendo» già quello che era successo. O si tratta quindi di un «falso» consapevolmente architettato nell’atmosfera mefitica di Salò per mostrare a posteriori la propria lungimiranza o siamo in presenza di una lucidità politica davvero notevole. Ma anche nelle lettere successive Claretta si mostra una consigliera sollecita per un Duce sempre più solo e che lei rassicura con l’impeto di una fiducia assoluta nell’uomo e nel fascismo.
Claretta, in realtà, non è solo la donna innamorata che perseguita il Duce con la sua gelosia; le si offre come una collaboratrice «alla pari», gestisce una sorta di potere parallelo con la sua corte di intrighi e di spie, sceglie di morire per essere fedele non solo all’amore ma anche a una fede fascista professata fino all’ultimo.
Da Mussolini, giustamente preoccupato per la propria immagine frantumata dalla crudele sincerità di quelle lettere, arriva in maniera ossessiva l’invito a distruggerle. Claretta invece le conservò gelosamente, così da offrirle oggi agli occhi impietosi degli storici. Ed è questo il suo unico, vero tradimento nei confronti del Duce.

"La Stampa", 4/9/2012

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