Giuseppe Cassieri |
La recensione che segue, della Storia della castità di Elizabeth Abott (Mondadori, 2008), è uno degli ultimi testi dello scrittore Giuseppe Cassieri, autore - fra molto altro - de La cocuzza, da cui venne estratto un divertente film per la regia di Carlo Ludovici con protagonista Gastone Moschin. (S.L.L.)
Non saprei dire quanti lustri abbia impiegato Elizabeth Abbott, decana del Trinity College, università di Toronto, per documentare la pratica dell'astinenza (maschile e femminile, volontaria e coatta) lungo il travaglio dei secoli: dalle vestali romane al cristianesimo primitivo, dai vangeli apocrifi all'ebraismo e al buddhismo, dall'islam alla religione orfica, dalle credenze persiane a quelle indiane... Al centro dell'indagine, l'Europa bimillenaria con i suoi conflitti di coscienza e i grandi spiriti delle arti e della letteratura seminascosti nella categoria dei «diversi».
Elizabeth Abbott ci informa sobriamente come una parte considerevole della sua vita si sia modificata fino ad abbracciare essa stessa la casta solitudine. E' appena un dato biografico che presto scompare nelle fitte pagine del testo, ma ugualmente si coglie la tempra libertaria dell'autrice, il ripudio di ogni tabù, l'intolleranza degli eufemismi sia quando si occupa dei conventi ridotti a bordelli, dei Padri della Chiesa, delle Spose di Cristo, di Maria Egiziaca, prostituta d'alto bordo divenuta un'eremita ascetica; sia quando mette a confronto gli scienziati classici delle origini - Ippocrate, Galeno, Sorano... - circa la verginità imposta, i guasti provocati dal sesso inibito, la difficoltà di legittimare una donna ritenuta formalmente angelica, mediante le ingannevoli esplorazioni dell'imene. La maggioranza dei «rigoristi» condanna o innesca veleno. Ad esempio Pitagora che, incrociando un tizio desideroso di sapere quale fosse la stagione ideale per far l'amore, lo raggela con un cupo deterrente: «Quando hai intenzione di perdere tutte le forze». A contrasto, Ippocrate e Galeno giustificavano e sollecitavano l'attività del sesso, in primo luogo delle donne che rischiavano il blocco del sangue mestruale e connessi sintomi di isteria, follia, pensieri suicidi; e poi le esigenze specifiche dei maschi, col loro fluido vitale e una ragionevole frequenza del coito; in media due volte al mese. Una prescrizione magari «sparagnina», ma non distante dagli standard dei nostri giorni. Chi invece merita un sonoro schiaffo è l'America salutista di metà Ottocento che esortava la gioventù a onorare Eros una volta ogni due anni, mentre la parola d'ordine in Inghilterra era: «risparmiare tassativamente il seme». In nome del benedetto seme cresceva la moda della castità e si apparentava alla figura ideale del «gentiluomo rispettabile».
Molti i sostenitori di un'esperienza consumata nelle segrete stanze, e tra essi il filosofo empirista John Locke e il politico William Pitt, entrambi considerati «modelli di scapoli a vita». Le lotte interne contro le tensioni del proprio corpo inducono l'autrice a soffermarsi in particolare sull'umanissimo Agostino e la sua toccante preghiera: «Signore, dammi la castità e la continenza, ma non subito!». Il timore di peccare, di concupire anche nel buio infido del sonno, diventa ossessivo e da Agostino si espande sino all'era moderna. Causa nefasta è dunque la polluzione notturna: una beffa serpentina che sconvolge teologi, pensatori, abati, badesse e candidati alla santità... Come difendersi da un cecchino capace di generare incubi paragonabili al mal francese e all'odierno Aids? Si dubita fortemente che nei seminari italiani abbia avuto qualche esito incoraggiante la «paletta di purezza», ossia lo strazio di un arnese di legno utilizzato per infilarsi la camicia nei pantaloni e tenere le dita il più lontano possibile dalla zona pubica. Tormentati i casti occidentali per le eiaculazioni abusive, non lo sono di certo i vicini d'Oriente. Nella cultura islamica un venereal dream è insignificante persino nel mese del Ramadam e non viola il digiuno. Se ti svegli un po' balengo grazie alla polluzione notturna, benvenuta sia. Uomo o donna non fa differenza. La natura esonera sognatori e sognatrici da gratuiti sensi di colpa. L'anglicana Elizabeth nulla trascura del fenomeno «castità», incredibilmente diffuso nelle varie regioni del pianeta, e ci lascia liberi di attingere al ventaglio intercontinentale, scegliendo personaggi, opere ed eventi che potrebbero chiudere il cerchio. Qualche picco va comunque evidenziato: l'inno alla castità di John Milton, il Saggio sul Puttanesimo (1724) di Bernard Mandeville, l'ondata dei Power Virgins, la castita' a tempo determinato, dei devotissimi cattolici, la nebbiosa castità comunitaria, la castità impotente («Moscio come una rosa colta ieri», nei versi di un intristito Ovidio), e dovrei aggiungere «le caste nozze». Ma non sono mai riuscito a immaginarle operative e pertanto non vado oltre…
“Tuttolibri” de “La Stampa”, 5 luglio 2008
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