Henry Miller 1969 |
Ho ritrovato il vecchio ritaglio che qui “posto” nella busta degli Americani del Novecento, “adespota”, cioè senza indicazione dell’autore. La fonte è certamente “la Repubblica” e la data è anteriore al 1984. E’ la recensione da New York, eccellente, di un libro pubblicato negli Usa con le lettere di Henry Miller alla sua ultima moglie e con gli acquerelli a lei stessa dedicati. Racconta con onestà e chiarezza la storia d’amore che il libro sottende, assai bella.
Non sono stato in grado di recuperare nella rete il nome dell’autore e non mi arrischio a fare ipotesi (anche se qualche idea ce l'ho); spero che qualcuno me lo indichi a commento. (S.L.L.)
NEW YORK — L'estremo piacere che provava Henry Miller quando lo chiamavano «ariete», il «traviatore» di donne, trova riscontro — come sappiamo — nel modo brutale e spesso canagliesco da lui impiegato in quasi tutti i suoi libri nel descrivere le proprie compagne di letto. Sappiamo anche, tuttavia, che questa era una posa, uno scudo dietro cui lo scrittore celava lo struggimento (tutt'altro che sessuale) che gli davano le donne. Mancava solo di sapere quanto struggimento gli dessero.
Ora abbiamo anche quel dato, in un libro appena uscito negli Stati Uniti: Letters from Henry Miller to Hoki Tokuda Miller (Freundlich, pagg. 163), a cura di Joyce Howard. E' una raccolta che, dietro la leziosa presentazione (il volume comprende molte fotografie di Hoki e non pochi acquarelli di Miller, i più belli tra quelli da lui dedicati all'amata in lunghe notti insonni), fruga spietatamente nelle ultime voglie del vecchio e fornisce un ritratto disarmante della giovane donna. Più sconsolante ancora è la constatazione che la «scoperta» viene divulgata solo a scopo di lucro.
Lo yacht del miliardario
Hoki fu l'ultima moglie di Miller. Lo scrittore, affascinato dall' Oriente fin dal 1933, aveva passato la settantina quando l'amico Emil White gli consigliò dal Giappone di raggiungerlo per «trovare la moglie-geisha ideale, la donna perfetta». Miller gradì il suggerimento e ricordò Goethe, che alla sua età si era «dato in braccio a una diciannovenne, ricavandone effluvi di poesia», e Pablo Casal, «ferito al cuore da una ventenne» in età che più avanzata.
Con tali pezze d'appoggio, lo scrittore partì per il Giappone, conobbe Hoki, se ne invaghì, la sposò e rientrò in patria certo di aver trovato finalmente una donna che fosse al tempo stesso bella, sexy, sottomessa, dolce, tenera, appassionata e incantata dal suo genio. L'idillio durò da aprile a ottobre, dopodiché la «donna ideale» si rivelò perfetta, ma in modo completamente diverso.
Hoki era infatti avida di denaro, viziata, infedele, un «ghiacciolo a letto» (con lui), opportunista, bugiarda e incurante di tutto ciò che non fosse la sua persona: Henry e «i suoi troppi libri» compresi. Miller, ferito nel profondo, vittima di quell'amore che aveva «gestito» tutta la vita «in souplesse», si rifugiò nelle lettere. Scriveva alla moglie quando lei si trovava «all'altro capo del mondo, chissà con chi» ; le scriveva — per non poterle parlare — quando era nella stanza accanto; le scriveva soprattutto di notte: ed erano le lettere più «nude», più oneste, in cui a volte la offendeva con rabbia, a volte le rivolgeva patetiche suppliche sentimentali. Quasi sempre non le spediva.
Norman Mailer ha affermato una volta che «Henry non riuscì mai a scrivere di sesso con amore». Le lettere di questa raccolta smentiscono il giudizio. Non è chiaro se Miller cedesse alla vena sentimentale per l'età avanzata o se, per tutta la vita, non avesse fatto altro che mascherarla. E' certo però che il sentimento era una freccia del suo arco.
Pur torturato dalla volgarità di Hoki, le parlava di onani (sesso), la chiamava koi-bito (tesoro), si informava dello stato di salute della sua (di lei, Hoki) O-Manko-Sama (arma sessuale (!), pur sapendo che la moglie si trovava sullo yacht di un miliardario californiano, «a farsi beffe della luce della mia stanza».
Invano, nei momenti di ribellione, le scriveva: «Il nostro matrimonio non ha senso, non abbiamo nulla in comune». Subito dopo capitolava di nuovo: «Hoki-San, dolcezza mia, cerca di rendermi felici i tuoi ultimi giorni di lontananza. Scrivimi! Prova!». Seguivano parole da fare arrossire per il loro romanticismo mescolato all'audacia erotica di sempre. Ma quanto è stanco quell'erotismo! «Niente onani nel¬la mia mente: solo amore».
La spalla di Dio
In una delle ultime lettere Miller le confessa di avere scoperto «l’emozione più grande, il libro Cuore dell'italiano Edmondo de Amicis». Quando in Insomnia, dedicato a Hoki, racconta di avere «occultato in un vecchio baule» le lettere mai spedite, aggiunge: «Che gesto gentile, se qualcuno le recapitasse al destinatario quando io sarò due metri sotto terra! Parafrasando il mio idolo adorato potrei sussurrare: "Mia cara Koi-bito, che dolcezza poter leggere queste rabu reta [lettere d'amore] da sopra la spalla di Dio"». E poi scrive: «Come dicono i francesi, parfois il se produit un miracle, mais loin des yeux de Dieu. A Dio i miracoli non interessano».
Finito il loro matrimonio, Henry lasciò a Hoki le sue lettere, con gli acquarelli e i «souvenirs della vita», per rileggerle con lei— e con lei soltanto — «da sopra la spalla di Dio». Ma non è andata così: Hoki le pubblica, possono fruttare molto denaro. E’ l’unica probabilmente a non rendersi conto di quanto profondo e infantile fosse lo “struggimento” dell’autore di Tropico del Cancro. Chi ci rimette è lei; ma come disse una volta Miller, «chi non vede non sente».
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