Non ho trovato nel Traina
l'omologo palermitano ("amminsigghiari") di questo verbo in
uso al mio paese (Campobello di Licata) e in quelli circonvicini:
potrebbe essere una specialità della zona.
Significa "confortare",
ma si tratta propriamente dell'incoraggiamento che si dà ai bambini da parte
delle mamme o dei nonni (più raramente dei padri) quando, cadendo,
si fanno la bubù, oppure quando devono prendere un'amara
medicina o subire un'iniezione, quando sentono freddo, quando hanno paura
del tuono e del buio, quando pensano di aver patito un torto.
C'è un
"amminsigliari" dei grandi o un "amminsigliarisi"
(col valore medio-passivo di "farsi confortare") dei
piccoli immotivato, almeno in apparenza, generico: è il consolare (o farsi consolare) "dell'esser nato" di cui dice Leopardi nel Canto notturno
di un pastore errante dell'Asia. Assomiglia ad esso l'amminsigliarisi dei vecchi, che cercano sostegno per il loro essere ancora vivi e tenacemente attaccati alla vita.
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