8.2.16

Cronache giubilari. La banalità del bene (S.L.L. - micropolis gennaio 2016)

La Chiesa del no
Marco Politi, all'epoca vaticanista di “Repubblica”, intitolò nel 2009 La Chiesa del no un suo libro sconfortato sulle resistenze della gerarchia cattolica a fare i conti con il pluralismo etico che percorre società complesse come quella italiana e si manifesta tra gli stessi credenti e praticanti. Il volume verteva principalmente sui “temi eticamente sensibili”, i più scottanti nella definizione del rapporto tra Stato e Chiesa (eutanasia e testamento biologico, coppie di fatto e unioni omosessuali, aborto e legge 194, fecondazione artificiale e tutela dell'embrione) ed esplicitamente criticava il pressante interventismo della gerarchia ecclesiastica, inconcepibile in altri paesi occidentali.
Nel 2014 Politi, nel frattempo passato al “Fatto Quotidiano”, ha pubblicato per Laterza un volume di appoggio alle intenzioni di riforma del nuovo papa, l'argentino Bergoglio, Francesco tra i lupi. Il segreto di una rivoluzione, di cui è uscita a dicembre una edizione aggiornata. Il giornalista, in una intervista rilasciata a Rai News sul finire del 2015, parla di una spaccatura nella Chiesa italiana, rivelatasi in tutta la sua profondità al Sinodo dei Vescovi dell'ottobre scorso, che soltanto sulla questione della ammissione dei divorziati ai sacramenti ha sancito una limitata apertura, peraltro affidata alle chiese locali.
Il sette gennaio nel sito di “Sanfrancesco patrono d'Italia”, la rivista dei frati del Sacro Convento di Assisi, trova risalto una frase del Papa, pronunciata alla Sistina, tra un concerto di vagiti, dopo il battesimo di un gruppo di neonati: “Quando un bambino piange perché ha fame, alle mamme dico: se ha fame, dagli da mangiare qui, con tutta libertà”. Nessun divieto, dunque, da ora in poi dovrebbe essere in vigore per l'allattamento al seno nelle chiese, anche in quelle dove non sono ammesse le scollature ampie.

Galantino non è Bergoglio
Più difficile sembra, invece, l'allineamento dell'episcopato e del clero italiano all'impianto generale del Giubileo di Bergoglio, con il privilegio accordato alla “misericordia” rispetto alla “dottrina” tradizionale. I potenti dignitari che hanno impedito al Sinodo di pronunciare una parola definitiva sul riconoscimento del valore affettivo e solidale delle coppie omosessuali sono oggi all'attacco della legge sulle “unioni civili” in discussione al Parlamento, contraddicendo così le limitazioni all'interventismo sulla giurisdizione civile che Bergoglio suggeriva. L'ala integralista della Chiesa italiana aveva organizzato già nel giugno scorso una prova di forza, un Family day che aveva suscitato esplicite riserve circa l'opportunità di manifestazioni di piazza da parte di monsignor Galantino, segretario della CEI considerato vicino al Papa, e perfino del prudente arcivescovo Paglia, che guida il consiglio pontificio per la famiglia. Ora i conservatori preparano per sabato 30 gennaio una nuova più massiccia mobilitazione nel vivo del dibattito parlamentare sulla cosiddetta “riforma Cirinnà”. Si vuol così ribadire l'antica opposizione cattolica ad uno dei principi cardine dello Stato liberale, la libertà nelle scelte etiche e nei comportamenti delle singole persone fino a quando non si limiti l'altrui libertà, in nome di un principio normativo ritenuto superiore, che tende a rendere reati i peccati e legge civile i divieti imposti ai fedeli.
Il clima all'interno del cattolicesimo militante, con al centro la Conferenza episcopale italiana, è infuocato. Siti e riviste conservatori fino a poco tempo fa accusavano il suo giornale, “L'Avvenire”, di subire una “deriva galantiniana”, visto che snobbava la manifestazione del 30. A metà mese la svolta: prima un intervento del cardinale Bagnasco, presidente della Cei, poi un titolone in prima pagina sul quotidiano, infine il pronunciamento di diverse Conferenze episcopali regionali. Domenica 17, al termine della sua omelia nel duomo di Perugia, il cardinale Bassetti ha letto un documento della Conferenza episcopale umbra che impegna le strutture ecclesiali della regione ad una massiccia partecipazione al raduno romano. La “palude” dei ruiniani, i vescovi che fecero carriera al tempo di “don Camillo”, ha dunque scelto il “sussulto di dignità” e, portando “due milioni di cattolici a Roma”, pretende di moderare le frenesie riformatrici e di sottrarre il papa all'influenza dei progressisti. Galantino – dicono - non è Bergoglio; e viceversa. Il carattere che assumeranno il Giubileo e lo stesso papato di Francesco dipendono molto dal maggiore o minore successo della marcia su Roma, dal messaggio che essa lancerà, dalla tenuta del papa gesuita.
Intanto mentre Galantino senza enfasi mantiene le proprie convinzioni, Paglia - dato il suo esercitatissimo senso dell'opportunità – tace.

Pop
Intanto fa discutere in rete la performance in cui si è prodotto nella Chiesa di Santa Rita a Spoleto il cardinale Angelo Comastri, invitato dal vescovo Boccardo quale predicatore in preparazione della festa di San Ponziano. Di Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro in Vaticano, presidente della Fabbrica di San Pietro, vicario generale del papa per la Città del Vaticano e per le Ville Pontificie di Castel Gandolfo, sono noti, fin dal tempo di Benedetto XVI, gli scontri con il potente collega Tarcisio Bertone, già Segretario di Stato. Dai “bertoniani” Comastri fu prima accusato di sperperi nella Fabbrica di San Pietro, poi di essere l'ispiratore del cosiddetto “Arcangelo Gabriele”, il maggiordomo spione nel primo Vatileaks; ma gli attacchi sono miserevolmente falliti: mentre Bertone è ormai fuori gioco per le rivelazioni sul suo appartamento, Comastri conserva tutti gli incarichi, incluso quello di membro della Congregazione per le cause dei santi, colpita da sospetti di corruzione.
A Spoleto, secondo il cronista di “Tuttoggi”, Comastri non si sarebbe limitato alla monelleria di gridare “Non siate ruderi!” a un pubblico di fedeli avanti negli anni, ma così avrebbe tuonato: “Oggi i modelli non sono più i Santi, ma le persone di successo, spesso vuote, frivole e corrotte”. Ne avrebbe indicato l'esempio più tipico nella cantante pop Ciccone detta Madonna, rappresentata come mostro dell'erotismo e del satanismo: “Facendosi chiamare così offende il Nome Santissimo della Madre del Signore, la donna più bella e più limpida che sia mai apparsa sulla faccia della terra... Questi purtroppo sono i modelli ai quali i giovani si ispirano…faranno il nostro futuro? Possiamo stare tranquilli?”.
La posizione sembra speculare rispetto a quella del cardinale Ravasi, che è una specie di ministro vaticano della cultura e finanzia e ispira il “Cortile dei Gentili” di Assisi, ribattezzato quest'anno “Cortile di Francesco”, una operazione egemonica soprattutto nei confronti della cultura di sinistra. Nella sua rubrica sul domenicale del “Sole 24 Ore”, Ravasi legge da cattolico, fin quasi ad appropriarsene, la cultura laica, né si rivolge solo a figure della “cultura alta”, ma non esita a frequentare la cultura di massa e, in particolare, la musica popolare. Qualche giorno fa ha “twittato” una frase “cattolica” di David Bowie appena defunto, artista forse più geniale della Ciccone, ma di lei non meno trasgressivo.

I libri del papa
In un articolo dal titolo Il papa grafomane così scriveva a fine novembre Antonio Sgobba su “Pagina 99”: “Ogni tre giorni viene pubblicato un libro di papa Francesco. Non è un’iperbole, è una media aritmetica. Dall’inizio del pontificato alla fine del 2015 (in totale 1.023 giorni), saranno stati pubblicati 340 libri il cui autore è il pontefice: uno ogni 72 ore... Dal primo gennaio al 31 dicembre i volumi firmati in prima persona da Jorge Bergoglio quest’anno (2015, ndr) saranno 136: uno ogni 64 ore. Senza calcolare l’indotto. Vale a dire, i libri su papa Francesco: 53 solo nel 2015... Nel 2016, anno giubilare, sarà difficile che il ritmo rallenti. Per esempio, è già possibile preordinare un volume che sarà in libreria dal 12 gennaio: Il nome di Dio è Misericordia. Uscirà in contemporanea in 84 Paesi, la pubblicazione coinvolge 17 editori. Il comunicato stampa lo presenta come «il primo libro del papa». E gli altri 339? Nel testo si specifica: «il primo libro intervista». Infatti in copertina sotto il titolo, in un carattere più piccolo, si legge anche: «una conversazione con Andrea Tornielli», il vaticanista de “La Stampa”. La casa editrice precisa infatti che, a differenza di altri libri che raccolgono interviste già pubblicate, questa intervista è stata realizzata in esclusiva per il libro”.
Al centro delle iniziative per il Giubileo della Misericordia, in questo gennaio, c'è stata proprio la promozione del libro-intervista, in Italia edito da Piemme. La presentazione ufficiale è stata affidata a un cardinale italiano (Parolin), a un cardinale cinese e a Roberto Benigni, che, lontano dal tempo dello splendido Piccolo Diavolo, sembra essersi messo in linea con tutti i poteri forti.
Sui contenuti del libro-colloquio, gli stessi del Giubileo, ci toccherà tornare, fin dal prossimo mese. Qui giova sottolineare la forma comunicativa semplice e affabile, alla portata di tutti. Sulla scelta dello “stile umile” circola in rete qualche polemica, promossa soprattutto dai nostalgici dell'altro Giubileo, quello di Wojtila che tendeva gli occhi verso il mistero e si inoltrava nella profezia. Si ricorderà che, in mezzo all'ammirazione degli “atei devoti” come Giuliano Ferrara ed Ernesto Galli della Loggia, il papa polacco scelse come evento chiave di quel Giubileo la rivelazione del Terzo Mistero di Fatima. I contenuti del messaggio profetico delusero un po', ma la religiosità mitopoietica trovò ampio modo di estrinsecarsi nell'interpretazione.
In Bergoglio invece non c'è alcun volo profetico, ma una riduzione a “senso comune” di una mistica della misericordia e del reciproco “perdono”, che parte dalla costatazione che “solo chi cade può risorgere”, una sorta di banalità del bene che è la cifra stilistica più tipica, il genio di questo pontefice, fin da quando si presentò al mondo pagando il conto in albergo, salutando “buona sera” e affermando la santità del chiedere “scusa” e del rendere “grazie”.

I vescovi e la presidente
Una banalità senza genio sembra invece esprimersi nell'articolo Un Giubileo che “sa” di Umbria a firma della presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, pubblicato su “La Voce” del 15 gennaio a corredo della notizia sul “protocollo d'intesa” tra i vescovi dell'Umbria e il governo regionale sull'Anno santo. Si comincia con la “banalità storiografica” per cui l'Umbria sarebbe “particolarmente coinvolta nel Giubileo in quanto proprio qui a Perugia, 800 anni fa papa Onorio III emise la 'bolla pontificia' per il Perdono di Assisi”; si prosegue con “banalità burocratiche” come questa: “Siamo infatti consapevoli dell'esistenza di forti elementi di coerenza e profondi legami tra gli obiettivi e le azioni della regione Umbria e della Conferenza episcopale umbra, tali da rendere opportuna e necessaria l'identificazione di comuni e articolate forme di collaborazione ecc.”.
È utile e perfino inevitabile che in una regione come l'Umbria, con santuari e memorie religiose importanti e con una prevedibile intensificazione del transito di “pellegrini”, ci si metta d'accordo tra istituzioni civili e religiose per organizzare meglio eventi e presenze, ma non c'è nessun obbligo di commentare le intese, se non si ha nulla d'importante da comunicare.


“micropolis”, 27 gennaio 2016

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