Tra la fine di dicembre
1983 e l'inizio dl 1984, lo storico e critico letterario Remo
Cesarani, raccolse in un reportage le impressioni su un viaggio
professionale che aveva come tema gli studi letterari negli USA,
soprattutto nelle università. A puntate i risultati di codesta
approfondita ricognizione vennero pubblicati sul “manifesto”.
Ecco uno stralcio dal primo degli articoli, anche in ricordo di
Cesarani, un grande maestro di letteratura, collaboratore di lungo
corso con il “quotidiano comunista”. (S.L.L.)
Remo Cesarani |
Ho letto tante frasi
d'avvertimento: la letteratura si è istituzionalizzata, il critico
si è professionalizzato.
È certamente così. A
New York, per la convention del
centenario, la Modern Language Association, grande associazione
professionale di studiosi di letterature moderne, riunisce tra
il 27 e il 30 dicembre alcune migliaia tra suoi 26 mila iscritti e
riempie di folla i saloni, le sale e le salette di due mastodontici
alberghi, lo Sheraton e lo Hilton. Gli iscritti alla convention,
oltre a fare un po' di turismo natalizio, sono impegnati in due
grande tipi di attività: prendere parte, parlando o ascoltando, a
una delle circa 700 sessioni di colloquio, seminario, tavola rotonda,
congressino di settore, riunione di lavoro o o programmazione, che si
svolgono in contemporanea ai vari piani dei sue alberghi;
partecipare - come intervistatore o intervistato, cioè sedendo da
una parte o dall'altra di un tavolinetto, a uno dei 300 o più posti
d'intervista, numerati e allineati nella grande Imperial Ball-room
dello Sheraton, grande mercato di assunzioni e scambio di posti di
lavoro, per l'insegnamento delle materie letterarie e linguistiche
nelle Università americane, (da assistant professor, con tre
o quattro corsi da insegnare e uno stipendio fra i 15.000 e i 20.000
dollari, a full professor con due corsi da insegnare e uno
stipendio che può arrivare ai 50.000 dollari all'anno).
Mode e snobismi
I numeri delle
statistiche esprimono bene il processo di professionalizzazione,
soprattutto se si confrontano, per esempio, i dati della convention
del 1958 con quella del 1983, tutt'e due tenute a New York. La
convention del 1958 - che ricordo personalmente - durò due giorni e
mezzo. Il programma, di 31 pagine a stampa, comprendeva 87 sessioni,
distinte in assemblee plenarie e gruppi di discussione. Scarsa
presenza della letteratura americana rispetto a quella inglese (una
sezione contro quattordici); grande tradizione germanistica (5
sezioni, rispetto alle 6 francesi, 5 spagnole, 2 italiane, 2 slave);
letteratura comparata intesa alla vecchia maniera come studio degli
influssi e scambi reciproci (anglo - francesi, anglo - tedeschi,
franco - tedeschi); prima timida presenza quella che oggi si chiama
teoria letteraria, in una sezione intitolata «Poetica e teoria
letteraria» in cui parlò brevemente René Wellek, poi Thomas A.
Sebeok riferì sulla conferenza tenuta durante l'estate
all'Università dell'Indiana su Style in Language, e infine
Roman Jakobson, capelli bianchi e volto affilato, ripeté qui, nella
sala dello Skytop dell'Hotel Statler (giustamente la teoria
letteraria era quasi in cima al grattacielo), il suo famoso saggio di
fondazione su «Poetico e linguistico». Più in tono con i tempi era
forse un altro degli argomenti generali: «Letteratura e società»,
con interventi di Mark Schorer sulle responsabilità dell'uomo di
lettere, Hiran Haydn della casa editrice Random House sulle
responsabilità dell'editore e Carlos Baker sulle responsabilità del
critico. Fra gli italiani: John Freccero su Dante e Nicholas Perella
su Poe e Leopardi. Su 228 partecipanti ai seminari e dibattiti, le
donne erano solo 22 (il 9,6%), mentre le donne iscritte alla Mia
erano allora il 19%. Nessuno dei partecipanti si occupò di argomenti
come gli scrittori neri, le donne scrittrici, le espressioni
letterarie delle minoranze etniche, ecc.
Il programma del 1983, di
123 pagine, annovera circa 1300 persone impegnate direttamente, come
direttori di discussione, conferenzieri, partecipanti a dibattiti,
nella convention. Le donne ne formano ormai il 40% circa, con minimo
scarto rispetto a una percentuale di iscritte del 44%. Ma ciò che
colpisce, oltre a questi dati quantitativi, è la misura gigantesca
che ha ormai preso la convention e la straordinaria varietà
degli argomenti trattati. Circa 50 sessioni di argomento teorico;
rapporti con le scienze; problemi della traduzione; problemi
professionali e sindacali; teoria linguistica; la letteratura
americana che ormai si è presa una bella fetta di attenzione (95
sessioni, rispetto alle 109 della letteratura inglese); boom delle
letterature iberiche ispano-americane (59 sessioni), che hanno ormai
superato quella francese (53 sessioni) e quella tedesca (45
sessioni); buona presenza di quella italiana (14 sessioni); molte
letterature minori; presenza forte del cinema, della televisione,
delle arti visive.
Fra gli argomenti, c'è
tutto il ventaglio delle mode e anche degli snobismi del momento: al
di là del giudizio e dei sentimenti: un metodo sperimentale
nell'insegnamento della letteratura: l'immagine della divinità
femminile nella poesia delle donne; i fantasmi della teologia nella
teoria letteraria contemporanea; ha la costituzione dei dipartimenti
incoraggiato le tradizioni nazionali nella teoria letteraria?;
autore, libro, editore: la Franch connection;
istituzionalizzazione e professionalizzazione degli studi
letterari; T.S. Eliot come erede di Oscar Wilde; la sessualità
lesbica e gay e la trasformazione dei generi; Studi classici e
letteratura moderna: vino nuovo e topoi vecchi; scrittori «neri»
sconosciuti; Puskin, Dumas, Ortiz; dipartimenti di inglese in buoni
rapporti con gli ambienti d'affari e professionali; scrittrici
indiane d'America: archetipi, guaritrici e creatrici di poesia e
narrativa; l'uso del film (e della Tv) per insegnare Shakespeare in
modi non tradizionali; mitizzazione del sé: il suicidio come
espressione artistica; Shakespeare adattato in forma operistica; la
decostruzione e la morte di Dio; sgualdrine, sudicione, soubrettes e
seduttrici; il quoziente mimetico del realismo magico; l'insegnamento
della critica lettararia: problemi di autorità; il postmoderno: dove
sta 1'«altro»?; la cultura popolare e lo spirito del luogo; il sub
testo materno; incontri con Freud: Dora, Lou Salomé, H.D.; la
prefazione come genere; la centralità di David Ignatow; androginia
romantica; come le case editrici vendono i vostri libri: mercato,
testi ed editori universitari descrivono i loro metodi commerciali;
per una pratica del far conferenze; amanti, muse e ninfette: donne
nell'arte di Nabokov; aspetti culinari della letteratura francese
contemporanea; il desiderio nei costumi di gala rappresentati
dall'arte e dalla letteratura del Rinascimento; uso sociale della
metafora: sui rapporti tra metafora e ideologia; la poetica
dell'incantamento: evasioni letterarie nella storia dal periodo
romantico al moderno; linguaggio e potere: testi letterari; Wallace
Stevens come altro: alcune nuove frames; trattamento
dell'ubriachezza e dell'alcolismo nella letteratura moderna
americana; l'uso delle tecniche drammatiche nell'insegnamento di una
lingua straniera»; ecc ecc
Ritorno al basic
E tuttavia i fenomeni
della professionalizzazione e della specializzazione spinta degli
studi letterari si accompagnano a una forte diminuzione di prestigio
nella cultura media e nella società. Nella scuola media americana,
inferiore e superiore, l'insegnamento della letteratura è in uno
stato disastroso e il livello della literacy, cioè
dell'abilità a leggere e scrivere con un minimo di correttezza è a
un basso storico. Le lingue straniere sono considerate generalmente
un lusso abbastanza inutile e molte università hanno abolito, fra le
prove di ammissione quella di lingua straniera. La cultura media,
orientata sul business, sul management e sulle capacità
pratiche ed esecutive delle grandi masse di ceto medio ha da tempo
relegato fra le cose vecchie ed inutili, anche se gentili o sublimi,
l'interesse per il passato storico e quello per il patrimonio
letterario nazionale o universale. Due aneddoti alla svelta: uno
studente appena ammesso nella prestigiosissima Harward, simpatico ed
intelligente, intenzionato a seguire gli studi letterari, ha visto
per la prima volta Moby Dick a casa nostra e si è stupito di
quanto fosse grosso il libro di Melville; una gentile signora,
addetta ad accogliere i visitatori nel museo delle balene sull'isola
di Nantucket, nei luoghi quindi del romanzo di Melville, avendo io
nominato Moby Dick, ha mormorato: «sì, è tanto che ne sento
parlare; bisognerà proprio che un giorno o l'altro lo legga»).
La parola d'ordine back
to bastes, lanciata per le scuole americane negli ultimi anni da
commissioni governative, gruppi di opinione e dalla stampa, si
propone l'obiettivo pedagogico minimo di fornire agli studenti delle
superiori le capacità essenziali del saper leggere, scrivere e far
di conto (per manovrare un computer, come richiede ormai gran parte
delle attività professionali, bisogna saper scrivere correttamente e
conoscere le operazioni algebriche elementari). Un simile obiettivo,
che è considerato primario e irrinunciabile, è anche molto
riduttivo e può significare: via le eleganze e le sottigliezze della
scrittura, via la comprensione di testi difficili per struttura
formale o ricchezza concettuale, via il confronto con le altre
culture.
“il manifesto” 18
settembre 1984
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