6.3.17

Dicembre 1983. Una cronaca letteraria dagli USA (Remo Ceserani)

Tra la fine di dicembre 1983 e l'inizio dl 1984, lo storico e critico letterario Remo Cesarani, raccolse in un reportage le impressioni su un viaggio professionale che aveva come tema gli studi letterari negli USA, soprattutto nelle università. A puntate i risultati di codesta approfondita ricognizione vennero pubblicati sul “manifesto”. Ecco uno stralcio dal primo degli articoli, anche in ricordo di Cesarani, un grande maestro di letteratura, collaboratore di lungo corso con il “quotidiano comunista”. (S.L.L.)  
Remo Cesarani
Ho letto tante frasi d'avvertimento: la letteratura si è istituzionalizzata, il critico si è professionalizzato.
È certamente così. A New York, per la convention del centenario, la Modern Language Association, grande associazione professionale di studiosi di letterature moderne, riunisce tra il 27 e il 30 dicembre alcune migliaia tra suoi 26 mila iscritti e riempie di folla i saloni, le sale e le salette di due mastodontici alberghi, lo Sheraton e lo Hilton. Gli iscritti alla convention, oltre a fare un po' di turismo natalizio, sono impegnati in due grande tipi di attività: prendere parte, parlando o ascoltando, a una delle circa 700 sessioni di colloquio, seminario, tavola rotonda, congressino di settore, riunione di lavoro o o programmazione, che si svolgono in contemporanea ai vari piani dei sue alberghi; partecipare - come intervistatore o intervistato, cioè sedendo da una parte o dall'altra di un tavolinetto, a uno dei 300 o più posti d'intervista, numerati e allineati nella grande Imperial Ball-room dello Sheraton, grande mercato di assunzioni e scambio di posti di lavoro, per l'insegnamento delle materie letterarie e linguistiche nelle Università americane, (da assistant professor, con tre o quattro corsi da insegnare e uno stipendio fra i 15.000 e i 20.000 dollari, a full professor con due corsi da insegnare e uno stipendio che può arrivare ai 50.000 dollari all'anno).

Mode e snobismi
I numeri delle statistiche esprimono bene il processo di professionalizzazione, soprattutto se si confrontano, per esempio, i dati della convention del 1958 con quella del 1983, tutt'e due tenute a New York. La convention del 1958 - che ricordo personalmente - durò due giorni e mezzo. Il programma, di 31 pagine a stampa, comprendeva 87 sessioni, distinte in assemblee plenarie e gruppi di discussione. Scarsa presenza della letteratura americana rispetto a quella inglese (una sezione contro quattordici); grande tradizione germanistica (5 sezioni, rispetto alle 6 francesi, 5 spagnole, 2 italiane, 2 slave); letteratura comparata intesa alla vecchia maniera come studio degli influssi e scambi reciproci (anglo - francesi, anglo - tedeschi, franco - tedeschi); prima timida presenza quella che oggi si chiama teoria letteraria, in una sezione intitolata «Poetica e teoria letteraria» in cui parlò brevemente René Wellek, poi Thomas A. Sebeok riferì sulla conferenza tenuta durante l'estate all'Università dell'Indiana su Style in Language, e infine Roman Jakobson, capelli bianchi e volto affilato, ripeté qui, nella sala dello Skytop dell'Hotel Statler (giustamente la teoria letteraria era quasi in cima al grattacielo), il suo famoso saggio di fondazione su «Poetico e linguistico». Più in tono con i tempi era forse un altro degli argomenti generali: «Letteratura e società», con interventi di Mark Schorer sulle responsabilità dell'uomo di lettere, Hiran Haydn della casa editrice Random House sulle responsabilità dell'editore e Carlos Baker sulle responsabilità del critico. Fra gli italiani: John Freccero su Dante e Nicholas Perella su Poe e Leopardi. Su 228 partecipanti ai seminari e dibattiti, le donne erano solo 22 (il 9,6%), mentre le donne iscritte alla Mia erano allora il 19%. Nessuno dei partecipanti si occupò di argomenti come gli scrittori neri, le donne scrittrici, le espressioni letterarie delle minoranze etniche, ecc.
Il programma del 1983, di 123 pagine, annovera circa 1300 persone impegnate direttamente, come direttori di discussione, conferenzieri, partecipanti a dibattiti, nella convention. Le donne ne formano ormai il 40% circa, con minimo scarto rispetto a una percentuale di iscritte del 44%. Ma ciò che colpisce, oltre a questi dati quantitativi, è la misura gigantesca che ha ormai preso la convention e la straordinaria varietà degli argomenti trattati. Circa 50 sessioni di argomento teorico; rapporti con le scienze; problemi della traduzione; problemi professionali e sindacali; teoria linguistica; la letteratura americana che ormai si è presa una bella fetta di attenzione (95 sessioni, rispetto alle 109 della letteratura inglese); boom delle letterature iberiche ispano-americane (59 sessioni), che hanno ormai superato quella francese (53 sessioni) e quella tedesca (45 sessioni); buona presenza di quella italiana (14 sessioni); molte letterature minori; presenza forte del cinema, della televisione, delle arti visive.
Fra gli argomenti, c'è tutto il ventaglio delle mode e anche degli snobismi del momento: al di là del giudizio e dei sentimenti: un metodo sperimentale nell'insegnamento della letteratura: l'immagine della divinità femminile nella poesia delle donne; i fantasmi della teologia nella teoria letteraria contemporanea; ha la costituzione dei dipartimenti incoraggiato le tradizioni nazionali nella teoria letteraria?; autore, libro, editore: la Franch connection; istituzionalizzazione e professionalizzazione degli studi letterari; T.S. Eliot come erede di Oscar Wilde; la sessualità lesbica e gay e la trasformazione dei generi; Studi classici e letteratura moderna: vino nuovo e topoi vecchi; scrittori «neri» sconosciuti; Puskin, Dumas, Ortiz; dipartimenti di inglese in buoni rapporti con gli ambienti d'affari e professionali; scrittrici indiane d'America: archetipi, guaritrici e creatrici di poesia e narrativa; l'uso del film (e della Tv) per insegnare Shakespeare in modi non tradizionali; mitizzazione del sé: il suicidio come espressione artistica; Shakespeare adattato in forma operistica; la decostruzione e la morte di Dio; sgualdrine, sudicione, soubrettes e seduttrici; il quoziente mimetico del realismo magico; l'insegnamento della critica lettararia: problemi di autorità; il postmoderno: dove sta 1'«altro»?; la cultura popolare e lo spirito del luogo; il sub testo materno; incontri con Freud: Dora, Lou Salomé, H.D.; la prefazione come genere; la centralità di David Ignatow; androginia romantica; come le case editrici vendono i vostri libri: mercato, testi ed editori universitari descrivono i loro metodi commerciali; per una pratica del far conferenze; amanti, muse e ninfette: donne nell'arte di Nabokov; aspetti culinari della letteratura francese contemporanea; il desiderio nei costumi di gala rappresentati dall'arte e dalla letteratura del Rinascimento; uso sociale della metafora: sui rapporti tra metafora e ideologia; la poetica dell'incantamento: evasioni letterarie nella storia dal periodo romantico al moderno; linguaggio e potere: testi letterari; Wallace Stevens come altro: alcune nuove frames; trattamento dell'ubriachezza e dell'alcolismo nella letteratura moderna americana; l'uso delle tecniche drammatiche nell'insegnamento di una lingua straniera»; ecc ecc

Ritorno al basic
E tuttavia i fenomeni della professionalizzazione e della specializzazione spinta degli studi letterari si accompagnano a una forte diminuzione di prestigio nella cultura media e nella società. Nella scuola media americana, inferiore e superiore, l'insegnamento della letteratura è in uno stato disastroso e il livello della literacy, cioè dell'abilità a leggere e scrivere con un minimo di correttezza è a un basso storico. Le lingue straniere sono considerate generalmente un lusso abbastanza inutile e molte università hanno abolito, fra le prove di ammissione quella di lingua straniera. La cultura media, orientata sul business, sul management e sulle capacità pratiche ed esecutive delle grandi masse di ceto medio ha da tempo relegato fra le cose vecchie ed inutili, anche se gentili o sublimi, l'interesse per il passato storico e quello per il patrimonio letterario nazionale o universale. Due aneddoti alla svelta: uno studente appena ammesso nella prestigiosissima Harward, simpatico ed intelligente, intenzionato a seguire gli studi letterari, ha visto per la prima volta Moby Dick a casa nostra e si è stupito di quanto fosse grosso il libro di Melville; una gentile signora, addetta ad accogliere i visitatori nel museo delle balene sull'isola di Nantucket, nei luoghi quindi del romanzo di Melville, avendo io nominato Moby Dick, ha mormorato: «sì, è tanto che ne sento parlare; bisognerà proprio che un giorno o l'altro lo legga»).
La parola d'ordine back to bastes, lanciata per le scuole americane negli ultimi anni da commissioni governative, gruppi di opinione e dalla stampa, si propone l'obiettivo pedagogico minimo di fornire agli studenti delle superiori le capacità essenziali del saper leggere, scrivere e far di conto (per manovrare un computer, come richiede ormai gran parte delle attività professionali, bisogna saper scrivere correttamente e conoscere le operazioni algebriche elementari). Un simile obiettivo, che è considerato primario e irrinunciabile, è anche molto riduttivo e può significare: via le eleganze e le sottigliezze della scrittura, via la comprensione di testi difficili per struttura formale o ricchezza concettuale, via il confronto con le altre culture.


“il manifesto” 18 settembre 1984

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