Il testo che segue,
semplice e profondo, è la prefazione della silloge Ad ora incerta
(Einaudi, 1984) che raccoglie le liriche già pubblicate nel
volumetto L'osteria di Brema
(Vanni Scheiwiller, 1975) ed altre comparse, in massima parte, su “la
Stampa” di Torino, con l'aggiunta di alcune traduzioni, soprattutto
da Heine. A me sembra una pagina degna di figurare in una ideale
antologia universale sull'arte della prefazione. (S.L.L.)
In tutte le civiltà,
anche in quelle ancora senza scrittura, molti, illustri e oscuri,
provano il bisogno di esprimersi in versi, e vi soggiacciono:
secernono quindi materia poetica, indirizzata a se stessi, al loro
prossimo o all'universo, robusta o esangue, eterna o effimera. La
poesia è nata certamente prima della prosa. Chi non ha mai scritto
versi?
Uomo sono. Anch'io, ad
intervalli irregolari, «ad ora incerta», ho ceduto alla spinta: a
quanto pare, è inscritta nel nostro patrimonio genetico. In alcuni
momenti, la poesia mi è sembrata più idonea della prosa per
trasmettere un'idea o un'immagine. Non so dire perché, e non me ne
sono mai preoccupato: conosco male le teorie della poetica, leggo
poca poesia altrui, non credo alla sacertà dell'arte, e neppure
credo che questi miei versi siano eccellenti. Posso solo assicurare
l'eventuale lettore che in rari istanti (in media, non più di una
volta all'anno) singoli stimoli hanno assunto naturaliter una
certa forma, che la mia metà razionale continua a considerare
innaturale.
Nessun commento:
Posta un commento