Una parte della quinta
strada che costeggia Central Park si chiama Museum Miles. Il
Guggenheim, il Met, il museo del design, si susseguono uno dopo
l'altro, tra musei più piccoli e relativamente meno famosi. Uno di
questi è il Jewish Museum, ospitato in un bell'edificio in stile
(finto) gotico di inizio novecento. Siamo a New York naturalmente, e
il museo è uno dei più importanti per quanto riguarda l'arte e la
cultura ebraica degli Stati Uniti. Forse si perde in mezzo a mille
altre attrattive nella grande mela, ma in questo periodo vale ancor
più la pena fermarsi per una visita. Fino al 25 marzo infatti il
museo ospita una mostra dai titolo "The Radical Camera: New York's
Photo League, 1936-1951", più di centocinquanta foto in bianco e
nero di questo eterogeneo gruppo/associazione/club di fotografi
attivi dagli anni del post crisi del '29 fino all'inizio del
maccartismo.
Molti membri erano ebrei, il museo possiede alcune di
queste fotografie e ne ha così richieste altre (soprattutto dal
Columbus Museum of Art nell'Ohio) organizzando questa importante
esposizione che si muove in ordine cronologico. Non si tratta di
fotografi e periferici, ma della storia della fotografia americana,
soprattutto di quella con scopi e intervento sociale. Se non
dichiaratamente socialisti o comunisti, molti dei circa 90 membri (un
terzo donne) che gravitarono intorno alla Photo League erano
interessati a raccontare il lato meno conosciuto di New York, e
dell'America: neri, poveri, outcast, senza casa, ma anche
militanti e proteste furono i soggetti principali immortalati dalle
macchine fotografiche di questi pionieri della fotografia impegnata.
Come disse Lisette Model, una delle più importanti del gruppo. «La
cosa che più mi sconvolge e che davvero prova a cambiare è la
tiepidezza, l'indifferenza, il fare fotografie che non sono
importanti».
Nell'esposizione, curata
da Mason Klein e Catherine Evans, si parte dagli anni Venti, prima
della fondazione ufficiale del
gruppo, con alcune foto del
sociologo-fotografo Lewis Hine, come Power house mechanic working
on steam pump, del 1920, e Newsboy and a Woman, dove un
giovanissimo venditore di giornali ruba la scena ad una borghesissima
donna ben vestita. È difficile fare una lista inclusiva di tutti i
membri le cui foto sono esposte, ancor più complicato stabilire chi
fu più o meno importante, in un'associazione che fu davvero una
cooperativa: sicuramente Sid Grossman fu uno dei più significativi,
e poi Berenice Abbot, di cui è esposta l'iconica Zito’s Bakery,
o Paul Strand, uno dei fondatori. Tra le diverse foto di quest'ultimo
è esposta anche un'enorme svastica con scheletro «messo in croce»,
una delle poche foto esplicitamente politiche. Ma del resto anche le
due figure, un uomo e una donna, che camminano vicino all'appena
costruito edificio della Federal Reserve, senza guardarsi, mettendo
in scena «l'alienazione dell'uomo contemporaneo» sicuramente sono
anche qualcosa di molto politico, una riflessione sull'incapacità di
dialogare e sulla spaventosa concretezza del capitalismo di marmo
della zona intorno a Wall Street - che proprio nella prima parte del
ventesimo secolo veniva eretto. Del resto è anche innegabile, come
sottolineano gli ottimi pannelli, che nell'ultima parte (fine anni
Quaranta) della Photo League prevalgono anche interessi prettamente
estetici, in parte abbandonando la politica. Non abbastanza secondo
l’FBI e il Dipartimento di Giustizia che alla fine del 1947 mise la
cooperativa sulla lista nera, considerandola «totalitaria, fascista,
comunista o sovversiva».
Poi ci si mise la solita
infiltrata, tal Angela Calomiris, una star del genere, che accusò
Grossman del terribile crimine di essere comunista, e nel '49 la
frittata era fatta. Malgrado la resistenza e la volontà di far
vedere le loro «buone intenzioni», tra cui un'imponente esposizione
intitolata «This Is the Photo League», l'organizzazione capitolò
lentamente. Alcuni, come Grossman stesso, non si ripresero mai del
tutto da questo marchio che li escludeva in parte dalla società
(morirà nel 1955, dopo essersi ritirato in campagna), altri membri
invece rimasero molto attivi e presero diverse strade. Tra questi va
segnalato come caso a parte il famigerato Weegee, al secolo Arthur
Fellig. Uno dei più importanti fotografi di cronaca nera della sua
generazione, era famoso per arrivare sui luoghi del crimine prima
della polizia, o allo stesso tempo. Lavorerà poi anche come regista
e, tra le altre cose, sarà consulente di Kubrick per Doctor
Strangelove. Soltanto un paio di foto di nera, tra cui una
toccante scena con un omicidio e una donna afroamericana, sono
presentate dagli organizzatori, che danno invece molto risalto ad
un'altra opera di Weegee, il bellissimo portatore di bagel nella
notte.
Ottima idea infine quella
di presentare una coda, composta dal cortometraggio di sei minuti NYC
Weights and Measures (2006) di Jem Cohen. Piccolo documentario
lirico urbano, con la camera che vaga libera per le strade di New
York immortalando la vita dei primi anni duemila. Libertà non
necessariamente gradita: nel 2005 infatti, girando dal vivo, Cohen ha
avuto seri problemi con il Joint Terrorism Task Force (l'agenzia
contro il terrorismo) e l'FBI per «national security concerns».
Siamo ben lontani dal maccartismo, ma ci sono cose che nell'America
post 9/11 possono ancora disturbare.
Alias-il manifesto 17
Marzo 2012
Nessun commento:
Posta un commento