Gino Scartaghiande |
E non era cominciata l’ora
dappoco oscurata da una meraviglia
eterna; come i crinali lungo i monti
che vanno da una luna all’altra
vedendo la sua sera.
Pare che s’apre lunghesso il
vento. Calmo, come alcuno rumore
mai, che cala
conforme l’una sua
erta pendice: non hai tu mai
veduto come tra la dura siepe
s’effondi pure l’eco
di tua meraviglia, sapere
solo dove corpo tace
infatti chiude altra cosa
oltre presenza.
E s’alzano di punto
in bianco, uno scaturire
bianco ed un respirare solo.
S’aprono frapposti quasi
biancospini, che splendono
d’intorno cuori,
ora che già sembrano tali.
Se fosse vero che tu non hai
corpo che un manto di sole
che scintilla e non saresti
per così poco indetta delle notti
allo schianto che fragoroso
si frappone invece di uno corpo
la spada sulla nuda pietra
altra sarebbe infine lo splendore
e il tuo non esserti più giù rimessa.
Per noi soltanto avendoti
altra della pace serena
è un viso tra le foglie.
Come durano più a lungo
questo qualcosa tra cielo e terra
rotto in un lungo gesto della spada
né Egli non meno che nudo attende
la vinta stagione delle erbe.
da Oggetto e circostanza, Il
labirinto, 2016
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