Privilegiata più per
l’appartenenza a una famiglia triestina laica, anticonformista,
mezza ebraica e di cultura mitteleuropea, che per abbondanza di
risorse, avrebbe potuto restare «stupida... ancorata al ghetto di
provenienza». La curiosità per una realtà che stava rapidamente
cambiando l’ha invece spinta a guardare più lontano cercando le
risposte che avrebbero arricchito di senso la sua vita. Dopo la
pittura, per Luciana Castellina è stata la politica la molla per La
scoperta del mondo come recita il titolo del suo bellissimo libro
costruito sul filo di un diario degli anni 1943-1947. Il periodo è
cruciale e Castellina, prendendo spunto dalle annotazioni di allora,
lo ripercorre senza retorica o censure, e a volte con humour.
La quattodicenne che vive
gli eventi con smarrimento e superficialità, provando fastidio per
l'invasione di vecchie zie e parenti ebrei nascosti in casa, qualche
anno dopo sente che il vago antifascismo familiare non l’aiuta a
capire e che i divertimenti del suo gruppo pariolino non le bastano.
Compagna di classe di Anna Maria Mussolini, l’adolescente che ha
visto a Villa Torlonia i primi film, nel prestigioso liceo Tasso
trova «un punto di riferimento centrale» che orienta i suoi
interrogativi esistenziali. Mentre un professore come Giuseppe
Petronio, socialista, l’aiuta «a dipanare la matassa ingarbugliata
di scarsi e frettolosi apprendimenti», il nucleo clandestino di
studenti collegati alla Resistenza romana la intriga. Di loro - Citto
Maselli, Lietta Tornabuoni, i fratelli Savioli -, si parla in gran
segreto e anche lei vorrebbe agii, ma è «piccola» e troppo
«pariolina».
Per Luciana Castellina,
il noviziato comincerà nell’autunno del 1946. Introdotta dagli
studenti comunisti del Tasso nel Fronte della gioventù, partecipa a
riunioni e collettivi in cui si discute di questione sociale, visita
mostre, frequenta giovani artisti impegnati come Dorazio e Perilli.
Ora il suo mondo «stupidino e perbene, salta in aria», sostituito
da quello «variopinto e iperplurale» che scopre nei viaggi
organizzati dal Fronte a Parigi e Praga dove nell’estate del ‘47
si svolge il Festival mondiale della gioventù e si riunisce il
Consiglio dell’Unione Internazionale Studenti. «L’esplosione di
gioia di una nuova generazione... che in una babele di lingue, si
racconta le proprie storie» è tale da spingerla ad «arruolarsi»
nella brigata di volontari per costruire una ferrovia nella
Jugoslavia distrutta. Nella cronaca di quei giorni, l’emozione
dell’esperienza vissuta da una gioventù noncurante dei disagi e
della fatica in nome dei grandi ideali è restituita con
straordinaria forza.
Al ritorno, convinta che
«guardare il mondo senza far niente» è immorale, Castellina
diciottenne entra nel Pci. In termini di «obbedienza» e di
«bigottismo» dei dirigenti di partito, il prezzo è alto ma la
gavetta nelle borgate romane per «educare le donne» e l'incontro
con il mondo dei diseredati sarà «una straordinaria esperienza di
vita e di politica vera». A una lunga militanza «acritica», durata
fino all’occupazione sovietica di Praga nel ‘68, seguiranno com’è
noto l’espulsione dal Partito per «l’eretica fondazione de Il
Manifesto» e il rientro nel 1985. Da allora, Luciana Castellina ha
seguitato a «condividere la passione di cercare di cambiare il
mondo» e a «scavare per il comunismo» come recita un bel manifesto
augurale per i suoi ottant’anni.
Scritto per esortare i
tre nipoti a non restare «chiusi nella gabbia asfittica del loro
ceto», La scoperta del mondo oltreché racconto di una
iniziazione alla vita risulta un’avvincente microstoria in cui tra
patriottismo ed emigrazione, quotidianità borghese, fascismo,
persecuzione razziale e liberazione, si sdipana la vicenda di tre
generazioni.
Tuttolibri La Stampa, 4 marzo 2011
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