Riprendo - a due anni di
distanza - un'intervista di Pagina 99 a Marcello Pera. Mi pare
tuttora utile a capire alcuni aspetti della vicenda politica
italiana. (S.L.L.)
Marcello Pera sta
rimettendo a posto i libri, le scatole. Finisce un trasloco. Lascia
Roma e se ne torna in Toscana. Il simbolo del centrodestra oggi?
«Eccomi», dice con un sorriso abbozzato, «sono io che torno con le
mie carabattole a Lucca… Alla Capitale ho già dato», dice a
pagina99. Filosofo, già presidente del Senato, Pera è uno dei
professori che nel 1994 stavano con Silvio Berlusconi.
Senatore, perché nel
centro destra non nasce qualcosa di nuovo?
Penso che la domanda sia
mal posta, se riferita a Forza Italia. In quella parte del centro
destra lì è già nato qualcosa: è nato Renzi. E se a Renzi
riuscirà di fare un altro po’ di cammino con l’eliminazione di
ciò che di comunista è rimasto nel suo partito, quel centro destra
sarà tutto renziano. Per capirlo si deve guardare a Verdini.
Verdini?
Sì, se uno guarda a
Verdini senza l’odore dello zolfo che gli hanno spruzzato addosso i
grandi giornali, i quali, dopo Dell’Utri e Previti, hanno ancora
bisogno di un demonio per palpeggiarsi l’anima bella, capisce che
l’evoluzione di buona parte dell’elettorato di Forza Italia va
esattamente nella sua direzione. Verdini va visto come un umore, un
sentimento, e una politica. È un vero berlusconiano, uno che annusa
il tartufo e lo scava in silenzio e con perizia. Non è solo furbo
come lo dipingono, è intelligente come neanche sospettano.
Ma che c’entra
Verdini con la rivoluzione liberale e la rivoluzione liberale con
Renzi?
Parliamo ancora di Forza
Italia. Che cosa voleva il grosso del suo elettorato, composto di
ex–dc, ex–psi e cani sciolti, allo sbando dopo la caduta del
Muro, e a piede libero dopo la mannaia di Mani Pulite? Voleva dare
uno schiaffo ai sindacati. Renzi l’ha fatto. Voleva dare una
strattonata ai magistrati. Renzi l’ha fatto. Voleva non farsi
schiacciare dall’alta burocrazia dello Stato, corrotta assai più
dei politici e dell’italiano medio. Renzi l’ha fatto. Voleva non
pagare l’imposta sulla casa. Renzi lo fa. Naturalmente, quello
stesso elettorato voleva anche le transazioni in contanti per
evadere, voleva controllare la tv di Stato per garantirsi il potere,
voleva le manette agli evasori a parole, voleva ridurre le tasse a
chiacchiere. Bene, tutto questo lo vuole anche Renzi. E si può
scendere nei particolari. Berlusconi prometteva le dentiere gratis,
Renzi promette ai giovani un sussidio annuo per le discoteche gratis.
Berlusconi doveva difendere la sua famiglia. Renzi, oltre alla sua,
deve difendere anche la famiglia Boschi. Il club Mediaset prima, il
circolo catto–demo–massonico adesso. Non è continuità col
centro destra questa? Vogliamo poi parlare dei cosiddetti diritti
civili di donne e omosessuali? Forse che Mara la pensava diversamente
da Maria Elena? Forse il centro destra non aveva i suoi bravi
cattolici? C’era già tutto in Forza Italia, comprese le Cirinnà.
Dimentica l’Europa e
il populismo. Lì c’è rottura.
Non lo dimentico. Vi
risulta che in Forza Italia siamo mai stati europeisti alla Ciampi,
alla Prodi, alla Monti, alla Letta? Ci chiamavano euroscettici perché
non ci piaceva il Reich, esattamente come Renzi adesso. E avevamo
ragione. L’Europa non sta più ritta neppure sugli stecchi. Quanto
al populismo è vero, c’è rottura. Ma neppure adesso quelli di
Forza Italia sono populisti. Semplicemente, è accaduto che, entrata
in crisi la leadership di Berlusconi, i leghisti hanno fatto di
rimbalzo un passo indietro, verso i ruggiti delle origini, e lo
stesso hanno fatto i missini, verso il nazionalismo, pensando
entrambi non a governare ma a raccogliere voti. Sfortuna vuole che
Salvini non sia politicamente dotato come Bossi, e la Meloni non così
astuta nella gestione del potere di rendita come Fini”.
Tutto questo suona
paradossale. È come se lei dicesse che il centro destra è vivo e
vegeto!
Tanto vegeto non mi pare,
perché Renzi non ha ancora portato a termine il suo disegno, che è
il partito della nazione, e rischia di saltare prima. Per mano della
magistratura o mano europea, con un golpe tipo Napolitano–Monti. E
non mi pare neanche tanto vivo, perché la classe politica di Renzi
non ha ancora espresso un partito suo proprio e non è sicuro che ce
la faccia. A Renzi potrebbe accadere da un momento all’altro quello
che è successo a Berlusconi: di soccombere prima di aver costruito
un’egemonia politica e culturale stabile. E forse si è già
pentito di non essere andato al voto subito dopo le elezioni europee,
per chiedere quello che ha sempre chiesto Berlusconi: di dargli il
51% per completare l’opera.
Mi sembra un altro
paradosso. A sentir lei, sembra che Renzi continui la rivoluzione
liberale.
Qui bisogna essere
onesti. La rivoluzione liberale è stato uno slogan felice, che
coglieva un’esigenza. Berlusconi e Renzi hanno tentato di tradurlo
in pratica per quel tanto che è possibile in un paese che non è
liberale e di autenticamente liberale vuole ben poco, salvo la
libertà di fare i cavoli propri, il che però non è liberale. Ha
notato che liberale è una pacca sulle spalle che si danno alcuni
bravi commentatori e intellettuali per dirsi l’un l’altro che
loro sono i più intelligenti di tutti? Che non hanno colpe? Che lo
sapevano e l’avevano detto prima? Solo che, prima, erano muti o
stavano sempre da un’altra parte, quella di sinistra, che fa così
tanto chic. Oltre che onesti, bisognerebbe anche essere modesti: ciò
che si può fare di liberale in un paese storicamente anomalo come il
nostro è ammodernarlo alla meglio, come si può e si riesce, un
pezzettino per volta. [...]
Pagina 99, 27 febbraio
2016
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