Ho riguardato nei giorni scorsi i libretti della serie Le cento migliori ricette che negli ultimi anni del secolo scorso il gruppo Newton editava sotto l'etichetta "La Compagnia del buongustaio". In quello dedicato alle Zuppe e minestre redatto da Emilia Valli e pubblicato nel 1996 ho trovato una "zuppa del Don" a cui mi sono ispirato per una preparazione più in linea con i miei gusti e con le esigenze dietetiche e che chiamerò "zuppa dello zio".
Per 4 persone il libretto consiglia di preparare un soffritto con 100 grammi di pancetta, una carota, una cipolla, un cipollotto inclusa la parte verde, due coste di sedano opportunamente tritati. Meglio ancora se, invece che procedere a un soffritto vero e proprio, l'insieme si fa stufare a fuoco lentissimo, aggiungendo un po di sale: il grasso nella pancetta non manca, ma viene tenuto a bassissime temperatura e il liquido di cottura è costituito anche dagli umori che le verdure rilasciano; è il tipo di cottura che noi siciliani chiamiamo assassunari, calco dal francese assaisonner (che ha però significato più ampio).
Aggiungere, dopo l'ammorbidimento e una lieve coloratura, 4 pomodori maturi pelati (o quelli di una scatola da 420 grammi senza il succo ove stanno a mollo), completare la salatura e pepare leggermente.
Dopo mezz'ora si uniscono alla zuppa 300 grammi di verdure affettate a striscioline, da scegliere tra cavolo cappuccio - come nella ricetta originaria -, cavolo nero, cime di rapa (così nel mio esperimento, giacché non amo i cavoli) o anche bietole, e una patata da 200 grammi circa (o due da un etto) tagliata a dadini. Si copre e si fa cuocere.
Quando le verdure saranno tenerissime, "legare" il tutto con 150 grammi di yogurt intero. Dividere la minestra bollente nelle scodelle su cui giacciono fette di pane rustico tostate.
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