Malta, Oracle Casino |
La Valletta
Il
poker online stimola l’intelligenza e combatte la disoccupazione. A
sostenere questa teoria è il controverso protocollo sottoscritto tra
Adiconsum – Associazione italiana di difesa dei consumatori,
promossa dalla Cisl – e Unibet, una delle più grandi compagnie di
gioco online d’Europa. Unibet ha sede a Malta, così come altre 282
società di gaming che si sono insediate in questo Paese insulare di
poco più di 300 chilometri quadrati, abitato da 400 mila persone. Un
territorio minuscolo, ma un gigante dell’e-gaming. Un settore che
non conosce disoccupazione, vista la continua richiesta di personale.
Per
quanto profondamente cattolico, è da qualche anno che il piccolo
Stato nel mezzo del Mediterraneo ha deciso di fare di testa propria,
approvando il divorzio (2011), le unioni gay e il diritto di adozione
per le coppie omosessuali (2014), oltre che rivoluzionando il mondo
dell’industria del gioco online.
L’intuizione
di Malta sta nell’aver compreso per prima, dall’ingresso nella Ue
nel 2004, la convenienza di fornire una cornice giuridica alle
compagnie di betting che vogliono uscire dall’illegalità e
sottrarsi all’egida dei monopoli di Stato, proponendosi come
un’alternativa sicura. Il “Lotteries and Games Act” è entrato
in vigore proprio nel 2004 e ha riformato il settore del gaming,
privatizzandolo, come le telecomunicazioni e i trasporti.
All’epoca
il gioco online era in pieno sviluppo, un far west privo di
regolamentazione. Malta non solo ha provveduto a creare una cornice
giuridica, ma negli anni successivi ha instancabilmente accolto e
incentivato l’apertura di succursali straniere. Negli ultimi anni
sempre più Paesi hanno scelto di disciplinare il fenomeno, rendendo
più complicato l’accesso virtuale sul territorio delle compagnie
offshore. Ma il mercato di Malta ha segnato una rivoluzione nel
gaming e oggi la Mga (Malta Gaming Authority), nata per regolare il
gioco d’azzardo sull’isola, ha rilasciato più di 400 licenze,
per un business che rappresenta l’8% del Pil e dà lavoro ad almeno
8 mila persone (altre stime si spingono a quota 12 mila). Alla scorsa
fiera internazionale dell’industria del gioco – “Ice”, il più
grande evento mondiale di gaming, svoltosi tra il 2 e il 4 febbraio a
Londra –, Malta aveva 34 espositori, seguita dagli Stati Uniti e
dall’Italia (18 entrambi).
Una
proposta di legge approvata a gennaio dal parlamento europeo potrebbe
però sgonfiare il business dell’isola, introducendo una corporate
tax comune che eliminerebbe il privilegio fiscale di Malta. La
Valletta attira le imprese straniere grazie a un vantaggioso tasso
d’imposta sulle società del 35%; sui dividendi degli azionisti
vengono operati sconti fiscali notevoli. Il direttore esecutivo della
Mga, Joseph Cuschieri, però non si dice troppo preoccupato: Malta è
anglofona e l’equilibrio politico stabile, elementi che
rappresentano un’attrazione per le compagnie straniere – per
tacere dell’incentivo costituito dal clima. I maltesi sono
ambiziosi: José Herrera, segretario parlamentare per la
competitività e la crescita economica, ha di recente dichiarato a
Gambling Insider di voler rendere l’isola la Silicon Valley del
gioco online. A breve aprirà la Malta Gaming Academy, per preparare
i giovani a una carriera nell’industria del gioco e riequilibrare
la distribuzione del lavoro in questo settore, in cui gli impiegati
sono per due terzi stranieri.
Il
direttore finanziario di una compagnia che opera nel settore spiega:
«È un campo nuovo, c’è tanto da imparare. Io ho iniziato con il
ruolo più basso, oggi sono un direttore; la paga è buona, è un
lavoro sicuro e legale. Un mio amico italiano con due lauree non
riusciva a uscire dalla disoccupazione. L’ho assunto nel 2008, è
felice e ha un ottimo posto di lavoro. Ci sono molti italiani che
lavorano qui, almeno mille».
Un
business sicuro, legale: una forma di divertimento regolata dai
principi del Responsible Gaming, il gioco responsabile. Helena è una
psicologa che lavora come consulente per Academill, organizzazione
che aiuta le società a sviluppare dei programmi per prevenire gli
effetti avversi del gioco d’azzardo sugli individui e sulla
società. «È positivo per la compagnia se i clienti giocano secondo
i loro limiti, perché così rimangono consumatori più a lungo. È
un incentivo per introdurre le misure proposte dal responsible
gaming, perché si prevengono le
frodi o il rischio che qualcuno tenti di usare la carta di credito di
un altro, problemi comuni per giocatori disperati. Inganni che utenti
regolari compiono di meno. Sono questioni che alla fine,
letteralmente, costano un sacco di soldi e tempo alla compagnia».
Del patto Unibet-Adiconsum Helena dice: «Non mi sorprende che una
compagnia si promuova come fornitore di un servizio per trascorrere
il tempo, per giocare, piuttosto che un modo per diventare ricchi in
fretta, come invece si cercava di veicolare in passato. Alcuni lo
fanno ancora, anche se è vietato dal codice di comportamento nella
maggior parte dei Paesi europei. È una forma di entertainment, è
previsto che tu paghi per giocare, che tu spenda soldi, non che tu ne
vinca».
A
Malta il gioco è regolamentato in ogni sua forma: ad aprile scorso
sono state emanate le regole per le navi da crociera con casinò a
bordo ormeggiate nel porto, ed è previsto un New Gaming Act per la
fine di novembre. Nel 2014 la Mga ha effettuato 7.409 ispezioni,
anche se quest’attenzione non ha impedito lo scandalo dell’estate
scorsa, quando si è scoperto che molte società di gioco erano
affiliate alla ’ndrangheta e impegnate nel riciclaggio di denaro
sporco.
E
sui maltesi il fenomeno dilagante dell’e-gaming che effetti ha?
Secondo Helena i problemi del gioco d’azzardo «qui non hanno un
tasso significativo, non è più prevalente che in zone simili dove
non ci sono così tante compagnie del settore. Né ci sono segni che
Malta avrebbe avuto meno casi di ludopatia se non fosse diventata
l’hub del gioco online. È difficile da dire però, visto che non
ci sono ricerche in quest’area». Il divieto d’accesso ai casinò
per i ragazzi sotto i 25 anni mira a tutelare le fasce più deboli.
«In ogni caso», conclude Helena, «qui non abbiamo lo stesso tipo
di conseguenze sociali negative che potremmo trovare in aree con
un’alta densità di casinò “materiali”, land-based,
come Las Vegas».
Pagina
99, 5 marzo 2016
Nessun commento:
Posta un commento