26.2.18

Malta. Il casinò del mondo affacciato sul Mediterraneo (Fabia Fleri)

Malta, Oracle Casino

La Valletta
Il poker online stimola l’intelligenza e combatte la disoccupazione. A sostenere questa teoria è il controverso protocollo sottoscritto tra Adiconsum – Associazione italiana di difesa dei consumatori, promossa dalla Cisl – e Unibet, una delle più grandi compagnie di gioco online d’Europa. Unibet ha sede a Malta, così come altre 282 società di gaming che si sono insediate in questo Paese insulare di poco più di 300 chilometri quadrati, abitato da 400 mila persone. Un territorio minuscolo, ma un gigante dell’e-gaming. Un settore che non conosce disoccupazione, vista la continua richiesta di personale.
Per quanto profondamente cattolico, è da qualche anno che il piccolo Stato nel mezzo del Mediterraneo ha deciso di fare di testa propria, approvando il divorzio (2011), le unioni gay e il diritto di adozione per le coppie omosessuali (2014), oltre che rivoluzionando il mondo dell’industria del gioco online.
L’intuizione di Malta sta nell’aver compreso per prima, dall’ingresso nella Ue nel 2004, la convenienza di fornire una cornice giuridica alle compagnie di betting che vogliono uscire dall’illegalità e sottrarsi all’egida dei monopoli di Stato, proponendosi come un’alternativa sicura. Il “Lotteries and Games Act” è entrato in vigore proprio nel 2004 e ha riformato il settore del gaming, privatizzandolo, come le telecomunicazioni e i trasporti.
All’epoca il gioco online era in pieno sviluppo, un far west privo di regolamentazione. Malta non solo ha provveduto a creare una cornice giuridica, ma negli anni successivi ha instancabilmente accolto e incentivato l’apertura di succursali straniere. Negli ultimi anni sempre più Paesi hanno scelto di disciplinare il fenomeno, rendendo più complicato l’accesso virtuale sul territorio delle compagnie offshore. Ma il mercato di Malta ha segnato una rivoluzione nel gaming e oggi la Mga (Malta Gaming Authority), nata per regolare il gioco d’azzardo sull’isola, ha rilasciato più di 400 licenze, per un business che rappresenta l’8% del Pil e dà lavoro ad almeno 8 mila persone (altre stime si spingono a quota 12 mila). Alla scorsa fiera internazionale dell’industria del gioco – “Ice”, il più grande evento mondiale di gaming, svoltosi tra il 2 e il 4 febbraio a Londra –, Malta aveva 34 espositori, seguita dagli Stati Uniti e dall’Italia (18 entrambi).
Una proposta di legge approvata a gennaio dal parlamento europeo potrebbe però sgonfiare il business dell’isola, introducendo una corporate tax comune che eliminerebbe il privilegio fiscale di Malta. La Valletta attira le imprese straniere grazie a un vantaggioso tasso d’imposta sulle società del 35%; sui dividendi degli azionisti vengono operati sconti fiscali notevoli. Il direttore esecutivo della Mga, Joseph Cuschieri, però non si dice troppo preoccupato: Malta è anglofona e l’equilibrio politico stabile, elementi che rappresentano un’attrazione per le compagnie straniere – per tacere dell’incentivo costituito dal clima. I maltesi sono ambiziosi: José Herrera, segretario parlamentare per la competitività e la crescita economica, ha di recente dichiarato a Gambling Insider di voler rendere l’isola la Silicon Valley del gioco online. A breve aprirà la Malta Gaming Academy, per preparare i giovani a una carriera nell’industria del gioco e riequilibrare la distribuzione del lavoro in questo settore, in cui gli impiegati sono per due terzi stranieri.
Il direttore finanziario di una compagnia che opera nel settore spiega: «È un campo nuovo, c’è tanto da imparare. Io ho iniziato con il ruolo più basso, oggi sono un direttore; la paga è buona, è un lavoro sicuro e legale. Un mio amico italiano con due lauree non riusciva a uscire dalla disoccupazione. L’ho assunto nel 2008, è felice e ha un ottimo posto di lavoro. Ci sono molti italiani che lavorano qui, almeno mille».
Un business sicuro, legale: una forma di divertimento regolata dai principi del Responsible Gaming, il gioco responsabile. Helena è una psicologa che lavora come consulente per Academill, organizzazione che aiuta le società a sviluppare dei programmi per prevenire gli effetti avversi del gioco d’azzardo sugli individui e sulla società. «È positivo per la compagnia se i clienti giocano secondo i loro limiti, perché così rimangono consumatori più a lungo. È un incentivo per introdurre le misure proposte dal responsible gaming, perché si prevengono le frodi o il rischio che qualcuno tenti di usare la carta di credito di un altro, problemi comuni per giocatori disperati. Inganni che utenti regolari compiono di meno. Sono questioni che alla fine, letteralmente, costano un sacco di soldi e tempo alla compagnia». Del patto Unibet-Adiconsum Helena dice: «Non mi sorprende che una compagnia si promuova come fornitore di un servizio per trascorrere il tempo, per giocare, piuttosto che un modo per diventare ricchi in fretta, come invece si cercava di veicolare in passato. Alcuni lo fanno ancora, anche se è vietato dal codice di comportamento nella maggior parte dei Paesi europei. È una forma di entertainment, è previsto che tu paghi per giocare, che tu spenda soldi, non che tu ne vinca».
A Malta il gioco è regolamentato in ogni sua forma: ad aprile scorso sono state emanate le regole per le navi da crociera con casinò a bordo ormeggiate nel porto, ed è previsto un New Gaming Act per la fine di novembre. Nel 2014 la Mga ha effettuato 7.409 ispezioni, anche se quest’attenzione non ha impedito lo scandalo dell’estate scorsa, quando si è scoperto che molte società di gioco erano affiliate alla ’ndrangheta e impegnate nel riciclaggio di denaro sporco.
E sui maltesi il fenomeno dilagante dell’e-gaming che effetti ha? Secondo Helena i problemi del gioco d’azzardo «qui non hanno un tasso significativo, non è più prevalente che in zone simili dove non ci sono così tante compagnie del settore. Né ci sono segni che Malta avrebbe avuto meno casi di ludopatia se non fosse diventata l’hub del gioco online. È difficile da dire però, visto che non ci sono ricerche in quest’area». Il divieto d’accesso ai casinò per i ragazzi sotto i 25 anni mira a tutelare le fasce più deboli. «In ogni caso», conclude Helena, «qui non abbiamo lo stesso tipo di conseguenze sociali negative che potremmo trovare in aree con un’alta densità di casinò “materiali”, land-based, come Las Vegas».

Pagina 99, 5 marzo 2016

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