Renzi è un demagogo. E
un pericolo. Mette gli insegnanti gli uni contro gli altri: ha
stabilito a-priori che solo il 5 % dei docenti di ogni scuola è
meritevole di un premio, un incentivo economico. Com’è arrivato a
“questa” soglia? Con quali criteri? Soprattutto: quali docenti
verranno premiati? Deciderà il preside. Sembra già di vederli i
portaborse, i leccaculo, i maratoneti dei
“progetti-a-pagamento-sull’acqua-calda”, quelli che hanno
sempre le carte a posto - le carte -, il registro in ordine, ma,
poveretti, appena aprono bocca per fare lezione non sanno di cosa
parlano. E non li ascolta nessuno. Questi, fatte le necessarie
eccezioni, verranno incentivati.
Il disegno di legge
concede troppo potere ai presidi. Ai dirigenti manager. Secondo uno
schema aziendalistico: efficienza, profitto. Dimenticando che la
scuola non è – non deve essere – una fabbrica; che gli alunni
non sono una merce; che i risultati maturano nei tempi lunghi e
quanti incespicano all’inizio, danno buoni risultati, spesso, alla
fine del processo formativo. “Più inglese, economia, arte, e 500
euro per l’aggiornamento culturale”, dice Renzi. D’accordo. Ma
non basta.
Troppe risorse sono
indirizzate verso le scuole private: è un privilegio lo sconto
fiscale “fino a 400 euro” per chi iscrive i figli alle scuole
paritarie, si calpesta volutamente la Costituzione. Di più:
“l’autonomia scolastica” consentirà di raccogliere fondi e
donazioni: lascia troppo spazio agli interventi esterni nella scuola
pubblica. Il rischio è che il “sostegno economico” influenzi,
orienti, condizioni. Non distinguere (nettamente) le competenze dello
Stato da quelle dei privati è un errore, trasforma la scuola in
impresa, in fabbrica. La snatura.
nota fb
29 aprile 2015
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