Fenicotteri nello stagno di Molentargius (Sardegna) |
Alcuni uccelli
trascorrono tutta la vita in una particolare area, o al massimo
compiono brevi spostamenti stagionali, come ad esempio la discesa da
zone in quota verso il fondovalle alle prime nevicate (uccelli
stanziali). Altri invece seguono veri e propri «viaggi migratori»,
il più delle volte anche di migliaia di chilometri, in modo da
trascorrere i mesi invernali in aree calde e ricche di cibo (uccelli
migratori). Il costo della migrazione è molto alto, perché comporta
un enorme dispendio di energia, il rischio di morire se un uragano
sorprende i viaggiatori in mare, il rischio di essere predati dai
rapaci in attesa in alcuni punti del passo e il logorio fisico che
uno sforzo così prolungato comporta. Ma tale costo sembra essere
compensato dal fatto che gli animali, spostandosi da un luogo
all'altro, dispongono di buone risorse alimentari durante tutto
l'arco dell'anno oppure di un luogo tranquillo al riparo dai
predatori dove nidificare. Gli uccelli migratori che nidificano in
Europa e in Italia seguono 3 principali «rotte migratorie» per e da
i quartieri di svernamento africani. Le due vie preferite dai grandi
uccelli veleggiatori, come le cicogne e i rapaci (uccelli che
raramente battono le ali perché sfruttano le correnti ascensionali
di aria calda come i deltaplani e gli alianti), passano per lo
stretto di Gibilterra e per il Bosforo. In queste due zone infatti il
braccio di mare, dove non si formano le correnti ascensionali, è
molto limitato. Nei due stretti si concentrano migliaia di individui
ad aprile, il mese in cui gli uccelli arrivano dall'Africa, e a
settembre, quando vi fanno ritorno. La terza «rotta migratoria»
passa per la penisola italiana, lo stretto di Messina e la Tunisia.
Anche se meno frequentata delle due precedenti per la maggiore
estensione del braccio di mare da attraversare, è comunque seguita
da molte specie, in particolare da quelle che nidificano in Italia e
nell'Europa centrale. Alcuni uccelli migratori coprono distanze di
diverse migliaia di chilometri, come le cicogne dell'Europa orientale
che raggiungono i loro quartieri invernali nel Sud Africa. La durata
della migrazione dipende dalla distanza coperta e da fattori
climatici e ambientali.
Molti scienziati hanno
investito le loro ricerche per cercare di capire come fa un uccello
ogni anno a seguire sempre la stessa rotta migratoria e a tornare a
nidificare nella medesima località e magari nello stesso nido. In
queste ricerche si applicano piccoli anelli numerati a una zampa
degli animali in modo da poter verificare la loro provenienza nel
caso siano ritrovati morti o catturati per qualche motivo. Moderne
tecniche che utilizzano il radar e radio trasmittenti applicate ai
singoli animali consentono di seguire grossi stormi in volo e di
conoscere con una certa precisione molte rotte migratorie. L'etologo
tedesco Peter Berthold in vent'anni di ricerche ha messo in evidenza
che in alcuni uccelli il comportamento migratorio è influenzato dai
geni. Oggetto delle sue ricerche furono occhiocotti e capinere
(silvidi) tenuti tutto l'anno in ampie voliere mantenute in
condizioni uniformi in modo che gli uccelli non percepissero
l'avvicendarsi delle stagioni. Nonostante ciò, in coincidenza
dell'autunno e della primavera gli uccelli diventavano
particolarmente irrequieti e frenetici spiccando balzi nella
direzione della rotta della migrazione, e mantenendo questo
comportamento per il numero di giorni corrispondente alla durata del
viaggio. Non solo: all'inizio gli uccelli si orientavano verso
Sud-Ovest se la rotta prevedeva il passaggio sui Pirenei, o verso
Sud-Est per i Balcani, per correggerla progressivamente verso Sud al
passare dei giorni. I silvidi dimostrano quindi di possedere un
«orologio interno» a ciclo annuale, calibrato sulle quattro
stagioni del clima temperato e di «sapere» per informazione
genetica quando partire e dove andare. Altri uccelli, come le oche
selvatiche, imparano invece la rotta nel primo viaggio seguendo gli
adulti che hanno compiuto altre volte la migrazione. Più o meno
dotati di una rotta predeterminata geneticamente, gli uccelli usano a
quanto sembra diversi «strumenti» per orientarsi. Può essere la
posizione del sole e delle stelle, la morfologia del paesaggio, il
campo magnetico terrestre o una «bussola olfattiva» che segue gli
odori familiari fino a quelli di casa. Più di un fattore
probabilmente concorre all'orientamento dell'animale.
da Maria Luisa Bozzi, Stefano Camanni, Turisti per scienza, La Biblioteca di "Scienza e Vita", Rusconi, 1994
Nessun commento:
Posta un commento