6.5.15

Don Bosco, il fulmine e la marchesa di Barolo (Luigi Chiavarino)

Altri giovani vennero a bussare alla porta di don Bosco in cerca di pane e d'alloggio, e don Bosco e la mamma si ingegnarono in tutti i modi per ricoverarli. Ma ben presto ogni posto fu occupato; perfino la cucina si tramutava di notte in dormitorio.
Come fare? Adocchiò una casa lì presso, e la domandò in affitto.
La padrona, signora Vaglienti, gli chiese un prezzo esorbitante, e dopo lungo disputare, si stava per rompere le trattative, quando un caso affatto singolare tolse di mezzo ogni difficoltà.
Il cielo, che si era improvvisamente rannuvolato, divenne scuro scuro, ed ecco che si vede all'improvviso un guizzo di lampo vivissimo, e poi si sente un colpo di fulmine così gagliardo da far tremare la casa dalle fondamenta al tetto. La signora, sbalordita, si volge tremante a don Bosco ed esclama: — Se Dio mi salva dal fulmine, le concederò la casa per la somma che lei mi offre!
Aveva appena finito di parlare che il ciclo si rischiara e appare un bel sole.
Don Bosco non pone tempo in mezzo. Acquista la casa e subito «è uno spettacolo vedere alla sera le stanze illuminate, piene di ragazzi e di giovani. In piedi dinanzi ai cartelloni, con un libro in mano, nei banchi intenti a scrivere, seduti per terra a scarabocchiare sui quaderni le lettere grandi».
Alcuni confratelli sacerdoti sono venuti ad aiutarlo. La faccenda della sua «fissazione» si è spenta da tempo. Quando don Bosco ha un'idea fissa — dicono i ragazzi — è capace di sputar sangue per realizzarla.

Anche la Marchesa di Barolo ha cambiato idea e gli manda generose offerte «per i suoi monellacci».

Don Bosco che ride, Edizioni San Paolo, 1988

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