Leggo con (colpevole)
ritardo e pubblico volentieri un contributo di Eros Barone sulla
sentenza Knox-Sollecito. Con le riflessioni “perugine” di Renzo
Massarelli, queste sue considerazioni – di taglio internazionalista – mi sono
sembrate, nel mare magnum dei commenti a cavolo, particolarmente degne di attenzione. (S.L.L.)
Premesso che non sono né
colpevolista né innocentista e che il livello umano e morale di cui
hanno dato prova Amanda Knox e Raffaele Sollecito nel corso della
lunga vicenda giudiziaria che li ha visti imputati mi è parso
piuttosto basso, ritengo che la sentenza di assoluzione pronunciata
nei loro confronti dalla Corte di Cassazione susciti dubbi e
interrogativi. Provo ad elencarne alcuni.
In primo luogo, nel
nostro ordinamento, che è garantista, esiste, come è noto, il terzo
grado di giudizio, la Cassazione, il che non solo ha permesso alla
signorina Knox di tornarsene nel suo paese, ma anche,
presumibilmente, le avrebbe permesso, siccome gli Usa non sono soliti
concedere l’estradizione, di restarvi, qualora la Cassazione avesse
emesso un verdetto di colpevolezza. Il dubbio è che, considerando
episodi precedenti che hanno visto coinvolti in qualità di
responsabili di gravi reati di omicidio membri delle Forze Armate
statunitensi, come accadde con la strage del Cermis in Italia e
l’uccisione del nostro agente per la sicurezza, Nicola Calipari, in
Iraq, i giudici della Cassazione, dilatando al massimo il carattere
indiziario del processo, abbiano voluto evitare che con la condanna
della Knox si verificasse una situazione tale da mettere allo
scoperto nel modo più crudo il regime di ‘sovranità limitata’
che vige tacitamente nel nostro paese anche nell’àmbito della
giurisdizione penale, giacché non esiste alcun dubbio che,
condannando la Knox per l’omicidio della povera Meredith Kercher,
si sarebbe resa evidente tutta l’impotenza dello Stato italiano di
fronte al netto rifiuto di concedere l’estradizione della ragazza
nel nostro paese da parte degli Stati Uniti.
In secondo luogo, suscita
notevole perplessità il ribaltamento dei verdetti precedenti emessi
da altre Corti, e questo non perché la Corte di Cassazione sia in
alcun modo tenuta ad uniformarsi meccanicamente alle risultanze
pregresse del processo, ma perché è difficile comprendere il valore
determinante delle “scriminanti” emerse a discarico dei
principali indiziati e fatte valere, nelle centinaia di pagine del
suo ricorso, da una ‘principessa del foro’, quale è l’avvocato
difensore di Sollecito, Giulia Buongiorno, nota anche per la sua
efficace difesa del potente uomo politico Giulio Andreotti,
processato a suo tempo per associazione mafiosa.
In terzo luogo, va
riconosciuto che l’unico ad aver pagato il conto alla giustizia
(probabilmente per tutti) è l’ivoriano Rudy Guede, il quale ha già
scontato metà della pena inflittagli (16 anni).
In quarto luogo, va
sottolineato come non sia stata resa la debita giustizia alla vittima
dei comportamenti perversi e, alla fine, omicidi, posti in essere dai
partecipanti agli incontri perugini che avevano luogo nella villetta
di via della Pergola.
La conclusione è che,
mai come in questa vicenda, è apparso con tanta spietata chiarezza
non solo il carattere di classe della giustizia borghese, ma anche la
natura semi-coloniale del rapporto che vincola, a distanza di
settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, il nostro
paese alla superpotenza statunitense. Questo non significa che avrei
desiderato, mosso da un insano piacere per le punizioni inflitte a
persone scarsamente simpatiche, la condanna di Sollecito e della
Knox, ma che il sospetto che costoro possano brindare con la
Coca-Cola al felice esito della loro vicenda giudiziaria getta
un’ombra non facilmente diradabile su di essa.
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