"Schetta nun t'appi e maritata t'appi; / basta ca t'appi e comu t'appi t'appi" è un "fiore", uno di quegli stornelli a dispetto che si cantavano tra un "ciuri ciuri" e l'altro; e il suo effetto poetico s'origina da quel "t'appi" (ti ebbi) ripetuto che realizza una sorta di scioglilingua.
Liberamente si potrebbe tradurre così: "Non ti ho posseduta da ragazza e ti ho posseduta da sposata; / ma mi basta averti posseduta, lo stato civile non ha importanza".
Il primo obbligato commento evidenzia
il maschilismo del linguaggio nella strofetta: nel sesso si esprime un rapporto di
potere, una volontà di possesso.
Ma il maschio "amante" è poi davvero il padrone assoluto che pretende di essere? E se, in realtà, fosse "l'amata" ad aver goduto di lui, ad averlo posseduto, solo quando ha voluto lei, da sposata?
È un luogo comune che in questo genere di cose sia sempre la donna a decidere e dei luoghi comuni si fa bene a diffidare. Penso però che in questo caso il detto contenga un nocciolo di verità: quando lo scambio sessuale è libero e non condizionato dalla forza fisica o dal potere, la libertà e la volontà femminile pesano in maniera determinante.
Ma il maschio "amante" è poi davvero il padrone assoluto che pretende di essere? E se, in realtà, fosse "l'amata" ad aver goduto di lui, ad averlo posseduto, solo quando ha voluto lei, da sposata?
È un luogo comune che in questo genere di cose sia sempre la donna a decidere e dei luoghi comuni si fa bene a diffidare. Penso però che in questo caso il detto contenga un nocciolo di verità: quando lo scambio sessuale è libero e non condizionato dalla forza fisica o dal potere, la libertà e la volontà femminile pesano in maniera determinante.
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