Per molti amici, anche di sinistra, funziona il richiamo della foresta. Sono borghesi (per quanto piccoli). Lo sono dalla nascita o lo sono diventati e hanno qualcosa da perdere (e da difendere) oltre alle proprie catene.
Sono perfettamente
consapevoli che "l'uomo solo al comando" dello Stato,
dell'impresa, della scuola è il contrario di quello che hanno
pensato e che forse continuano a pensare. Sanno perfettamente che il
livore contro i sindacati, contro gli insegnanti, contro i vecchi,
pilastro del "renzismo" è populismo strumentale,
funzionale a un assetto autoritario e corporativo. Capiscono che le
riforme renziane disegnano una società oligarchica, in cui ai
poveracci redditi e tutele arrivano come provvidenze caritatevoli e
non come diritti. Non hanno dubbi che il Renzi sia subalterno ai
grandi poteri finanziari mondiali e che finirà per privatizzare
anche ciò che loro ritengono "non privatizzabile" o
privatizzabile solo con gravi e diffuse sofferenze sociali (i pezzi
pregiati della sanità o dell'istruzione, per esempio). Per stare
all'attualità, essi simpatizzano per i Cinque Stelle che hanno
richiesto alla Commissione Antimafia l'elenco degli "impresentabili"
e per la presidente Bindi che ha apprezzato e accettato la richiesta
come risposta a un bisogno di trasparenza, senza la quale le leggi
che aggravano le pene ai corrotti sono "gride"
spagnolesche, come quelle di cui narra il Manzoni.
Questi amici hanno tante
altre congeneri consapevolezze. Ma temono il "disastro" e
non vogliono tirarsi fuori. Sono borghesi, per quanto piccoli, e
trovano tante buone ragioni per non "tirarsi fuori", per
partecipare al rito elettorale che sancirà se non un trionfo, un
grosso successo del renzismo, non senza un forte incoraggiamento al
razzismo di una Lega, meno antimeridionalista ma sempre più
"ruspante" contro neri, zingari e maomettani. Un successo e
un incoraggiamento cui non farà da freno un ulteriore incremento
dell'astensionismo. I più estrosi e competenti dei commentatori,
infatti, sottolineeranno la (quasi) normalità di un'ampia astensione
in una democrazia matura (io direi meglio "fradicia"). Tra
i ceti intermedi, nel costatare l'autoesclusione dal voto di tanti
cittadini di basso reddito e bassa istruzione, si penserà "peggio
per loro".
Quegli amici, dunque,
voteranno le coalizioni di Renzi e troveranno tante
autogiustificazioni per la scelta: che vogliono fermare Salvini (come
ieri Berlusconi), che - in fondo – nel Pd e nel centro sinistra ci
sono tanti buoni amministratori e tante persone per bene, che volendo
si può votare per le coalizione di centrosinistra senza votare il Pd
di Renzi, che c'è un candidato di sinistra nel Pd da sostenere e far
eleggere. E soprattutto diranno che non c'è alternativa credibile
alle coalizioni renziane. Il che contiene un grosso elemento di
verità.
Nei Cinque Stelle,
nonostante qualche progresso nella qualità dell'opposizione
parlamentare e la positiva emancipazione da Grillo di una parte dei
quadri, permangono le originarie ambiguità sociali e culturali. A
sinistra, elettoralmente, ci sono solo macerie da rimuovere; se
qualcosa si muove di costruttivo riguarda il sociale e il culturale.
Insomma la cacciata dei proletari dal cielo della politica è un dato
e la ricostruzione (peraltro non scontata) di una rappresentanza
politica del lavoro subordinato e delle classi subalterne, credibile
e attrattiva anche per i borghesi con sentimenti di sinistra, sarà
lunga.
In un modo o nell'altro,
con una motivazione o con l'altra, quegli amici voteranno, dunque,
per Renzi. Le consapevolezze che credo di aver acquisito, il mio
marxismo, irriducibile benché revisionista, mi inducono a non essere
troppo critico e troppo esigente con questi amici borghesi. Essi con
sincerità hanno accettato di essere interni a un disegno
progressivo, basato su valori di equità sociale e di partecipazione
democratica, disegno in cui il ruolo fondamentale di guida e di
spinta era affidato al movimento operaio. Tra codesti borghesi
progressisti (ce n'erano tanti nelle professioni e
nell'imprenditoria, nel privato e nel pubblico) ci sono quelli che
hanno cambiato idea e modelli di comportamento e sono diventati
strutturalmente renziani (come altri s'erano fatti berlusconiani),
introiettando la stupida tiritera che la colpa di tutto è dei
sindacati, dei pensionati, degli insegnanti e dei magistrati; ma non
pochi altri hanno tenuti fermi i valori di riferimento. Solo che non
vedono più il movimento operaio e non riescono ad andare oltre quel
"socialismo borghese" di cui parlava il vecchio. Intanto
preferiscono non tirarsi fuori e si inseriscono nella corrente del
nuovismo renziano. Alcuni di loro, forse, il proletariato li
ritroverà amici e compagni di strada, quando avrà ricostruito una
sua identità politica e una sua forza d'attrazione. Anche per
questo, nel mio piccolo, non rompo dialogo e amicizia, ma non cesso
di dire agli amici che si affidano alle coalizioni renziane che
stanno sbagliando.
Quanto a me non mollo.
Voterò e sarà un voto che sarà considerato "inutile"
perché non elegge nessuno, un voto "di protesta" a
sinistra senza grande fiducia nelle linee politiche e negli stessi
candidati, ma solo di testimonianza. Il suo unico marginale effetto
positivo sarà di non accrescere neanche di un milionesimo le
percentuali dei nemici di classe.
Ma non voglio propormi
come esempio. Ai compagni, quelli che sono rimasti compagni, non do
consigli: ognuno si regoli come può col voto e col non-voto,
cercando di non fare danno. Spero però che i compagni mantengano
nette le posizioni ovunque agiscano, vivano, parlino o scrivano e
che, se sono meno malconci di me, impegnino tempo e fatica
psicofisica nel collegare e far crescere la resistenza che in forme
nuove o vecchie c'è, anche se non si esprime nel voto.
Contro il regime che si prepara ci sono sindacati e pezzi di sindacati, associazioni professionali, culturali e di volontariato, cooperazione nuova, siti e aggregazioni in internet, gruppi d'acquisto, latterie sociali, doposcuola eccetera. Sono, tutto sommato, cose piccole e disperse, ma da lì bisogna cominciare e nella sconfitta storica che abbiamo subito saranno indispensabili giovani che con nuovi linguaggi tornino a fare apostolato classista (e non il mestiere, teso alla manipolazione delle persone, di politicanti). Questa è solo una possibilità, non è detto che si verifichi, ma intanto non ci si lasci intimidire dall'esito del voto: oggi non è quello il terreno decisivo. Bisogna andare contro corrente, tenere il punto, non mollare.
Contro il regime che si prepara ci sono sindacati e pezzi di sindacati, associazioni professionali, culturali e di volontariato, cooperazione nuova, siti e aggregazioni in internet, gruppi d'acquisto, latterie sociali, doposcuola eccetera. Sono, tutto sommato, cose piccole e disperse, ma da lì bisogna cominciare e nella sconfitta storica che abbiamo subito saranno indispensabili giovani che con nuovi linguaggi tornino a fare apostolato classista (e non il mestiere, teso alla manipolazione delle persone, di politicanti). Questa è solo una possibilità, non è detto che si verifichi, ma intanto non ci si lasci intimidire dall'esito del voto: oggi non è quello il terreno decisivo. Bisogna andare contro corrente, tenere il punto, non mollare.
Stato di fb, 31 maggio 2015 - A futura memoria
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