31.5.15

Non mollare (S.L.L.)


Per molti amici, anche di sinistra, funziona il richiamo della foresta. Sono borghesi (per quanto piccoli). Lo sono dalla nascita o lo sono diventati e hanno qualcosa da perdere (e da difendere) oltre alle proprie catene.
Sono perfettamente consapevoli che "l'uomo solo al comando" dello Stato, dell'impresa, della scuola è il contrario di quello che hanno pensato e che forse continuano a pensare. Sanno perfettamente che il livore contro i sindacati, contro gli insegnanti, contro i vecchi, pilastro del "renzismo" è populismo strumentale, funzionale a un assetto autoritario e corporativo. Capiscono che le riforme renziane disegnano una società oligarchica, in cui ai poveracci redditi e tutele arrivano come provvidenze caritatevoli e non come diritti. Non hanno dubbi che il Renzi sia subalterno ai grandi poteri finanziari mondiali e che finirà per privatizzare anche ciò che loro ritengono "non privatizzabile" o privatizzabile solo con gravi e diffuse sofferenze sociali (i pezzi pregiati della sanità o dell'istruzione, per esempio). Per stare all'attualità, essi simpatizzano per i Cinque Stelle che hanno richiesto alla Commissione Antimafia l'elenco degli "impresentabili" e per la presidente Bindi che ha apprezzato e accettato la richiesta come risposta a un bisogno di trasparenza, senza la quale le leggi che aggravano le pene ai corrotti sono "gride" spagnolesche, come quelle di cui narra il Manzoni.
Questi amici hanno tante altre congeneri consapevolezze. Ma temono il "disastro" e non vogliono tirarsi fuori. Sono borghesi, per quanto piccoli, e trovano tante buone ragioni per non "tirarsi fuori", per partecipare al rito elettorale che sancirà se non un trionfo, un grosso successo del renzismo, non senza un forte incoraggiamento al razzismo di una Lega, meno antimeridionalista ma sempre più "ruspante" contro neri, zingari e maomettani. Un successo e un incoraggiamento cui non farà da freno un ulteriore incremento dell'astensionismo. I più estrosi e competenti dei commentatori, infatti, sottolineeranno la (quasi) normalità di un'ampia astensione in una democrazia matura (io direi meglio "fradicia"). Tra i ceti intermedi, nel costatare l'autoesclusione dal voto di tanti cittadini di basso reddito e bassa istruzione, si penserà "peggio per loro".
Quegli amici, dunque, voteranno le coalizioni di Renzi e troveranno tante autogiustificazioni per la scelta: che vogliono fermare Salvini (come ieri Berlusconi), che - in fondo – nel Pd e nel centro sinistra ci sono tanti buoni amministratori e tante persone per bene, che volendo si può votare per le coalizione di centrosinistra senza votare il Pd di Renzi, che c'è un candidato di sinistra nel Pd da sostenere e far eleggere. E soprattutto diranno che non c'è alternativa credibile alle coalizioni renziane. Il che contiene un grosso elemento di verità.
Nei Cinque Stelle, nonostante qualche progresso nella qualità dell'opposizione parlamentare e la positiva emancipazione da Grillo di una parte dei quadri, permangono le originarie ambiguità sociali e culturali. A sinistra, elettoralmente, ci sono solo macerie da rimuovere; se qualcosa si muove di costruttivo riguarda il sociale e il culturale. Insomma la cacciata dei proletari dal cielo della politica è un dato e la ricostruzione (peraltro non scontata) di una rappresentanza politica del lavoro subordinato e delle classi subalterne, credibile e attrattiva anche per i borghesi con sentimenti di sinistra, sarà lunga.
In un modo o nell'altro, con una motivazione o con l'altra, quegli amici voteranno, dunque, per Renzi. Le consapevolezze che credo di aver acquisito, il mio marxismo, irriducibile benché revisionista, mi inducono a non essere troppo critico e troppo esigente con questi amici borghesi. Essi con sincerità hanno accettato di essere interni a un disegno progressivo, basato su valori di equità sociale e di partecipazione democratica, disegno in cui il ruolo fondamentale di guida e di spinta era affidato al movimento operaio. Tra codesti borghesi progressisti (ce n'erano tanti nelle professioni e nell'imprenditoria, nel privato e nel pubblico) ci sono quelli che hanno cambiato idea e modelli di comportamento e sono diventati strutturalmente renziani (come altri s'erano fatti berlusconiani), introiettando la stupida tiritera che la colpa di tutto è dei sindacati, dei pensionati, degli insegnanti e dei magistrati; ma non pochi altri hanno tenuti fermi i valori di riferimento. Solo che non vedono più il movimento operaio e non riescono ad andare oltre quel "socialismo borghese" di cui parlava il vecchio. Intanto preferiscono non tirarsi fuori e si inseriscono nella corrente del nuovismo renziano. Alcuni di loro, forse, il proletariato li ritroverà amici e compagni di strada, quando avrà ricostruito una sua identità politica e una sua forza d'attrazione. Anche per questo, nel mio piccolo, non rompo dialogo e amicizia, ma non cesso di dire agli amici che si affidano alle coalizioni renziane che stanno sbagliando.
Quanto a me non mollo. Voterò e sarà un voto che sarà considerato "inutile" perché non elegge nessuno, un voto "di protesta" a sinistra senza grande fiducia nelle linee politiche e negli stessi candidati, ma solo di testimonianza. Il suo unico marginale effetto positivo sarà di non accrescere neanche di un milionesimo le percentuali dei nemici di classe.
Ma non voglio propormi come esempio. Ai compagni, quelli che sono rimasti compagni, non do consigli: ognuno si regoli come può col voto e col non-voto, cercando di non fare danno. Spero però che i compagni mantengano nette le posizioni ovunque agiscano, vivano, parlino o scrivano e che, se sono meno malconci di me, impegnino tempo e fatica psicofisica nel collegare e far crescere la resistenza che in forme nuove o vecchie c'è, anche se non si esprime nel voto. 
Contro il regime che si prepara ci sono sindacati e pezzi di sindacati, associazioni professionali, culturali e di volontariato, cooperazione nuova, siti e aggregazioni in internet, gruppi d'acquisto, latterie sociali, doposcuola eccetera. Sono, tutto sommato, cose piccole e disperse, ma da lì bisogna cominciare e nella sconfitta storica che abbiamo subito saranno indispensabili giovani che con nuovi linguaggi tornino a fare apostolato classista (e non il mestiere, teso alla manipolazione delle persone, di politicanti). Questa è solo una possibilità, non è detto che si verifichi, ma intanto non ci si lasci intimidire dall'esito del voto: oggi non è quello il terreno decisivo. Bisogna andare contro corrente, tenere il punto, non mollare.

Stato di fb, 31 maggio 2015 - A futura memoria

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