Sepp Blatter è stato
rieletto presidente della Fifa nonostante lo scandalo sulla
corruzione.
La conferma del dirigente
sportivo svizzero, al suo quinto mandato consecutivo alla guida della
federazione calcistica mondiale, è arrivata dopo che l’unico
sfidante, il principe giordano Ali bin Al Hussein, ha deciso di
ritirare la propria candidatura. L'articolo che segue, pubblicato
ieri nel sito di “Internazionale” dava peraltro la rielezione per
scontata e dunque non necessita di aggiornamenti. (S.L.L.)
All’hotel Baur au Lac
di Zurigo la discrezione è considerata una parte importante del
servizio. Per questo gli alti dirigenti Fifa arrestati nella
mattinata del 27 maggio dalla polizia svizzera con l’accusa di aver
incassato tangenti per un totale di oltre cento milioni di dollari
sono stati scortati fuori dell’hotel in manette, nascondendo la
scena sotto pudiche lenzuola bianche prelevate dalle suite da
più di tremila franchi a notte in cui alloggiavano.
È infatti in questo
albergo a cinque stelle con vista sul lago di Zurigo che, nel pieno
dello scandalo che sta scuotendo la federazione che governa il calcio
mondiale, si decide oggi l’elezione del nuovo presidente. A
prendere la decisione chiave per il futuro di uno sport praticato da
almeno 250 milioni di persone in oltre duecento paesi, saranno i
membri del comitato esecutivo della Fifa, un elitario club di 25
uomini abituati da decenni a uno stile di vita stravagante e
lussuoso.
Prima di diventare uno
degli informatori chiave dell’attuale inchiesta sui vertici della
federazione, Chuck Blazer – membro del comitato dal 1996 al 2013 e
dal 1990 al 2011 segretario generale della Confederazione del Nord,
Centro America e Caraibi (Concacaf), che governa il calcio
nordamericano – abitava in un appartamento da 18mila dollari al
mese al 49° piano della Trump tower, nel cuore di Manhattan. A poche
porte di distanza, Blazer aveva affittato un appartamento più
modesto, da seimila dollari al mese, in cui avevano preso alloggio i
suoi gatti.
Nel 2014, la Fifa ha
sborsato 39,7 milioni di dollari in stipendi al suo “personale
manageriale chiave”, che ammonta a poco meno di 50 persone. Nel
2010, i milioni erano 34,5 e in quell’anno Mohamed bin Hamman,
membro del comitato esecutivo e presidente della Confederazione
asiatica oggi espulso dalla Fifa per una serie di finanziamenti
illeciti rivelati dal Sunday Times nel 2014, disse di aver guadagnato
circa 281mila dollari per espletare i suoi doveri di membro del
prestigioso club: partecipare a cene, conferenze e qualche meeting
annuale.
“Non abbiamo un vero e
proprio salario”, disse pubblicamente, “ma bonus e rimborsi
spese” che possono ammontare fino a 500 dollari al giorno, più 250
dollari per mogli o compagne. “Alla fine di ogni meeting ci
mettevamo in fila come bravi ragazzi e riscuotevamo i nostri soldi”,
spiegò nel 2011 l’inglese Graham Taylor, advisor tecnico della
Fifa per 18 mesi: “La prima volta che mi misi in fila, uno degli
uomini davanti a me mi suggerì di chiedere anche il rimborso del
volo, nonostante questo fosse già stato pagato dalla federazione
inglese, e poi depositare tutto in un conto bancario svizzero,
accumulando lì il denaro dei futuri incontri”.
“È una cultura
machista costituita dal fare e ricevere favori, una cultura molto
simile a quella di una gang criminale”, ha rincarato la dose Gunter
Gebauer, professore di filosofia dello sport all’Università Libera
di Berlino. Secondo Gebauer, la corruzione non è un fattore
episodico, ma è costitutivo del sistema di funzionamento della Fifa:
“Non è un corpo democratico e non è governata da un principio
trasparenza”.
Una galassia di accordi
finanziari ha permesso alla Fifa di accumulare negli anni oltre 1,5
miliardi di dollari in riserve bancarie
In questa banda, a
svettare dal 1998 è la figura di Sepp Blatter, il potentissimo
presidente che oggi per l’ennesima volta tenterà di succedere a se
stesso. Sotto la sua leadership, il business Fifa ha cominciato a
prosperare come non mai. Nel 2005, l’organizzazione dichiarava un
reddito totale di 664,7 milioni di dollari. Nel 2009 la cifra era
quasi raddoppiata, superando il miliardo. Tra il 2011 e il 2014, le
entrate totali sono state pari a 5,71 miliardi di dollari, in
crescita del 36 per cento rispetto al triennio precedente, per un
margine operativo di 338 milioni di dollari.
Molto di questo denaro
arriva da sponsor e diritti tv, in una galassia di accordi finanziari
che ha permesso alla Fifa di accumulare negli anni oltre 1,5 miliardi
di dollari in riserve bancarie. Sono cifre che permetterebbero a
qualsiasi organizzazione di comprare letteralmente influenza, nel
caso della Fifa sotto la forma di spese per “progetti di sviluppo
del calcio”, che ammontavano a oltre 700 milioni di dollari tra il
2007 e il 2010, e a oltre un miliardo tra il 2011 e il 2014.
Con questo giro d’affari,
sono in molti a ritenere ingiustificabile che lo status giuridico
della Fifa sia ancora oggi, come dal momento della sua fondazione nel
1907, quello di una “organizzazione non profit”. Che permette
all’associazione guidata da Blatter di non essere mai soggetta a
tassazione, né in Svizzera – dove ha la sede – né altrove. È
stato stimato, per esempio, che per i Mondiali brasiliani del 2014 la
Fifa abbia evitato di pagare tasse per almeno 250 milioni di dollari,
mentre i costi organizzativi per lo stato sono stati di oltre 11
miliardi. E non solo.
La scelta del paese che
ospita la coppa del mondo è legata a una serie di condizioni non
negoziabili. Nel 2010, per dissolvere le preoccupazioni circa la
diffusa criminalità in Sudafrica, la Fifa richiese e ottenne che il
governo sudafricano le riconoscesse il diritto di istituire speciali
corti di giustizia durante i Mondiali, incaricate di giudicare i casi
di criminalità connessi alla manifestazione. Il 18 giugno 2010, una
di queste corti ha condannato due giovani dello Zimbabwe a 15 anni di
carcere per aver rapinato a mano armata due giornalisti stranieri, in
un processo durato poco più di 24 ore.
Anche il Brasile non è
stato immune alle richieste Fifa. Nel 2003, una legge di pubblica
sicurezza aveva vietato la vendita di alcolici negli stadi, a causa
dei frequenti incidenti tra tifosi. Tuttavia, la Budweiser è uno
sponsor chiave della Fifa, che richiese l’approvazione di una legge
per permettere di nuovo la vendita di alcolici negli stadi. Arrivato
in Brasile per le trattative con il governo, il segretario generale
Jerome Valcke non ebbe timori a dichiarare: “Mi spiace dirlo, e
potrei sembrare arrogante, ma questa non è una negoziazione. Ci deve
essere, e ci sarà, come parte della legge sui Mondiali il fatto che
noi abbiamo il diritto di vendere birra”.
La cosiddetta “legge
Budweiser” fu approvata dal senato brasiliano nel maggio del 2012.
È anche a causa di questi compromessi che sarà sempre più
difficile vedere un Mondiale ospitato da un paese democratico. Tra
numerose accuse di corruzione, la Fifa ha scelto per i Mondiali di
calcio del 2018 la Russia e per il 2022 il Qatar. Quest’ultima
scelta ha mostrato che l’influenza della Fifa sembra non avere
limiti, salvo quando si tratta dei diritti dei più deboli. Infatti,
la forza lavoro utilizzata per costruire stadi, infrastrutture e
hotel per il torneo nel Golfo arabo è costituita per almeno il 90
per cento da immigrati, provenienti dalle regioni tra Nepal e India.
Per il diritto del Qatar,
il datore di lavoro ha totale controllo sul passaporto di un
lavoratore immigrato, che può uscire dal paese o cercare un nuovo
lavoro solo con l’autorizzazione del suo capo. Questa situazione ha
dato vita a una sorta di nuovo schiavismo, un lavoro forzato per
migliaia di immigrati provenienti da paesi poveri, costretti a
lavorare per pochi spiccioli in condizioni ambientali impossibili,
con temperature che superano durante il giorno i 50 gradi centigradi.
La International trade
union confederation ha calcolato che almeno 1.200 lavoratori sono
già morti per costruire le cattedrali nel deserto in cui calceranno
la palla calciatori milionari, e almeno quattromila moriranno prima
dell’inizio dei Mondiali. Ma nulla ferma la fame di potere e
l’autocelebrazione del piccolo club, tanto meno i diritti dei
lavoratori.
L’anno scorso la Fifa
ha commissionato un film, La grande passione, per un costo
totale di 16 milioni di dollari, il cui protagonista, Sepp Blatter, è
interpretato da Tim Roth. Nel film, Blatter e gli altri membri della
Fifa sono presentati come uomini etici, con la schiena dritta, per
nulla interessati al denaro e, anzi, costantemente impegnati a
preservare l’integrità etica del calcio. Anche oggi, nel momento
più buio della sua presidenza, Blatter tenterà di recitare questo
copione. Resta da vedere se il pubblico è ancora disposto a
credergli.
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