Non dev'essere costata
molto alle Fondazioni Cassa di Risparmio di Perugia e Cariperugia
Arte, che l'hanno finanziata e allestita, la mostra che, inaugurata
il 25 febbraio scorso, sarà visitabile a Perugia nel palazzo
Baldeschi di corso Vannucci fino al 2 giugno: non ci sono – per
quel che è dato di capire – pezzi unici il cui affitto e la cui
assicurazione comportino ingenti esborsi, né l'allestimento, sobrio,
sembra tale da richiedere somme importanti. Il nucleo centrale –
proveniente da archivi pubblici – è stato ripreso dalla mostra
allestita a Roma al Vittoriano nel maggio 2014. Tale materiale è
stato integrato da una sezione umbra con la collaborazione di molte
istituzioni locali.
All'inizio del percorso,
nella prima sala, si trova soprattutto materiale bellico, baionette,
bombe a mano, elmetti, scarponi. Spicca un pezzo di aereo austriaco
il cui abbattimento è ascritto a Francesco Baracca, che contese a
D'Annunzio il ruolo di aviatore più eroico e popolare. Nella seconda
sala la proiezione di filmati aspira a restituire un alcunché della
trincea, mentre nella terza un manichino, dei cimeli e delle stampe
son lì a rievocare l'esperienza di massa della prigionia. La quarta
sala è dedicata alla propaganda di guerra che mai era stata usata
così massicciamente.
La quinta sala è
dedicata all'Umbria: i fascicoli dei caduti umbri, tanti ritratti
fotografici, specie di graduati, e le lettere di Enzo Valentini,
interventista e volontario, figlio del sindaco dell'epoca, morto a 19
anni nel 1915.
Nella sesta sala
proiettano Terramatta, un
documentario di Costanza Quatriglio, ispirato al diario di un
contadino del ragusano, in Sicilia, tal Vincenzo Rabito, che nel
2000 vinse il Premio Diaristico di Pieve Santo Stefano. La settima
sala è quella dei suoni, un grammofono che suona musiche d'epoca e
Armando Diaz che legge il proclama della vittoria. Nell'ottava sala
sono esposte opere dei pittori-soldato, ma soprattutto le acqueforti
sulla Grande Guerra che parteciparono al concorso a tema indetto dal
regime fascista nel 1937. Domina un tono lugubre, la tematica del
martirio e della bella morte.
Tutto
qui. Insomma non c'è quasi niente sull'Umbria e pochissimo sul
resto. Di Caporetto, delle diserzioni di massa, delle fucilazioni,
del fronte interno non c'è nulla. Degli effetti della guerra sulla
vita familiare, su rapporti fra i sessi, sull'organizzazione
produttiva, in Umbria e altrove, non c'è nulla. La prima guerra
mondiale divise profondamente gli italiani prima, durante e dopo il
suo svolgimento, ma del conflitto tra interventisti e neutralisti
come del reducismo non c'è traccia. Sì compaiono in tutte le sale
brani di autori noti (da Serra a Marinetti) o di meno noti
combattenti, da cui promanano visioni diverse o anche opposte, ma
sono citazioni poste là a una a una, senza correlazione tra l'una e
l'altra. Credo che non sia casuale. Promotori e curatori dicono di
aver voluto seguire una nuova linea storiografica, una visione
diversa dall’approccio tradizionale che “vuole andare a conoscere
la guerra vissuta dai singoli, l’esperienza personale di ciascun
soldato”. Si tratta in verità di un approccio assolutamente
ideologico, una sorta di atomizzazione che, negando la divisione
della società in classi, pretende di restituire di quella guerra e
di tutto il resto della storia una visione non tanto pacificata
(“siamo tutti italiani”), quanto neutralizzata (“ognuno per sé
e Dio per tutti”). Si possono e si devono raccontare, anche nelle
mostre, le storie individuali, ma le citazioni, sottratte ai contesti
da cui nascono e prese a sé, non dicono nulla. Io ricordo una mostra
fotografica dell'anno scorso a Palazzo Penna - credo che si
intitolasse Perugia in cammino. Storie che fanno la storia e
che fosse curata da Alberto Mori -; una sua piccola sezione era
dedicata al soldato Burini nella Grande Guerra e metteva insieme le
sue foto, le sue lettere e i documenti sulla sua prigionia e sulla
sua morte, ma in quella storia c'era il mondo mezzadrile con i suoi
lavori, c'erano il signore e “il signorino”, c'era la gerarchia
dell'esercito, c'era la follia burocratica. Sull'Umbria nella prima
guerra mondiale si apprendevano tante cose. Qui niente.
Una mostra inutile.
micropolis, aprile 2015
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