Meditando, mi dicono, sull’inferno
il fratel mio Shelley trovò ch’era
un luogo
pressappoco simile alla città di
Londra. Io
che non vivo a Londra, ma a Los
Angeles,
trovo, meditando sull’inferno, che
deve
ancor più assomigliare a Los Angeles.
Anche all’inferno
ci sono, non ne dubito, questi giardini
lussureggianti
con fiori grandi come alberi, che però
appassiscono
senza indugio se non si innaffiano con
acqua carissima. E mercati
con carrettate di frutta, che però
non ha odore né sapore. E
interminabili file di auto
più leggere della loro ombra, più
veloci
di stolti pensieri, veicoli luccicanti
in cui
gente rosea, che non viene da nessuna
parte, non va da nessuna parte.
E case, costruite per uomini felici,
quindi vuote
anche se abitate.
Anche all’inferno le case non sono
tutte brutte.
Ma la paura di essere gettati per
strada
divora gli abitanti delle ville non
meno
di quelli delle baracche.
Traduzione di Cesare Cases – da
Brecht in America. Sei poesie inedite in
“Quaderni Piacentini”, n.25, dicembre 1965
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