Accademi della Crusca. Biblioteca |
Si chiama Gruppo
Incipit, e si è costituito nell’autunno scorso presso
l’Accademia della Crusca, cioè presso la stessa istituzione che
assieme al piccolo Matteo di Copparo ha fatto tanto parlare di sé,
recentemente, per la gioiosa accoglienza data all’aggettivo
petaloso, sùbito diventato un vero fenomeno linguistico di
tendenza. Il Gruppo Incipit, però, non si occupa di
neologismi floreali e suggestivi, ma di quei termini che politici,
economisti e opinionisti - proprio perché non hanno la fantasia e il
gusto del piccolo Matteo - prendono di peso dal burocratese
intemazionale (cioè dall’inglese o pseudo-inglese dei tecnici) e
spiattellano nei notiziari, stillano nelle reti sociali, profondono
nelle analisi di mercato o nei testi di legge. Altro che termini
petalosi: in pochi mesi d’attività, il gruppo - sono una decina di
esperti, non solo linguisti di professione come il Presidente
dell’Accademia Claudio Marazzini, visto che tra loro c’è anche
la pubblicitaria Annamaria Testa - ha detto la sua su termini come
smart work, bail in, voluntary disclosure,
stepchild adoption. Su tutti, il gruppo si è espresso sempre
con misurato buon senso e senza censure nette, proponendo alternative
possibili e ben più comprensibili per termini tanto modaioli quanto,
spesso, oscuri nel loro esatto significato alla stragrande
maggioranza degli italiani.
E anche se forse lavoro
agile non passerà al posto di smart work, non sarà male
ricordare - con gli esperti del gruppo - che il nome di hot spot
dato ai centri di accoglienza per immigrati rischia di suonare
addirittura offensivo, o nel migliore dei casi paradossale. Almeno in
Italia, dove i prestiti inglesi hot e spot sono rispettivamente
riferiti a situazioni o entità che ben poco hanno che fare con i
drammi della migrazione. Bisognerà ammettere anche che l’alternativa
con figlio proposta
in luogo di stepchild (su suggerimento di un presidente
emerito della Crusca, Francesco Sabatini) è interessante, anche se
forse non risulterà seducente per media e politici, che a quanto
pare di stepchildren non vogliono sentir parlare né in
inglese, né in italiano. Del resto, l’alternativa «adozione del
figlio del partner» proposta dai saggi di Incipit (con
partner che non è certo una parola italiana) dimostra che il loro
nemico non è l’inglese in quanto tale, ma la poca chiarezza. O la
tendenza a nascondere dietro parole nuove e misteriose concetti di
cui forse si ha poca voglia di parlare con la dovuta sincerità.
Non editti, né sentenze
in forma di fatwa: solo comunicati stampa produce, per ora, il Gruppo
Incipit. Nulla che incuta abbastanza rispetto, evidentemente, da
provocare un’applicazione immediata dei suoi savi consigli: il
giorno dopo l’uscita di una raccomandazione di Incipit su
bail in (sarebbe meglio parlare di«salvataggio interno»,
giusto per essere capiti da qualche milione d’italiani in più), i
giornali - né solo quelli economici e finanziari - continuavano
tranquillamente a sbandierare nelle prime pagine l’esoterico
anglicismo bancario. Ma la task force dei cruscanti (si potrà
dire, task force?)non si perderà d’animo per questo.
“Il Sole 24 Ore
Domenica”, 10 marzo 2016
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