Il testo che segue è un ampio stralcio della recensione di Claudio Canal a un volume di Matthew Fox, edito da Fazi. (S.L.L.)
Il teologo Matthews Fox, ex domenicano |
Quando è nato il peccato originale? Con Adamo ed Eva, col serpente e la mela, sarebbe la pressoché unanime risposta di un improbabile sondaggio, confortata da secoli di incanto iconografico nelle tele di Masaccio, Tintoretto, Michelangelo, Rubens e mille altri. Su come da Adamo sia arrivato fino a noi, le risposte sarebbero meno concordi: per trasmissione biologica, per discendenza, per la metafisica dell'essere e della natura. Fino all'esplicita ammissione del Catechismo della Chiesa Cattolica al paragrafo 404, «la trasmissione del peccato originale è un mistero che non possiamo comprendere appieno».
La data giusta della sua nascita è il 397 d.C. quando Agostino d'Ippona scrive un libro dal titolo De diversis quaestionibus ad Simplicianum in cui inizia a definire quella che sarà nei secoli a venire la fortunata teoria del peccato originale che, come è noto, si intreccerà profondamente con il pensiero occidentale. I temi della caduta, della colpa, del male, della salvezza e della redenzione, della libertà individuale, del male di vivere hanno tutti un appoggio sul serpente, la mela e, soprattutto, sulla perfida Eva, bilanciata dalla perfetta Maria, immacolata, cioè senza peccato originale.
«Teoria della vera civilizzazione. Non è nel gas, né nel vapore, né nei tavolini spiritici, ma nella diminuzione delle tracce del peccato originale» scriveva Charles Baudelaire, non un teologo di seconda fila. A suo tempo, invece, Kant ne aveva già visto le palesi contraddizioni.
Peccato originale o benedizione originale? A questa domanda risponde senza peli sulla lingua Matthew Fox, … un ex domenicano statunitense, ora episcopaliano, anzi «prete post-denominazioni» come ama definirsi, che nel 1983 ha scritto un corposo best seller di quattrocento pagine intitolato Benedizione Originale, ora tradotto in italiano come In principio era la gioia, alla sua terza ristampa (introduzione di Vito Mancuso, traduzione di Gianluigi Gugliermetto, Fazi 2011, pp. 428, euro 19,50). Il domenicano ha dovuto confrontarsi nel 1988 con la Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta dal Prefetto Cardinal Joseph Ratzinger, soprattutto per le attività e le teorie elaborate dall'Istituto di Spiritualità della Creazione, fondato da Fox. Nel 1993 viene espulso dall'ordine.
Fox nel libro rovescia il paradigma: «La religione in Occidente deve abbandonare il modello esclusivistico di caduta e redenzione..., modello dualistico e patriarcale, la cui teologia inizia col peccato e con il peccato originale, e finisce di solito con la redenzione...e non insegna nulla riguardo alla Nuova Creazione o alla creatività, riguardo alla costruzione della giustizia e alla trasformazione sociale, o riguardo all'eros, al piacere e al Dio della gioia. Non riesce a insegnare l'amore per la Terra o la cura per l'universo, ed è così spaventata dalla passione che non riesce ad ascoltare il grido addolorato degli anawim, dei piccoli della storia umana». Questo in sostanza l'interessante programma del volume, peraltro abilmente sintetizzato in un'appendice di quattro pagine in cui i due paradigmi vengono contrapposti su una tabella a due colonne.
Fox riesce bene, anche se in modo rapsodico, a mettere in luce l'importanza che la dottrina del peccato originale ha avuto nella costituzione della coscienza occidentale: un essere umano segnato dal peccato e dalla vergogna e perciò incapace di decidere cosa sia meglio per lui e per gli altri, sempre in attesa di una autorità che glielo dica e che pratichi il bene al suo posto e, magari, contro di lui. Un'autorità sacerdotale o politica, fa lo stesso…
L’impressione è che Fox, nonostante tutte le sacrosante battaglie contro la chiesa faraonica, sia rimasto però impigliato nelle sue millenarie pratiche retoriche. L'impianto narrativo di In principio era la gioia è troppo simile alla tradizionale, e antiquata, apologetica cattolica che, mettendo insieme e frullando citazioni dalla Bibbia, dai padri della Chiesa, dai santi e dai papi, pontificava su qualsiasi argomento. L'espediente di far rimbalzare il lettore dalla citazione di uno psicanalista a una del profeta Isaia, da una femminista dei giorni nostri a Francesco d'Assisi attraverso Gandhi, Pablo Casals e Tommaso d'Aquino, rende bene l'idea di bricolage che sottostà alla scrittura di Fox e che ne costituisce la cifra argomentativa.
Per sfuggire alla rigida geometria della teologia «maschia», Fox sembra credere un po' troppo all'evocazione indifferenziata e barocca delle belle parole di questo e di quella, come un qualsiasi predicatore seicentesco...
Un libro non a tinta unita, esuberante e rigoglioso, da leggere e da discutere, non da adorare.
La data giusta della sua nascita è il 397 d.C. quando Agostino d'Ippona scrive un libro dal titolo De diversis quaestionibus ad Simplicianum in cui inizia a definire quella che sarà nei secoli a venire la fortunata teoria del peccato originale che, come è noto, si intreccerà profondamente con il pensiero occidentale. I temi della caduta, della colpa, del male, della salvezza e della redenzione, della libertà individuale, del male di vivere hanno tutti un appoggio sul serpente, la mela e, soprattutto, sulla perfida Eva, bilanciata dalla perfetta Maria, immacolata, cioè senza peccato originale.
«Teoria della vera civilizzazione. Non è nel gas, né nel vapore, né nei tavolini spiritici, ma nella diminuzione delle tracce del peccato originale» scriveva Charles Baudelaire, non un teologo di seconda fila. A suo tempo, invece, Kant ne aveva già visto le palesi contraddizioni.
Peccato originale o benedizione originale? A questa domanda risponde senza peli sulla lingua Matthew Fox, … un ex domenicano statunitense, ora episcopaliano, anzi «prete post-denominazioni» come ama definirsi, che nel 1983 ha scritto un corposo best seller di quattrocento pagine intitolato Benedizione Originale, ora tradotto in italiano come In principio era la gioia, alla sua terza ristampa (introduzione di Vito Mancuso, traduzione di Gianluigi Gugliermetto, Fazi 2011, pp. 428, euro 19,50). Il domenicano ha dovuto confrontarsi nel 1988 con la Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta dal Prefetto Cardinal Joseph Ratzinger, soprattutto per le attività e le teorie elaborate dall'Istituto di Spiritualità della Creazione, fondato da Fox. Nel 1993 viene espulso dall'ordine.
Fox nel libro rovescia il paradigma: «La religione in Occidente deve abbandonare il modello esclusivistico di caduta e redenzione..., modello dualistico e patriarcale, la cui teologia inizia col peccato e con il peccato originale, e finisce di solito con la redenzione...e non insegna nulla riguardo alla Nuova Creazione o alla creatività, riguardo alla costruzione della giustizia e alla trasformazione sociale, o riguardo all'eros, al piacere e al Dio della gioia. Non riesce a insegnare l'amore per la Terra o la cura per l'universo, ed è così spaventata dalla passione che non riesce ad ascoltare il grido addolorato degli anawim, dei piccoli della storia umana». Questo in sostanza l'interessante programma del volume, peraltro abilmente sintetizzato in un'appendice di quattro pagine in cui i due paradigmi vengono contrapposti su una tabella a due colonne.
Fox riesce bene, anche se in modo rapsodico, a mettere in luce l'importanza che la dottrina del peccato originale ha avuto nella costituzione della coscienza occidentale: un essere umano segnato dal peccato e dalla vergogna e perciò incapace di decidere cosa sia meglio per lui e per gli altri, sempre in attesa di una autorità che glielo dica e che pratichi il bene al suo posto e, magari, contro di lui. Un'autorità sacerdotale o politica, fa lo stesso…
L’impressione è che Fox, nonostante tutte le sacrosante battaglie contro la chiesa faraonica, sia rimasto però impigliato nelle sue millenarie pratiche retoriche. L'impianto narrativo di In principio era la gioia è troppo simile alla tradizionale, e antiquata, apologetica cattolica che, mettendo insieme e frullando citazioni dalla Bibbia, dai padri della Chiesa, dai santi e dai papi, pontificava su qualsiasi argomento. L'espediente di far rimbalzare il lettore dalla citazione di uno psicanalista a una del profeta Isaia, da una femminista dei giorni nostri a Francesco d'Assisi attraverso Gandhi, Pablo Casals e Tommaso d'Aquino, rende bene l'idea di bricolage che sottostà alla scrittura di Fox e che ne costituisce la cifra argomentativa.
Per sfuggire alla rigida geometria della teologia «maschia», Fox sembra credere un po' troppo all'evocazione indifferenziata e barocca delle belle parole di questo e di quella, come un qualsiasi predicatore seicentesco...
Un libro non a tinta unita, esuberante e rigoglioso, da leggere e da discutere, non da adorare.
“il manifesto”, 29 luglio 2011
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