Nella bella biografia di Luciano Bianciardi scritta da Pino Corrias, alcune pagine sono dedicate a Ormanno Foraboschi, un aristocratico intellettuale molto amico dello scrittore grossetano, che per campare la vita fece soprattutto il pubblicitario e non lasciò, a quanto pare, quasi nulla di pubblicato, affidando all’oralità il suo estro creativo e alla memoria dei contemporanei la testimonianza. Una delle memorie raccolte da Corrias è di Gian Paolo Cesarani. Riguarda, indirettamente, Franco Fortini, anche lui fra gl’intimi di Foraboschi al punto di tollerarne – contro l’indole in molte occasioni dimostrata – la pungente persa in giro. (S.L.L.)
Franco Fortini |
C'era un tavolo ovale al ristorante Pontevecchio, che tutti chiamavamo il tavolo Foraboschi: lui si sedeva ed era capace di tenere appese al filo della sua conversazione anche venti persone. Raccontava storie, una per esempio, bellissima, su Vittorini e Fortini che camminavano a lato di un corteo operaio, fine anni cinquanta, con la polizia schierata che a un certo punto carica, scoppiano gli incidenti, c’è il fuggi fuggi e un poliziotto, in corsa, piomba su Fortini, lo afferra, lo trascina via e Vittorini, alto, grosso, con la voce in falsetto che grida: 'Lo lasci! Lo lasci!' fino a che interviene un commissario in borghese e Vittorini gli grida: 'Lo fermi, questo è il professor Fortini! Io sono Vittorini!'. Sentiti i due cognomi, il commissario fa un salto indietro, ordina l'immediato rilascio di Fortini e si inchina, si scusa, dice: 'Perdonate professor Fortini, davvero, che errore! Ma questi guaglioni l'avevano scambiata per un comunista!'.
Lui, su questa storia, ci rideva sino alle lacrime, ma bisognava sentirla raccontare da lui, con la mimica, le facce…
Da Pino Corrias, Vita agra di un anarchico. Luciano Bianciardi a Milano, Feltrinelli, 2011
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