8.10.12

Elezioni siciliane. Manifesti (S.L.L.)

Fontana di Agrigento, un medico politicante da sempre tra la gente
Un amico e compagno, eccellente cultore di classicità e sicilitudine, ha rinominato Mentula ridens, nel nostro idioma originario “ciolla ch’arridi”, gli strani animali le cui foto in questi giorni imbrattano i muri di paesi e città della nostra resistente isola e si è augurato, il 28 prossimo, uno sterminio di questa specie dannosa.
Allude, ovviamente, alla genìa dei candidati, dei Cetto La Qualunque che, secondo gli esperti del voto nella Seconda Repubblica, a loro dire senza classi e senza ideologie, trascinano verso una parte o verso l’altra il voto di parenti, amici, clienti e compaesani.
Non posso che condividere il suo augurio, anche se noto in giro una qualche incertezza. Qui la crisi sembra mordere meno che altrove, per la lunga abitudine delle popolazioni al bisogno e all’arbitrio di chi comanda; temo, pertanto, che i più non se la sentano ancora di mandare all’inferno quelli che considerano i loro protettori attuali o potenziali: sanno che oramai i politicanti possono poco, quasi niente, ma continuano a pensare che “il santo in paradiso” è meglio avercelo che non avercelo. In ogni caso su questa ideologia familistica e clientelare (assai potente in tutta Italia, ma ancor più nel Sud, dove sono state criminalmente distrutte tutte le possibilità di onorato lavoro produttivo) sembrano contare le bestie perniciose che il mio amico vorrebbe tolte di circolazione. Ne ho avuto qualche conferma nel considerare i manifesti elettorali (ancora pochi per fortuna) già affissi nel natìo borgo selvaggio.
Qualche residuo di berlusconismo c’è ancora, il tentativo cioè di una suggestione pubblicitaria di tipo mediatico. C’è, per esempio, la gradevole fotografia di una candidata dagli occhi verdi, di una lista pro-Musumeci, che annuncia “Se vorrete ci sarò”. E c’è un altro dello stesso giro, dal cognome esplosivo, che vorrebbe essere “guardato negli occhi”, per la verità un po’ spenti.
I più propongono al potenziale elettore una vicinanza protettiva basata sulle parole-chiave della cultura di destra: la “gente”, per esempio, che già nell’etimo ricorda i geni, i genitori e i genitali.  Una candidata pro-Miccichè per esempio espone l’emblema di un partito che vorrebbe essere “della gente, con la gente e per la gente” e propone di fare “piazza pulita” insieme ad essa.
Un vecchio marpione del politicantismo, già presidente della Provincia per due legislature (non senza strascichi giudiziari), oggi deputato a Montecitorio per il popolo di Berlusconi e sostenitore di Musumeci, dice di stare “da sempre tra la gente”. Qualcuno completa: “Da sempre tra la gente di m.”.
Un candidato della lista per Crocetta presidente usa lo slogan “Con Crocetta per il Territorio” (proprio così, con la maiuscola), un po’ come la Lega, che secondo il detto di Maroni “sta sul territorio, conosce il territorio, comunica con il territorio” e  blatera di “sacro territorio”. Alla bestia ridente non viene in mente che nel territorio in questione (anzi nel “Territorio”) ci sono, tra tante persone perbene, anche mafiosi, speculatori e strozzini, parassiti e beneficiari della mala politica.
Si dice che sia di moda il populismo, ma dopo Berlusconi, nessuno tra i candidati, neppure a sinistra, si azzarda usare il termine “popolo”, meno connotato a destra nel suo etimo (“i più”, la “maggioranza”) di quanto non sia “gente” o “territorio” e nel Sud caro al movimento operaio e contadino (il “popolo lavoratore” di Giuseppe Di Vittorio). Di lavoratori, lotta di classe, antimafia non c’è traccia neanche nel fotoposter del candidato locale della sinistra  (cui la risata non è venuta bene). Nel simbolo c’è il triciclo dei partitini e la scritta “Fava presidente”, ma si legge che la candidata presidente vera è Marano; dell’uomo del ritratto si dice: “Uno di voi a portata di mano”. Vagamente clientelare.

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