Il brano che segue è tratto da un articolo di Manlio Cancogni dedicato ai neofascisti ferraresi, comparso su "L'Europeo" settimanale n.15 del 1950 e più di recente (gennaio 2006) ripubblicato su "L'Europeo" bimestrale. (S.L.L.)
Non c'è da fare affidamento sulla sensibilità politica degli agrari ferraresi i cui patrimoni sono in gran parte di recente acquisto e dovuti alla rovina economica delle famiglie più illustri. Soprattutto il gioco ha prodotto questo trapasso di beni così pernicioso all'equilibrio sociale.
I ferraresi sono tutti accaniti giocatori. Nei paesi della "bassa" la vita è monotona, priva di attrattive e il gioco è la grande risorsa di chi non si vuole annoiare. Ogni paese ha il suo circolo che rimane aperto tutte le notti fino alle prime ore del mattino. Fuori c'è il nebbione spesso della pianura vicino al fiume e, dentro, nelle stanze illuminate, seduti ai tavoli, i signori puntano su una carta la loro fortuna. Niente poker o bridge. I ferraresi giocano solo alla "bassetta", il gioco delle tre carte ove tutto è dovuto al caso. La prima carta è nulla, la seconda è del banco, la terza è del giocatore.
Sul tavolo ci sono le dieci carte sulle quali puntare. La prima carta del mazzo non conta; la seconda, supponiamo una donna è del banco; la terza, magari un fante, è del giocatore e il banco paga le puntate sul fante. Una mano basta a distruggere mezzo patrimonio...
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