Antonio Tabucchi (a destra) con Ivan Della Mea |
E’ uscito Una giornata con Tabucchi, per Cavallo di ferro Editori. Così la nota di copertina: “In omaggio allo scrittore che consideravano un maestro, Dacia Maraini, Paolo Di Paolo, Romana Petri e Ugo Riccarelli raccontano Antonio Tabucchi e il legame che con lui avevano attraverso racconti inediti, lettere, testimonianze, conversazioni. Con affetto e un po’ di nostalgia, i suoi amici aprono per noi le porte su un Tabucchi intimo e sconosciuto...”.
Secondo Marisa Cecchetti che lo ha schedato per “alleo.it” il libro è saudade nella sua manifestazione più forte, dalla prima all’ultima pagina, ove saudade e il tipico sentimento che molto imperfettamente si traduce in Italiano con nostalgia, rimpianto o struggimento. Proprio Tabucchi lo ha definito “una categoria dello spirito”, aggiungendo che per averne l’idea “bisogna guardare l’Oceano con una piccola fitta allo stomaco, sentire la puntura di spillo di un’antica mancanza”.
Il commiato di Dacia Maraini a Tabucchi, rimanda alla stanchezza delle stelle, “una stanchezza tutta umana che lui conosceva bene: la stanchezza di esistere in un mondo avido, stupido e volgare”. Di Paolo ne sottolinea l’ansia d’ignoto che lo faceva scrivere e viaggiare, con la sensazione addosso di un tempo che scappa via veloce, con il bisogno di dialogare anche con le ombre, con la certezzache “per morire ci vorrebbe una domenica di marzo!” Eppure sempre con il gusto toscano dell’ironia, della dissacrazione. Romana Petri fu ospite nella casa di Tabucchi a Vecchiano, dove lui chiamava gli amici a qualsiasi ora, di giorno e di notte, e allora erano ore di letture, di racconti di viaggio, di citazioni cercate con entusiasmo, di sigarette fumate e di buona cucina toscana. Con l’emozione di chi “è stato a bottega da lui”, Riccarelli si fa estensore di una storia che gli è stata raccontata da Tabucchi, di ritorno da un tour finlandese.
Tutti sono concordi nel sottolineare la sua passione civile, la sua critica per “le fognature italiche”, la sua capacità “di raccontare i noi stessi che non siamo più” e il suo stupore davanti alla vita.
Il libro contiene anche un’intervista di Carlos Gumpert a Tabucchi, il quale indagando il rapporto dello scrittore con il postmodernismo, ne definisce pienamente la dimensione esistenziale: “uno scrittore postmoderno – spiega Tabucchi - non si domanda mai come può interpretare il mondo del quale fa parte, bensì si chiede in che tipo di mondo vive e cosa egli faccia in quel mondo”. non sa esattamente quale possa essere”.
(Le notizie contenute in questo post sono riprese, a volte parola per parola dalla citata relazione di Marisa Cecchetti)
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