22.3.18

Femminicidi classici. La disuguaglianza giuridica della donna nell'antica Roma (Aulo Gellio)

Catone il Censore

Verba Marci Catonis adscripsi ex oratione, quae inscribitur de dote, in qua id quoque scriptum est in adulterio uxores deprehensas ius fuisse maritis necare: "Vir" inquit "cum divortium fecit, mulieri iudex pro censore est, imperium, quod videtur, habet, si quid perverse taetreque factum est a muliere; multatur, si vinum bibit; si cum alieno viro probri quid fecit, condemnatur”.
De iure autem occidendi ita scriptum: "In adulterio uxorem tuam si prehendisses, sine iudicio inpune necares; illa te, si adulterares sive tu adulterarere, digito non auderet contingere, neque ius est".

Riporto le parole di Marco Catone, dall'orazione che si intitola Sulla dote, nella quale si trova anche il concetto che era diritto dei mariti ammazzare le moglie sorprese in flagrante adulterio: “Una volta che ha divorziato il marito è giudice per la moglie, con gli stessi poteri di un censore, e decide a suo piacimento se dalla donna è stato messo in atto alcunché di scorretto e vergognoso; se beve vino, viene punita; se ha commesso scandalo con un estraneo, viene condannata”. Quanto al diritto di ucciderla così sta scritto: “Se avessi colto tua moglie in adulterio, potresti ammazzarla impunemente senza processo; lei, se fossi tu a commettere adulterio attivo o passivo, non potrebbe neanche toccarti con un dito; non è consentito dalla legge”.

Noctes Atticae, Libro X, XXIII, 4-5 – Traduzione S.L.L.

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