Il Grecale consuma la sua
rabbia; rinchiudendolo
nella spelonca ferrea,
s’alza l’esuberante Mezzogiorno
a riscaldare l’aria, e
per i cieli vuoti
soffia le maestose nubi
gonfie di piogge primaverili.
Dapprima paiono levare un
anello fosco,
che stinge l’etere; ma
in rapidi passaggi,
cumulo su cumulo, lesto
il vapore percorre
il cielo greve e va a
stemperarsi
lungo il tenebroso
orizzonte:
non come rigida tempesta
che s’abbatte sui rifugi umani,
soverchiando la vita; ma
soave, dolce e gentile,
colmo di ogni speranza e
d’ogni gioia,
l’anelito della natura.
Scema lentamente la brezza
nella quiete perfetta;
non un sospiro
anima i boschi
rigogliosi, non un alito
invita a stormire le
lucide foglie
degli alti pioppi. I rivi
placati, disciolti
in pozze cristalline,
paiono dimentichi,
per fallo illusorio, del
loro corso. Tutto è silenzio,
e deliziosa attesa.
In I capolavori della
poesia romantica, a cura di
Guido Davico Bonino, Oscar Mondadori, 1986
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