Dopo la morte di Filippo
Turati (marzo 1832) Carlo Rosselli pubblicò sul n.3 di “Giustizia
e Libertà” (giugno 1932) un saggio dal titolo Filippo Turati e
il socialismo italiano, da cui è
tratto il brano che segue. (S.L.L.)
Filippo Turati |
Dopo le critiche, un po’
di autocritica.
La nuova generazione
intellettuale, la nostra generazione, volle l’intervento
dell’Italia in guerra o vi aderì fiduciosa; lo volle per una serie
di motivi che non è possibile qui riassumere, nella convinzione
profonda che si servisse in tal modo la causa della libertà e della
pace e magari la causa della rivoluzione.
La generazione di Turati
si oppose.
Per quanto sia ozioso
disputare sul passato, per sapere come le cose sarebbero andate se si
fosse seguito un diverso avviso, si può, si deve ben riconoscere che
non noi eravamo nel giusto, non noi interpretavamo la volontà delle
masse, ma piuttosto Turati. Il quale vide, previde, e misurò presto
l'abisso nel quale stavamo precipitandoci. Non a torto da parecchi
scrittori - il Salvatorelli in specie - si è insistito sul rapporto
psicologico e storico tra le “radiose giornate" del maggio
1915, e il fascismo; vi era più freschezza, più ingenuità, più
reale volontà di sacrificio nei giovani che correvano le strade
gridando "guerra” e devastando negozi ed appartamenti
tedeschi, che nei reduci che nel 1922 daranno l’assalto allo Stato,
stipendiati dalla reazione. Ma nell'un caso come nell’altro
complicità di governi, montatura di stampa, violazione della
maggioranza legale.
Perché la nuova
generazione non seguì Turati? Altro problema. Non lo seguì, perché
egli parlava un linguaggio che non poteva capire, un linguaggio che
lo faceva apparire fuori del suo tempo. Pareva che la sua
opposizione, anziché derivare da un granitico convincimento, da una
fede profonda, derivasse da uno scetticismo fondamentale,
pregiudiziale, da un calcolo troppo materiale, meschino e attuale
degli interessi generali e di classe. L'agnosticismo, come il
neutralismo, non ha mai conquistato nessuno; e il pacifismo in tanto
può sollevare entusiasmi in opposizione a una guerra esistente in
quanto si trasformi in una guerra alla guerra, in guerra civile.
Citato in Mario Isnenghi
Ritorni di fiamma, Feltrinelli
2014
1 commento:
E' un brano ben scelto. Un brano di grande attualità sul quale, oggi, le generazioni che rischiano di essere definitivamente travolte dovrebbeo riflettere.
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