27.3.18

Quel giorno, c'era anche lui (Camilla Cederna)


Fine agosto 1939. Gli appassionati di cinema sono a Venezia per la Mostra. Si premia, com'era previsto, un brutto film tedesco e nelle sale di proiezione si distribuiscono dei giovanotti incaricati di attenuare gli applausi al francese Derrière la façade con Jules Berry. Alla mostra è presente Goebbels, e intanto Ciano e Ribbentrop s'incontrano a Berlino e "per misura precauzionale" vengono richiamate le classi del 1909 e 1910. Finché il 22 agosto, sulla più elegante spiaggia d'Italia arriva la notizia della firma del patto di non aggressione fra Russia e Germania. È la sera che a Venezia si presenta Le jour se lève con Jean Gabin, che in Italia è Alba tragica, e i giornali del giorno dopo sembrano in lutto, tanto sono neri e vistosi i titoli a base di armi, atmosfera arroventata, abisso, tragico nodo. "L'ora è grave" dicono. "Ore di angoscia a Londra", "Atmosfera d'orgasmo a Varsavia", "Pronti gli eserciti alle frontiere". A un pranzo in casa Volpi, la sera del 25 si parla soltanto di guerra. Le donne più ingioiellate si chiedono quando scoppierà, "come se avessero chiesto l'ora di partenza del motoscafo", dirà poi uno degli invitati.
A Venezia dunque gli applausi di cinema e di mondanità. Invece quanti amano la musica in questo stesso periodo si trovano all'estero. I melomani fascisti sono a Salisburgo dove il governo tedesco ha promosso il festival ufficiale, epurato dagli ebrei e dagli indesiderabili. Gli antifascisti invece sono a Lucerna, dove, arrivato dall'America, Arturo Toscanini dirige al Kunsthaus. (Era stato lui, nel 37, a creare il festival di Lucerna, in opposizione a Salisburgo nazista). A Lucerna il programma è eccezionale; direttori Toscanini e Bruno Walter, solisti di piano Wladimir Horowitz e Miecio Horzowsky, solista di violino Bronislaw Huberman, primo violino Adolfo Bush. Con mia sorella Luisa vado anch'io a Lucerna nella seconda quindicina d'agosto: abbiamo il permesso di assistere alla prova della Settima di Beethoven, ed è qui che Toscanini canta l'inizio dell'"Allegretto" (quel tempo di danza che è una specie di marcia funebre) per far sentire agli orchestrali come lo vuole lui, e nell'ombra della platea, a sentire quella voce ancora giovane e ardente, tutti gli spettatori si commuovono perché si rendono conto che è un addio. Sedute accanto a Luisa Rainer ("La buona terra", occhi splendenti, frangetta nera), sentiamo anche il II Concerto di Brahms, diretto dal maestro, suonato divinamente dal genero Horowitz.
È il 29 agosto 1939, tre giorni prima dell'invasione della Polonia. Presenti sulle ginocchia delle governanti inglesi (che stanno per lasciare l'Italia anche loro) le nipotine di Toscanini in velluto blu e collettino di pizzo, Emanuela, figlia di Wally e Sonia figlia di Horowitz e Wanda Toscanini. Anche alla fine del concerto la commozione è profonda. Piangono i fedeli amici milanesi che sono riusciti a salutare questi grandi prima che si chiudano le frontiere; accanto a Stephan Zweig piangono, sotto le antiche violette del suo cappello, la figlia adottiva di Wagner, Daniela Tode e la bravissima germanista e traduttrice Lavinia Mazzucchetti. Si nasconde il viso tra le mani Renato Levi, quell'uomo garbato e coltissimo di musica che vendeva dischi ai milanesi in via Verdi e che morirà cinque anni dopo in un campo di sterminio tedesco. Piangono gli italiani e gli svizzeri che sono arrivati a Lucerna dopo aver attraversato l'Austria, e a cui gli amici ebrei di Vienna non ancora emigrati hanno appena consegnato i loro orologi d'oro. È commosso fino alle lacrime anche il pianista polacco Miecio Horzowsky, che, quasi per convincersene, va ripetendo a tutti: "La guerra ci sarà, ma saremo noi a vincerla!".
Toscanini e Horowitz avranno il permesso di passare per la Francia per imbarcarsi a Bordeaux, e i milanesi tornano a casa il 30 agosto col primo treno oscurato, dopo aver visto agitarsi dei soldati svizzeri (mobilitazione delle truppe di frontiera). E sui giornali di Milano che già si esprimono in linguaggio di guerra, all' indomani essi leggeranno anche una nota sui concerti di Lucerna. "Basta coi divi!" scrive un noto critico musicale. "Per non smentirsi, Toscanini ha voluto dirigere ancora una volta vestito da rabbino" (allusione alla sua giacca di alpagas senza colletto che indossa alle prove); e poi, per tranquillizzare gli amanti della musica sinfonica e del melodramma: "Finalmente quest'anno alla Scala brilleranno i cerulei occhi del direttore maestro Trentinaglia". (Quando cadrà Cracovia, verrà ordinato alla radio italiana di non trasmettere più musiche di Chopin, e quando in Varsavia distrutta entrano le truppe naziste, l'accademico Giulio Bertoni propone la parola "overtura" al posto del francese "ouverture").
Fino a questa domenica 17 novembre ' 85, Horowitz non ha mai suonato a Milano, ma ho il ricordo struggente di quando, morta tragicamente sua figlia a Ginevra, e impossibilitato a lasciare l'America, egli mandò come estremo ricordo-omaggio a Sonia un nastro con la "Traumerei" di Schumann, e al momento della sepoltura a Milano, venne fatta ascoltare questa straordinaria incisione, uno dei pezzi delle Scene infantili più adatti a ricordare i sogni e le speranze di quell' età gioiosa.

“la Repubblica”,17 novembre 1985

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