La sede del Liceo classico "Ennio Quirino Visconti", a Roma |
La prosa con cui alcune
scuole del Paese, spesso i licei più prestigiosi e selettivi, si
sono offerte alle famiglie per attrarre l’iscrizione dei loro figli
è da censura. Nell’ansia di far apparire un istituto privo di
problemi, pronto a fornire la migliore didattica senza impacci con
gli adolescenti stranieri o i ragazzi bisognosi di sostegno, i
dirigenti scolastici hanno licenziato rapporti di autovalutazione
classisti. È tutto visibile sul sito del ministero dell’Istruzione,
“Scuola in chiaro”. Oltre ai numeri degli studenti presenti e
alle informazioni sui percorsi di studio, ogni scuola ha offerto una
valutazione di sé. Basata su parametri offerti dal ministero, ma
restituita con una propria anima.
L’Ennio Quirino
Visconti così si è raccontato: «L’essere il liceo classico più
antico di Roma conferisce alla scuola fama e prestigio consolidati,
molti personaggi illustri sono stati alunni» . L’illustrazione
orgogliosa si addentra nei primi dettagli di censo: «Le famiglie che
scelgono il liceo sono di estrazione medio-alto borghese, per lo più
residenti in centro, ma anche provenienti da quartieri diversi,
richiamati dalla fama del liceo». Fin qui, un dato di fatto. «Tutti,
tranne un paio, gli studenti sono di nazionalità italiana e nessuno
è diversamente abile». La percentuale di alunni svantaggiati «per
condizione familiare è pressoché inesistente» , mentre «si
riscontra un leggero incremento dei casi di Dsa». Sono i Disturbi
specifici di apprendimento. Il finale è una conclusione che spiazza:
«Tutto ciò», e si intende la quasi assenza di stranieri e la
totale assenza di poveri, «favorisce il processo di apprendimento»
. Il buon apprendimento dei figli della buona borghesia di Roma
Centro.
Al Visconti, «dove la
maggior parte delle risorse economiche proviene dai privati, in
primis le famiglie», dove la presidente della Camera Laura Boldrini
ha tenuto lezioni sulle fake news, la “quota studenti con
cittadinanza non italiana” è pari allo 0,75 per cento del totale.
Lo dicono le tabelle. Solo che lo 0,75 per cento di 669 studenti non
fa «un paio», ma cinque. E la quota di iscritti con «famiglie
svantaggiate » è dello 0,8 per cento, un po’ più di «pressoché
inesistente». Ecco, se si esce dalla pagina vetrina, quella che
serve a far propaganda e richiamare iscrizioni, si scopre che i
numeri del Visconti su stranieri e poveri sono più alti.
Anche l’intro
dell’autovalutazione del liceo D’Oria di Genova, prestigioso e
tradizionale classico, offre una presentazione di sé che accarezza
l’idea per cui “poveri e disagiati costituiscono un problema
didattico”. Ecco cosa c’è scritto nel Rav: « Il contesto
socio-economico e culturale complessivamente di medio-alto livello e
l’assenza di gruppi di studenti con caratteristiche particolari dal
punto di vista della provenienza culturale ( come, ad esempio, nomadi
o studenti di zone particolarmente svantaggiate) costituiscono un
background favorevole alla collaborazione e al dialogo tra scuola e
famiglia, nonché all’analisi delle specifiche esigenze formative
nell’ottica di una didattica davvero personalizzata» . Senza altre
questioni da affrontare, sembra di capire, ci possiamo dedicare ai
limitati e ricchi studenti indigeni. Infatti: «Il contributo
economico delle famiglie sostiene adeguatamente l’ampliamento
dell’offerta formativa».
Il Parini di Milano,
altro classico storico, anche questo statale, illustra nella
presentazione: «Gli studenti del liceo classico in genere hanno, per
tradizione, una provenienza sociale più elevata rispetto alla media.
Questo è particolarmente avvertito nella nostra scuola. A partire da
tale situazione favorevole, la scuola ha il compito (obbligo) di
contribuire a elevare il livello culturale dei suoi allievi» . La
dirigente scolastica del Parini, non a caso, ammette «qualche
criticità nelle attività di inclusione».
È un classico
parificato, però, ad utilizzare il linguaggio più esplicito sul
tema. Il Giuliana Falconieri, Roma Parioli. Così la sua
autovalutazione: «Gli studenti del nostro istituto appartengono
prevalentemente alla medio-alta borghesia romana. La spiccata
omogeneità socio-economica e territoriale dell’utenza facilita
l’interazione sociale». Ci si parla solo tra pari grado, e poi:
«Non sono presenti né studenti nomadi né provenienti da zone
particolarmente svantaggiate» . In questa scuola, tuttavia, c’è
una questione particolare: «Negli anni sono stati iscritti figli di
portieri e/o custodi di edifici del quartiere. Data la prevalenza
quasi esclusiva di studenti provenienti da famiglie benestanti, la
presenza seppur minima di alunni provenienti da famiglie di portieri
o di custodi comporta difficoltà di convivenza dati gli stili di
vita molto diversi».
Clara Rech, preside del
Visconti di Roma, autrice di una delle autovalutazioni da censura,
dice: «Il numero di battute a disposizione era limitato e pago un
eccesso di sintesi. Rettificherò quel passaggio. Sono stata onesta
nel rappresentare un dato oggettivo: al Visconti ci sono pochi
studenti stranieri e non abbiamo disabili. Volevo dire che la
didattica ordinaria, così, è più semplice: recuperare l’italiano
di uno straniero chiede risorse e tempo. Credo che tutti gli
studenti, ricchi e poveri, debbano crescere insieme e credo nella
multiculturalità ».
"la Repubblica", 8
febbraio 2018
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