Pare che a Catania qualcosa sia rimasto della cultura dei chioschetti, quasi trent'anni dopo quest'articolo, ed anche a Palermo e in altre località siciliane. Mi auguro che non si tratti solo di facciata, perché mi è già accaduto di verificare in locali che vantavano antiche ed intatte tradizioni, un abbandono della artigianalità, un deteriore piegarsi alle mode. (S.L.L.)
Una volta parlare di
venditori d'acqua pareva quasi un’assurdità, oppure rievocava
mitiche immagini di paesi africani assolati e riarsi. Oggi invece è
diventato un grande «business», le vendite delle acque minerali
hanno raggiunto quelle del vino e qualche magnate del settore è
diventato ricco a tal punto da poter sponsorizzare con munificenza
anche i raduni di Comunione e Liberazione. Ma le radici antiche
resistono e alcune attività ad esse legate rifiutano di sparire. In
Sicilia ed in particolare a Catania è ancora molto viva la
tradizione dei chioschetti che, nelle principali piazze, offrono
bibite al passanti. Non si tratta dei normali rivenditori a caro
prezzo di lattine e di bottigliette industriali che infestano tutta
l'Italia, ma degli eredi della tradizione dei venditori d'acqua
arabi, artigiani che servono sapienti misture di succhi e sciroppi ad
un pubblico eterogeneo ed assetato.
Un tempo i chioschi erano
frequentati da un pubblico esclusivamente maschile, ora i tempi sono
cambiati anche in Sicilia, e dal mattino alla sera una folla
eterogenea si assiepa attorno alle vecchie strutture in stile
«liberty».
A Catania il patriarca di
questa attività è senza dubbio Umberto Costa, un bianco signore
che, pur avendo lasciato ormai ai figli la frenetica gestione del
chiosco in piazza Spinto Santo, non riesce ad allontanarsi più di
qualche metro, continuando a seguire quella che per generazioni è
stata l'attività della sua famiglia.
Il suo compito principale
è ormai la scelta delle essenze e degli sciroppi, girando per
l'Italia seleziona da ogni produttore il meglio.
Dai suoi ricordi
scaturiscono immagini remote: i carri che arrivavano in città con le
botti di acqua gassata naturale di Paternò, il podestà fascista che
nel '29, ritenuti i chioschi luoghi sospetti, forse perché la gente
bevendo aveva modo anche di discutere, li spostava dalla piazza
principale di Catania. La storia continua con il racconto dei diversi
metodi di imbottigliamento - la comparsa delle prime mitiche
bottigliette di gazzosa con la chiusura «a pallina», un ricordo
quasi proustiano per qualche anziano lettore, in seguito arrivarono i
turaccioli di sughero ed infine la rivoluzione dei tappi a corona.
Nel laboratorio annesso
al chiosco, una via di mezzo fra una cucina e un laboratorio chimico,
i profumi delle essenze e degli agrumi freschi si mescolano in
maniera inestricabile; insieme alle misteriose bottiglie degli
sciroppi, troneggiano due lunghi cilindri d'acciaio ed allo stupito
visitatore, convinto che l’acqua gassata la producano solo i
«Grandi» delle minerali, vengono spiegati i segreti della
fabbricazione del selz. Attorno al chiosco, aperto dalle 9 alle 24, è
un continuo via vai di persone di tutte le età e di tutte le
categorie, si fermano un attimo per ristorarsi dalla calura e subito
riprendono il loro cammino.
Le specialità della
casa, oltre al tradizionale selz al limone o al mandarino, sono il
completo orzata, limone e qualche goccia d'anice, il «limone al
limone», selz con spremuta di limone e sciroppo di limone, lo
«Champagnino», bibita a base di uva passa.
Infine per lutti coloro
che, pur di togliersi veramente la sete, sono disponibili a provare
qualche gusto un po’ insolito, possiamo consigliare l'antenato
ruspante delle bevande del tipo «kìathorade»: un bel bicchiere di
acqua al selz con limone e sale.
“L'arcigoloso –
l'Unità”, 28 agosto 1989
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