Le
nocciole nell'antichità ebbero un vasto impiego nel campo dolciario.
Nel manuale attribuito ad Apicio vengono usate per un dolce a base di
miele, vino puro, passito e ruta con pinoli, noci, spelta lessata,
nocciole tostate e sminuzzate. Venivano chiamate anticamente
pontiche, secondo Plinio perché provenienti dal Ponto o avellane
forse perché la zona di migliore produzione in Italia era allora
quella di Avella cittadina della Campania. All'esame della medicina
antica, ripresa ancora in epoca rinascimentale, le nocciole facevano
male allo stomaco, ma se pestate e bevute nell’acqua mielata
guarivano la tosse vecchia, arrostite e mangiate con un poco di pepe
maturavano i catarri, bruscate assieme ai gusci e tritate in polvere
con grascia ovvero grasso d'orso facevano rinascere i capelli, eterno
problema dell’uomo vanitoso. Dicevano alcuni che la cenere dei
gusci applicata nella fronte dei fanciulli mischiata con olio avrebbe
trasformato i loro occhi bigi in neri. Cosa avevano mai di colpevole
gli occhi bigi? Forse perché assimilabili a quelli dei gatti spesso
personificazione del maligno.
La
nocciola assume sempre più importanza con la diffusione dello
zucchero. Bartolomeo Platina nella seconda metà del Quattrocento ci
ricorda che le nocciole, così come le mandorle, i pinoli, la
cannella, i semi di coriandolo, messe a bagno nell'acqua pulita e poi
immerse nello zucchero sciolto diventano confetti. E sono quei
confetti che chiuderanno i grandi pranzi di corte sino a quando lo
sviluppo della confettureria non darà alle nocciole un più ampio
sviluppo. Fra i tanti impieghi delle nocciole l'anonimo autore
settecentesco delle «Confetturiere Piemontesi», suggerisce quello
per una fresca bevanda estiva: l'orzata.
«Pestate ben fine tre once di nocciole già mondate con l'acqua
calda e assieme tre once dei semi freddi, e di tanto in tanto
bagnatele con alquanto d’acqua, acciò non si convertano in olio; e
quando saranno ben peste stemperatele in un catino con una pinta
d'acqua; poi passatele più volte per una tovaglia bagnata e quando
saranno ben passate mettetevi tre once di zucchero col succo di mezzo
cedro che mescolerete bene col detto succo delle nocciole e quando lo
zucchero sarà liquefatto, passate ancora una volta l'orzata nella
tovaglia, poi mettetela a rinfrescare».
Il
repertorio di dolci a base di nocciole diventa sempre più vasto.
L'industria ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia. Con pane e
«nutella» si scavalcano i picchi più alti delle montagne, si
portano a compimento le imprese più ardue. La nocciola trasformata
in crema equivale agli spinaci di Braccio di Ferro. Ma tornando alle
ragioni dei gusto cosa sarebbero i baci di dama al cioccolato e certi
«brutti ma buoni» proposti come dessert anche dalla grande
ristorazione del nostro tempo, senza il contributo delle nocciole? E
c'è infine in estate ma anche in ogni stagione dell’anno l'uso
della nocciola triturata nel gelato di crema gianduia. Il nome
Gianduia ci riporta nelle Langhe dove è celebre una torta popolare
che qui ha un sapore più alto e nobile che altrove per via della
nocciola «gentile». Un dolce questo che più dell'estate ama le
atmosfere, tuttavia non molto lontane, del malinconico autunno.
“L'arcigoloso
– l'Unità”, 28 agosto 1989
Nessun commento:
Posta un commento